Tempo

Nessuno, oggi, ha tempo. Per nulla. Lo so, il tono sembrerebbe quello nostalgico di quando i libri si componevano in piombo e le correzioni si facevano sulla carta, in matita e in penna («Non tener conto delle correzioni a matita» si scriveva sulle bozze). Invece no. Certo, non posso aver memoria di un periodo così lontano come quello del piombo, ma dell’epoca pre-Internet sì. Ed era l’epoca delle ricerche faticose («Ho a casa un libro in cui forse si parla di quella regola monastica…» «Prendi la Garzantina storica, lì ci dovrebbe essere.» «Ci vorrebbe la Treccani aggiornata…»), degli amici chiamati con domande improbabili, dell’approssimazione forzata, della «formazione scolastica che conta». Non si può rimpiangere un’epoca simile. Però con l’accelerazione tutto è dato per scontato, quindi niente è scontato. Proprio perché si può trovare tutto, nessuno cerca più nulla. L’approssimazione forzata («No, il nome della merlettaia di Carlo V non l’ho trovato da nessuna parte…») diventa approssimazione e basta. Diventa approssimazione accettata. Qualche giorno fa, un recensore strabiliava davanti al fatto che, in un romanzo americano, si parlasse di automobili in giro per Venezia. Anch’io strabilio, però meno di quanto mi sarei strabiliata in passato. Il libro è una macchina e i meccanici (a cominciare dal capo, l’autore) presumono che vada per la sua strada. Pazienza se si rompe, ce n’è un’altra pronta. D’altronde, il libro di maggior successo dei giorni nostri è stato oggetto di approfondite indagini (una la trovate qui) e trovato colpevole su molti fronti. Ha forse rallentato le vendite? Niente affatto. Anzi. E allora? Forse aveva ragione Oscar Wilde: «I can believe anything provided it is incredible».

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09 2007

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