Pasticcieri
Non conosco pasticcieri, e questo mi dispiace. Perché avrei sempre voluto fare una domanda a un pasticciere, a uno di quelli che ha ereditato l’attività di famiglia, che è nato tra farina, zucchero e uova, è cresciuto tra cioccolato e canditi e ha poi deciso di glassare torte e di riempire bignè per tutta la vita. Ecco, a un pasticciere così chiederei se, col tempo, i dolci non gli sono venuti un po’ a nausea. Certo, non m’illuderei di essere la prima persona a fargli una simile domanda (mica ho detto che era una domanda originale); m’illudo tuttavia che un pasticciere così mi risponderebbe di no, soprattutto perché una pasticceria è un luogo privilegiato, in cui s’incontrano persone felici – bambini con gli occhi lucidi, adulti autorizzati a tornare bambini – e che questo contatto quotidiano con la felicità è più che sufficiente per spingerlo a continuare.
Se andasse così – se questa fosse davvero la risposta – forse capirei un po’ meglio quello che provo da qualche tempo; in altre parole, mi convincerei che quel senso di pieno, di ripetitività e di “già assaggiato” che avverto molto, troppo spesso è tale soltanto perché mi manca l’ultimo passo del mio lavoro, vale a dire il contatto diretto con le persone che leggono i miei libri.
Potresti aprire una libreria, diranno subito i miei piccoli lettori.
Giusto.
Ma poi parlo con un libraio – e di questi ne conosco – e capisco che quell’ultimo passo è tutt’altro che facile e non sempre gratificante.
E allora?
E allora anch’io non posso che continuare, magari cercando qualche nuova ricetta e senza soffrire troppo se mi chiedono di preparare un’altra – l’ennesima – crostata.
Per tutto il resto, c’è sempre il Dolce Forno.
(per poter scrivere quello che scriverò vale come premessa il fatto che ho lavorato per 4 anni in una pasticceria perchè nipote del proprietario e quindi conosco un pasticciere benissimo?)
la cosa della pasticceria che hai scritto qui equivale alla cosa della casa editrice che hai scritto lì di lato: i mestieri che non facciamo ci sembrano più belli di quelli che svolgiamo semplicemente perchè non ne conosciamo tutti i risvolti. certo: svuotare i pozzi neri non è un mestiere allettante, ma posso assicurarti che avere a che fare con la clientela ci va molto vicino. marlene
se io avessi la mia libreria ti ospiterei per parlare con i lettori dei tuoi libri. e sarebbe bellissimo perchè tutti parlano con gli scrittori ma con i redattori correttori di bozze e tutto quel mondo lì della CE nessuno ci parla.
io ti farei millemila domande.
Con questa logica, i ginecologi (maschi) dovrebbero diventare gay
Ed ecco perché ho rinunciato al tentativo di fare delle mie passioni un lavoro. XD
Qualsiasi cosa, fatta per otto ore al giorno tutti i giorni, viene a noia. Meglio tenere le due cose separate. Così che le passioni non vengono rovinate dalla quotidianità, che rimangano sempre un piacere da fare quando si ha voglia.
L’hobby sia hobby e il lavoro lavoro.
Anch’io ho rinunciato a diverse cose.
Meglio dilettante che velleitario.
Cara Signora Potts,
domenica scorsa ho visitato due luoghi che le potrebbero dare risposte adeguate.
a reggio emilia una vecchia, piccola Accademia della Pesticceria: generazioni di artisti, un glamour francese, due signore anziane e belle, profumo di croissant, meringhe comme il faut…
a castellucchio, mantova la cucina di Chiara Rizzi, ex editore oggi impegnata a deliziare i commensali al suo Caput Mundi.
non sapendo dove sia la CE posso solo augurarle non sia lontana
mi sappia dire, se vuole, e grazie per la sua pasticceria, un buon esempio di regole viennesi e creme parigine.
Se conoscessimo i tuoi libri potremmo dare una risposta a mooolte delle tue domande.
La scelta dell’ANONIMATO comporta parecchi dilemmi…
E ben ti sta!
Uno dei tanti ammiratori frustrati
P.S.
Amici di penna che commentate, ribellatevi a questo status quo!
Scioperiamo!
Non scriviamo per 30 giorni nel nostro amato Blog.
Catriona cederà…
Otterremo un paio di “suoi” titoli!
chi si firma è perduto, fabio…
“Peggio di bruciare i libri esiste solo una cosa : non leggerli” J.Brodskij”. Scrivo questo perchè vista l’aria mal[destra] che tira il tuo mestiere potrebbe rivitalizzarsi in te come una testimonianza, con un suo valore etico-sociale no ? ) e poi Pereira sosteneva che…..
Mia cognata aveva una pasticceria. Nel tempo il suo peso è aumentato. Che vorrà dire?
Dimenticavo: l’anonimato è una gran bella e utile cosa. Basta leggere questo blog per apprezzarlo. Saluti
Sul mio blog, io non sono anonima: era nato proprio perché volevo si sapesse che stava per uscire un libro degli anni Sessanta tanto amato all’università da me e molti miei compagni di studi. E per cui avevo sputato sangue (soprattutto per convincere l’editore a ripubblicarlo, inseguendo editor e direttori editoriali per i corridoi con le fotocopie in mano). Non ho gente che mi contatta per sciocchezze o raccomandazioni ma forse solo perché sono una povera redattrice precaria senza alcun potere di far imbucare nessuno nel mondo dell’editoria… Catriona, dammi retta, resta anonima!
credo che tutti, a un certo punto della propria vita, si chiedano se vale la pena di continuare a fare quello che si fa. perché noi e le nostre motivazioni cambiamo ma talvolta la professione no. secondo me è un problema di quanto margine si ha per esprimere la propria creatività.
@ marlene Infatti: c’è sempre un’erba e c’è sempre un vicino…
@ viadellaviola Hai ragione, sai? E a me piacerebbe molto.
@ Ted Be’, non credo. C’è una bella differenza tra l’osservazione scientifica e… la vita
@ Izzy È una scelta comprensibilissima. E, appunto, talvolta mi chiedo cosa farei se l’avessi fatta io, una scelta simile.
@ r. Indubbio, sebbene difficile da accettare per molte persone.
@ baotzebao Indirizzi appuntati, grazie
@ Fabio Uh, che incitazione! Ma baotzebao, omniaficta e Denise hanno risposto per me!
@ tristantzara Credo che nel mio mestiere non tiri un’aria così [mal]destra (meno di quella che tira in altri mestieri, comunque). Quanto al valore etico-sociale, mi accontenterei di vedere che la gente legge di più. Sarebbe più che sufficiente.
@ omniaficta Vuol dire che voglio l’indirizzo della pasticceria di tua cognata
@ Denise Sarà fatto!
@ silviamate Sì, appunto, è la ripetitività che ti soffoca, dopo un po’. E io sono comunque una privilegiata perché, nell’ovvia ripetitività del mio (di qualunque) lavoro, in realtà c’è un discreto margine per le “pazzie”. Eppure, ogni tanto…
Vediamo… potresti aprire una casa editrice specializzata in libri di ricette per dolci e poi organizzare presentazioni con buffet a tema