Nausee

Io, a Torino, mi vengono le nausee.
La prima nausea è quella dell’arrivo e nasce dalla sensazione che i libri esposti siano esattamente quelli dell’anno scorso, che ti abbiano aspettato lì, intoccati persino dalla polvere, immersi in un eterno presente misto di nobiltà letteraria e disinteresse totale.
La seconda nausea è quella del mio stand e nasce nel vedere tutti (o quasi) i miei libri insieme, allineati, impilati, ammucchiati o torreggianti. Il conato d’identificazione con Anna Magdalena Wilcke è immediato. E sappiamo bene com’è finita quella povera donna.
La terza nausea è quella della troppità e nasce semplicemente passeggiando tra le file, le pile, i mucchi e le torri delle altre CE. E ovviamente si accompagna alla quarta nausea, quella dell’inutilità.
Ma voi non lasciatevi condizionare.
Perché a tutti voi che ci andate, a Torino, che guardate rapiti le file, le pile, i mucchi, le torri e che comunque vi caricate di carta, vi voglio bene.
E vi capisco.

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05 2009

16 Commenti Commenta ↓

  1. r. #
    1

    Complimenti. So bene quanto, per una donna nella tua posizione, un incipit all’anacoluto debba rappresentare una gesto che sta tra il primo squarcio di Fontana e “Kid A” dei Radiohead.

    PS
    Amavo andare a Torino. Poi ho capito che, a meno di non disporre di abboccamenti di natura erotica o incombenze stampate nella guida al Salone e ben visibili almeno nell’indice analitico, la gita è uno straordinario motore di pessimo umore. Feste comprese (anzi!).

  2. 2

    Da tre anni non sopporto più andare al Salone. Probabilmente sto invecchiando, ma tutto quel “troppo” oltre che nausea mi provoca un vero senso di claustrofobia. E’ come quando ti abboffi di un cibo che adori, ne fai indigestione e alla fine ti disgusta. Eppoi c’è sempre troppo rumore, troppe parole, troppa gente. E a fine giornata mi trovavo con la faccia paralizzata dal “crampo del sorriso”, per via di tutti quelli che incontravo. Il mio sogno sarebbe poterci andare di notte, quando non c’è nessuno, solo il silenzio, la quiete e i libri…
    Sì, sto proprio invecchiando. ;-*

  3. juhan #
    3

    Non è che non sono d’accordo ma conosco un paio di milanesi che vengono a Torino solo per i saloni del libro e del gusto (non so se è il nome giusto).

  4. 4

    Io vi capisco e conosco le sensazioni e le reazioni neurovegetative che lamentate. Però vorrei andarci lo stesso. Anche solo per vedere qualcosa di consolante: la folla che accorre per il libri (un bel pezzo di folla accorre anche per gli autori e gli editori, ma nessuno è perfetto), tutti quei libri che sembrano dirti che la tua vita è breve, il tuo cervello è stanco, ma c’è ancora molto da scoprire e da vivere. Ci andrò almeno per qualche ora, almeno per testimoniare solidarietà a chi si ostina a vendere cultura in un mondo che premia l’ignoranza.

  5. 5

    Sabato sono nei paraggi. Se passo dal tuo stand per salutarti come ti riconosco? Ok, posso sempre mettermi a gridare “Catriona!!!”, pero’…

  6. silviamate #
    6

    E io che ci andrò per la prima volta sabato! Non mi ammosciate così! Cat, hai qualche consiglio per principianti? Sono con pupa di 4 anni al seguito e che non vede l’ora di andare alla “festa del libro”.
    E poi appunto: come faccio a salutarti? Fino al tuo stand ci arrivo, ma non potrò mica importunare tutte le signore dall’aspetto catrionico…

  7. r. #
    7

    Omniaficta: i libri ci sono anche nelle librerie, che non sono aperte solo quattro giorni all’anno.

  8. 8

    il fatto è che non funziona neanche come antidoto: nel senso: chiunque scriva o costruisca libri dopo un giro al salone dovrebbe dire: oc, la smetto. E invece continuiamo.

  9. 9

    stasera, gironzolando per il salone, ho pensato di iniziare a chiedere a tutti gli standisti se conoscevano una certa Catriona Potts… ma questo blog è come un bel libro. lo leggi e fantastichi con la mente. fatti, luoghi e persone, rimangono straordinari e meravigliosi se non assumono una forma reale, definita e precisa.
    ed è bello pensare che mentre, con il faccino d’angelo, cercavo di convincere quasi tutti gli standisti ad “ospitare un paio di cartoline del raduno di aNobii”, forse con Catriona ho parlato.
    due chiacchiere fugaci ed una battuta (ah, pure io adoro le d eufoniche).
    il salone? per me è un buon modo per scoprire i piccoli editori che nascondono insapettate sorprese, un po’ come andare dal proprio libraio di fiducia. quello che ti riesce a dare buoni consigli e risponde alle tue domande senza deve controllare sul computer.
    :)

  10. 10

    In totale controtendenza con la maggioranza vi dirò che, anche dopo tanti anni che vado alle fiere, continuo a rimanere sempre stupita dalla mia metamorfosi: passo la settimana precedente a lamentarmi come una vecchietta piagnucolosa, uh-anche-quest’anno-ma-chi-me-lo-fa-fare, ma quando alla fine ci vado mi emoziono sempre.

    E’ vero, Catry, tutta quell’abbondanza polverosa prende un po’ alla gola, però il fatto è che siamo noi che abbiamo dato origine ad alcune di queste cose, e le fiere sono alcuni dei (piuttosto scarsi) momenti in cui vedi la gente comprare i tuoi libri, capisci che quei parallelepipedini vanno davvero da qualche parte, nelle case delle persone (e nel migliore dei casi nella loro testa). E lo hai fatto TU. Io mi apposto negli stand degli editori per cui lavoro e mi emoziono quando comprano i libri che ho fatto io, con le mie parole, i miei ragionamenti, le mie ricerche, le mie soluzioni.
    Anche se è vero che, per quanto mi riguarda, raramente riesco a comprare qualcosa: per me la libreria è un posto in cui meditare, la promiscuità standistica mi infastidisce.

    Invece la cosa che mi dispiace e che mi fa pure un po’ incazzare è il fatto che tutta ’sta gente viene apposta per la fiera (a vedere, appunto, libri che si trovano in un sacco di librerie) ma non ne approfitta per farsi anche un giretto per la città, che, non per dire, è tra le più belle d’Italia, piena di musei, monumenti, parchi e ogni cultural-bendidio: è come andare in un ristorante e accontentarsi del coperto!

  11. Olivia #
    11

    Torino! Una delle tante fiere della vanità…
    Torino… un’inutile vetrina, tra le tante rimane la più marginale.
    L’apoteosi di ego e sfrustrazioni…. ovviamente (ingenui e appassionati) lettori a parte.
    Pubblico e editoriali dovrebbero andare più spesso in libreria e un po’ meno alle fiere!

  12. 12

    @ r.: per un momento ho avuto la tentazione di fare dello spirito da strapazzo e di ringraziarti per la preziosa notizia. Ma forse non è il caso. Evidentemente non sono stato abbastanza chiaro, ma mi capita spesso. Saluti.

  13. 13

    @ nondisolopane: sai, credo che non si vada alla Fiera (solo) per i libri, ma anche per partecipare ad un evento, per stare in mezzo a tanti che hanno la tua stessa passione; insomma, non ci si va per fare compere e basta, ci si va per trovare qualcosa e trovarsi insieme, si partecipa e si respira un’aria che non c’è in nessuna libreria. Quanto a Torino, hai ragione, resta uno sfondo anche piuttosto distante. Ma è inevitabile. Succede persino a Mantova, dove il Festival è in pieno centro, figurati per la Fiera del Lingotto!

  14. r. #
    14

    Omniaficta: era solo per dire che trovo la tua visione (“la folla che accorre per il libri (un bel pezzo di folla accorre anche per gli autori e gli editori, ma nessuno è perfetto), tutti quei libri che sembrano dirti che la tua vita è breve, il tuo cervello è stanco, ma c’è ancora molto da scoprire e da vivere”) appena appena fuorviante.

  15. Drugo #
    15

    Mai come in una fierona tipo questa torinesa, guardando il bendidio librario impilato a mattoncino lego sbìrolo, riaffiorano alla mente le parole di quel grand’uomo che saggiamente constatava: “Loro so’ milioni a scrivere, io so’ uno a leggere!”


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  1. Ragazzi! « … you’ll love publishing 18 05 09

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