Storie di altri tempi

Sapete cosa sono le pellicole (non quelle del cinema, eh?) E le cianografiche?
No?
Se avrete la pazienza di seguirmi (cit.) ve lo spiegherò subito.
Tanto tempo fa, su una galassia lontana lontana, la pellicola era la penultima tappa della vita redazionale del libro. Quando tutte le bozze erano state corrette e non c’era più nulla da fare (illusi!), per ogni pagina del libro veniva realizzata appunto la relativa «pellicola». Oggettino bastardo anzichenò. Le pellicole arrivavano in pacchettini artigianali, con scribacchiato sopra il nome (di solito sbagliato) del libro. Nel frattempo, però, ti eri accorto che c’erano almeno cinqua… ehm… alcune correzioni da apportare al libro. E allora ti si apriva un orizzonte di sfide.
a) valutazione dell’errore («Vale la pena correggere quest’obbrobrio?» Se la risposta era no, scrollavi le spalle, lanciavi una maledizione e voltavi le spalle all’orizzonte. Se la risposta era sì, lanciavi la stessa maledizione e passavi a…
b) valutazione della correzione dell’errore («Come posso correggere quest’obbrobrio senza fare ulteriori casini?»);
c) correzione (correzione vera e propria, invio per fax al fotocompositore, ritorno per fax della pagina corretta, scoperta che la correzione introduce un nuovo errore, ricorrezione… ad nauseam);
d) arrivo della nuova pellicola;
e) apertura del pacco che conteneva tutte le pellicole del libro, così da operare la sostituzione;
f) maledizioni varie perché le pellicole erano le cose più scivolose del mondo e tu stavi lavorando con le finestre aperte e un vento neppure contemplato nella scala di Beaufort
g) inserzione della pellicola nel posto giusto;
h) ri-chiusura del pacchetto.

Poi, finito il travagliato periodo-pellicola, cominciava il periodo-cianografica, l’ultima tappa della vita redazionale del libro. Dopo qualche tempo, infatti, provenienti dallo stampatore, piombavano sulla tua scrivania fogli azzurrini (da cui il nome), con un odore di ammoniaca che ti azzannava la gola e ti regalava mal di testa lancinanti: la “copia cianografica” del libro (per gli amici: ciano). L’ultima spiaggia, l’ultimo salvagente, l’ultima zattera.
E cosa succedeva?
Indovinato: un unico, maledetto, incredibile errore che bisognava assolutamente correggere.
E così si riprendeva il punto c) e d) dello schema precedente, solo che stavolta era necessario incollare la pellicola incriminata sopra la pagina da correggere e incrociare le dita nella speranza che quello fosse l’ultimo errore del libro (come no?).
Dopodiché, venivano apposti il mitico timbro «visto si stampi» (che esiste tuttora) e la altrettanto mitica firma di chi dava tale permesso.

Oggi basta un file PDF che va dal fotocompositore allo stampatore e il gioco è quasi fatto.
Oggi, di solito, le ciano sono semplici fogli A4… anzi sono la stampata del file PDF che hai mandato allo stampatore (se me lo dicevi, lo stampavo io, insomma).
Una sola cosa non cambia mai.
Indovinato: l’errore.

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09 2007

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