E tu, che fai?

Talvolta qualcuno mi chiede che lavoro faccio e, alla mia risposta, vedo prima apparire sulla sua faccia un velo di curiosità e poi alzarsi un muro di sconcerto. Di solito segue un silenzio imbarazzato, uno degli imbarazzi più tipici delle società “avanzate”: la fuga dalla necessità di chiedere spiegazioni. Allora cerco di spiegare io e non ci riesco quasi mai, perché, nella descrizione, tutto sembra rallentato e astratto. La progressiva montagna di libri, fogli, PDF; la lotta per portare un libro sui banchi di una libreria; la fatica quotidiana sul testo… Parlando, tutto sembra leggero, quasi divertente. E, d’altronde, come si può pretendere che un chimico industriale si appassioni alla narrazione dei mille ostacoli che hai superato per rivedere quel determinato saggio? O al fatto che un certo romanzo ti sia piaciuto tanto da doverlo assolutamente pubblicare?
Ecco perché, da qualche tempo a questa parte, mi sono arresa.
“Ah, allora leggi tutto il giorno!”
“Guarda, stavo proprio cercando un libro… [Titolo di un'altra CE] Non è che potresti procurarmelo?”
“Ma allora conosci X [autore di un'altra CE]!”
“Mah, secondo me ci sono troppi libri in giro. Però, senti, non l’ho mai detto a nessuno… Io ho scritto un romanzo davvero bellissimo. Te lo posso mandare?”
E io rispondo sempre sì.

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06 2008

17 Commenti Commenta ↓

  1. eio #
    1

    Opera n.73
    A me quando chiedono che lavoro faccio, dico sempre che faccio il libraio. Oppure il bibliotecario. Delle volte dico anche che faccio l’editore. Poi, se mi chiedono come mi chiamo – e me lo chiedono sempre quando dico che faccio l’editore – gli rispondo che mi chiamo Giulio Einaudi; oppure Arnoldo Mondadori. Sono l’erede, gli dico. Loro mi guardano seri e subito dopo spunta qualcuno che dice d’aver scritto un libro, se voglio pubblicarlo. Un libro di che tipo? gli chiedo, bello o brutto? Loro s’affrettano a dire che è bello, poi fanno un passo indietro per modestia.

    (Learco Pignagnoli)

    [on a related note: io sto cercando un libro, per me finora introvabile, che si chiama Conversazioni con Thomas Bernhard. Non è che potresti procurarmelo?]

  2. gattogiallo #
    2

    Ho sempre pensato che il tuo sia un lavoro bellissimo.
    Fin da piccola ho desiderato lavorare sommersa dai libri,
    essere pagata per leggerne tanti (capisco che non è solo quello).
    Certo, non ne conosco i lati rognosi e forse l’ho idealizzato.
    Tuttavia ti considero una “fortunata” in campo lavorativo e se ti dovesse servire una collaboratrice…
    Bye, gattogiallo.

  3. 3

    Davvero posso mandarti il mio romanzo e tu lo leggi? ;)

  4. 4

    Faccio il redattore autonomo.
    Ah, per quale giornale scrivi? ["autonomo" viene automaticamente cancellato dalla ricezione]
    No, in realtà metto a posto i libri che scrivono gli altri.

    Seguono tre tipi di reazione.
    Quella di cui hai scritto tu all’inizio (fuga dalla necessità di chiedere spiegazioni), cui rimedio con formule coinvolgenti apprese con l’esperienza di conversazioni simili.
    Quella semisdegnata, da “ma come ti permetti, non si toccano gli artisti” (ah-áh), e piano piano chiarisco, oltre a dire che mi occupo anche di libri tecnici e scolastici; al che, restano comunque titubanti.
    Quella similopportunista, leggeresti il mio libro e mi diresti cosa ne pensi?

    Io preferisco la terza, anche perché, nel mio caso, è fatta da conoscenti che in questo modo mostrano fiducia.

  5. koshka #
    5

    Scene come: – Magda tu mi ami?

  6. 6

    poi escono articoli, come quello sul Venerdì della settimana scorsa, che spiegano come pubblicare un bestseller sia tutta questione di indovinare la copertina e mettere un titolo furbo, e lì la reputazione del mestiere dell’editor precipita… ;)

  7. Catriona Potts #
    7

    @ Louie :-) “Conversazioni con Thomas Bernhard”? Ma guarda, lo sto cercando anch’io. Non è che me ne trovi tu una copia? :-D
    @ gattogiallo Non c’è niente da fare: più mi sforzo e più svaniscono i lati “rognosi”. Quasi quasi mi dò per vinta e comincio a bullarmi :-)
    @ Gian Marco Ma certo! ;-)
    @ Dottor C. Uh, già, è vero: per la stragrande maggioranza, l’editoria è quella dei giornali. Però, scusa, la terza opzione non riesco proprio a preferirla.
    @ koshka E allora vedi che la cosa è reciproca? ;-)
    @ paolo beneforti Ohibò, mi sfuggì. ‘Spetta che lo recupero…

  8. eio #
    8

    mi hai chiamato Louie!

  9. 9

    ah, mentre cercate Bernhard, non è che mi trovate i “Quaderni di Voronez” di Osip Mandel’stam? Lo cerco da anni.

  10. Catriona Potts #
    10

    @ eio Col caldo, i miei quattro neuroni (preposti a cibo, sonno, deambulazione ed editing) sono andati in corto circuito. Pardòn!
    @ paolo beneforti Se ti accontenti di leggerlo e non di possederlo, qui lo trovi…

  11. 11

    grazie, grazie. mi accontenterò di fare le fotocopie. :)

  12. 12

    Sarà che amano tanto scrivere, ma non leggere; e non si capacitano che si possa amare tanto leggere da sceglierlo per mestiere. Scena di poche ore fa -io testimone oculare allibita. Ombrellone accanto al mio, ragazzino dall’aria sveglia
    -Mamma, dobbiamo andare a casa, devo finire il libro!-
    Madre, senza muoversi dalla sedia a sdraio
    -Ma pure ’sti professori! Non lo sanno che d’estate andate al mare? Ma che vi danno pure da leggere!-
    Sono sicura che la signora ha un romanzo nel cassetto :)

  13. Catriona Potts #
    13

    @ paolo beneforti Non senza un certo orgoglio, Mr Potts, dopo aver letto della tua richiesta, ha dichiarato: “Ma noi i ‘Quaderni di Voronez’ ce li abbiamo.” Così, per dire.
    @ Saonda Anch’io ne sono sicura. E quel “pure” è davvero micidiale.

  14. 14

    credo sia un problema diffuso. Risolvo con una formula verbale (e verbosa) abbastanza indecifrabile ma che nessuno chiede di approfondire, magari per paura di fare brutte figure.

    Ma c’è sempre chi sta peggio… ad esempio ho un amico che si occupa di seguire il processo di testing dei doppiaggi dei videogiochi…
    “ma quindi ti pagano per giocare alla playstation?”

    :D

  15. libraia #
    15

    …eh, lo fanno! Ormai alla domanda “che bello, lavori in libreria, chissà quanti libri leggi!” rispondo antipatica, spocchiosa e gelida “se avessi tempo per leggere significherebbe che stiamo per chiudere” pensando che oggi sono arrivati “solo” 21 colli rifornimento mondadori, ma domani arriva messaggerie con i sui *fantastici* 48 colli e che mi aspetta la resa rcs. Faccio la facchina per il 98% del tempo che lavoro e, come tutti i lettori, mentre lavoro, lavoro, non leggo. Ma leggo sull’autobus ed è la parte della giornata che preferisco *_*

  16. 16

    @ Saonda:

    ma che il dio delle piccole cose lo benedica, quel ragazzino, e il libro e chi gliel’ha assegnato!!! quando mai si è sentito di un pupo in vacanza che vuole mollare la spiaggia per ANDARE A FINIRE UN LIBRO??? (e il 24 giugno, poi, mica il 2 settembre.)

    sono anche queste le persone che ci fanno amare (un po’) il nostro lavoro…

  17. Catriona Potts #
    17

    @ Rumenta Bel lavoro, quello del tuo amico. Avrei giusto voglia di giocare un po’ ;-)
    @ libraia Ti capisco. Quello del libraio è un altro lavoro di cui ben pochi conoscono la fatica, anche perché il libro porta con sé un’immagine di ozio, di tempo da perdere, nonché un (bel) po’ d’invidia verso quelli che sono diventati ricchi “semplicemente” battendo sulla tastiera di un computer. Fatica? E quando mai? Non mi vorrai mica dire che si fatica a scrivere, realizzare e vendere un libro, eh? A ogni buon conto, grazie per la tua quotidiana fatica (e non parlo soltanto dei colli)
    @ farouche Pienamente d’accordo.



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