Transforming rats in translation

At the Words without Borders weblog Arnon Grunberg describes his experiences at Dutch Translation Workshops in Italy — highlighting yet more translation issues:
In Naples the students pointed out a sentence in my second novel Silent Extras. In this sentence I use the word “rat” three times.
My Italian translator translated the first “rat” with “rat,” the second “rat” with “mouse” and the third “rat” with “small mouse.”
The students explained that word repetition in the Italian language is problematic; according to some students it is something that cannot be done in the written language.
On the one hand, I respect the choices my Italian translator made. On the other hand, it is puzzling how a rat can become a small mouse in the space of one sentence.

Mah, forse non ha tutti i torti…
(via the Literary Salon)

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05 2008

10 Commenti Commenta ↓

  1. eio #
    1

    In italia esiste questa sottolingua chiamata italiano letterario, che ha delle regole ferree, non si scappa. Se un autore in una frase scrive la parola bus tre volte, la prima verrà resa come autobus, la seconda come corriera, la terza come torpedone.

    D’altronde lo diceva anche la Stein, che Una rosa, è un fiore, è una pianta.

    (o qualcosa del genere)

  2. claudia #
    2

    Certo che questo è un problema. L’italiano è una lingua bellissima ma molto complessa ed è facile appesantirla con ripetizioni o pronomi.
    L’inglese (lingua in cui leggo ogni volta che posso) è più snello: avete notato come si può permettere di usare con elegante disinvoltura
    he/she it, mentre l’italiano annegherebbe nella melma dei lui/lei (o peggio egli/ella/esso)?
    Tutto questo per dire che posso capire chi si trova a dover tradurre in italiano…

  3. 3

    Eh sì, è una lotta continua tra me e i redattori: io ripeto la parola tre volte, loro mi ci scrivono in rosso: “sinonimo!”. Sinonimo un tubo. Posso capire la saggistica, ma in narrativa mi tocca sempre star lì a spiegare che bla bla bla, le isotopie, bla bla bla, la parola poi si ripete identica tre pagine dopo e non è mica un caso, bla bla bla. A rat is a rat, is a rat. Chi era – Umberto Eco credo? – che si lamentava dei ratti portatori di peste in Camus, che diventavano innocui topolini in traduzione?

    E’ che in questo paese usciamo da scuola con una serie di regolette antiquate, tipo: non si usano le parole “fare” e “cosa”, non si inizia la frase col “ma”, eccetera. (Da qui l’epidemia dei “Tuttavia” a inizio frase, contro cui mi batto a mo’ di mulini a vento.) Ma gli scrittori tendono a fregarsene delle regolette, ed è lì il bello. Certi redattori hanno il vizio di normalizzare la lingua, in nome del comandamento supremo: l’italiano “scorrevole”. Anche laddove l’inglese è volutamente poco scorrevole. E’ vero che l’inglese è più snello, e per noi è un problema; ma a snellire un po’ l’italiano non ci vuol tanto.

    Thus endeth the rant. (Ah, prima che pensiate che io ce l’abbia con i redattori, sappiate che sono stata redattrice anch’io, e anche di libri tradotti da altri.)

  4. Zia Bisbetica #
    4

    Più che l’italiano letterario tout court (gli Autori fanno quello che vogliono, all’incirca), è l’italiano “concesso” ai traduttori a esser sottoposto a regole ferree, tra cui “L’inglese sopporta bene le ripetizioni mentre l’italiano non le regge” è una delle prime che vengono insegnate ai corsi di traduzione; e non inutilmente, giacché come si vede permette di trasformare un rattus norvegicus in un mus musculus senza neanche dover dire bibbidi bobbidi bù… poi si cresce, anche come traduttori, e si impara a destreggiarsi con le ripetizioni e a trovare soluzioni funzionanti anche senza stravolgere i patrimoni genetici di roditori innocenti.
    La questione dei pronomi francamente la capisco meno: ella ed egli non li scrive più nessuno (anche questo viene enunciato sottoforma di regola, a meno che non si tratti di testi “in costume”) ma non vedo bene in che modo he/she/it siano un esempio di elegante disinvoltura mentre lui/lei “una melma”. Forse Claudia allude al fatto che lui/lei devono ora servire da soggetto e complemento, e questo alle volte può essere un problema, ma tutto sommato: nessuno si “trova a dover tradurre” in italiano. Di solito, quelli che lo fanno l’hanno disperatamente voluto :-)
    Buona settimana alla padrona di casa e a tutti gli ospiti, xxx

  5. 5

    in realtà sospetto che i traduttori di Grunberg abbiano usato le parole “ratto”, “topo” e “topolino”, invece che “rat”, “mouse” e “small mouse”; e che un cattivo traduttore gli abbia poi tradotto le tre parole italiane con le tre parole inglesi invece che con “rat”. ;)

  6. Catriona Potts #
    6

    @ Tutti No, no, no… Non mi tirate dentro questa – pur bella – discussione. Mi ci vorrebbe un giorno intero per rispondere a ognuno. Poche cose: se Giorgetto ha quattro anni è un bambino e non un ragazzino; se le protagoniste del mio libro sono giraffe parlanti, dubito di poter alternare la parola “giraffa” con una cosa del tipo “mammifero artiodattilo”; se Michael si siede a una scrivania, nella pagina seguente non si siederà a un tavolo; se ho un baule, non ho una valigia eccetera. Invece molti redattori (e traduttori) presi dalla smania della variazione, fanno così. E, a mio modestissimo parere, sbagliano (anche se qualcuno poi cresce, come dice Zia Bisbetica).
    Sul “ma” e sul “tuttavia” anch’io combatto da tempo, nel senso che non vedo davvero perché non metterli all’inizio della frase. Mi fa piuttosto ridere che non si possa usare il “ma”, però il “tuttavia” sia sentito come “giusto”.
    Ah, i pronomi. Mah, quando è chiaro (in italiano) è chiaro anche senza pronome. Per i possessivi invece spesso vado giù di machete.
    Ecco, vedete? Non volevo scrivere nulla….

  7. Zia Bisbetica #
    7

    I possessivi… il machete… vorresti dire che non apprezzi frasi pur correttissime come “Lei posò le sue mani sul suo grembo”? Grin, grin.

  8. 8

    Ma veramente non si può usare il “ma” a inizio di frase? Ma è una regola vera e propria o qualcosa di ufficioso, dettato dalla tradizione e dal buongusto (tipo i gomiti sul tavolo)? Mah.

  9. 9

    d’accordo, ma io mi chiedo un’altra cosa: hai “veramente” bisogno di scrivere “topo” tre volte in una sola frase?

  10. 10

    Ma chi ha detto cha la lingua italiana e’ facile da apprendere? forse parlarla nn e’ cosi’ difficile, ma la grammatica e’ tremenda



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