Archive for the ‘libri’Category

Troppo

Hai troppo da leggere quando ti accorgi

… che hai finito gli elastici (le graffette) per “tenere” i manoscritti.
… che la borsa (di tela) supplementare portata da casa fa strapp
… che hai stampato un testo senza i numeri di pagina (e qualcuno alla stampante l’ha “mischiato”).
… che il romanzo appena iniziato ti sembra un saggio (e viceversa).
… che hai già letto quel testo (di solito succede intorno a pagina 123) e che lo hai già scartato
… che continui a dimenticare il nome del protagonista.
… di essere convinta che il protagonista si chiama Charles. Poi ti rendi conto che quello è il nome del protagonista del romanzo che hai appena finito di leggere.
… che chiudi di colpo Outlook per paura di veder arrivare un altro libro.
… che il sacco della carta riciclata è praticamente inamovibile.
… che non ti basterebbe un mese (24/7) per leggere tutto quello che hai da leggere.
… che nei dieci-minuti-dieci necessari a scrivere questo post è arrivato un altro manoscritto.

07

04 2008

Emersione

Sono – per ora, ma per quanto? – riemersa dal mare di cataloghi delle CE straniere pre-fiera. In realtà, più che cataloghi, potete immaginarli come trailer dei loro libri futuri. Poche righe – zac! zac! – e il libro è servito. Ti interessa? Te lo mando da leggere? Vuoi comprarlo? E per quanto? sembra esserci scritto alla fine di ogni proposta.
E vediamole, queste proposte.
Cocainomani decisi a insegnare il linguaggio dei segni ai bambini africani; metodi per non fare carriera ed essere felici; metodi per fare carriera e poi pentirsene ma essere felici comunque; carismatici magnati dell’acciaio che perdono pure le mutande per colpa di quella volta che visto un disegno animato e gli è piaciuto così tanto che sono regrediti all’infanzia; cacciatori di organi pentiti (i cacciatori, non gli organi); assassini pluridivorziati che si sciolgono in lacrime davanti a una torta alla crema e poi fanno fuori il pasticcere (cattivo; erano loro, i buoni, e tu non l’avevi capito); bambini perseguitati da fantasmi; fantasmi perseguitati da bambini (o da adulti); tizi che sono andati in Perù a cercare l’amore e invece hanno trovato un sito archeologico in cui hanno scoperto una mummia di cui si sono innamorati ma poi sono tornati a casa e hanno capito che la vicina di casa è uguale alla mummia; storie di guerra che diventano romanzi rosa-storico-social-horror-hard boiled per poi tornare a essere storie di guerra; Come i Tokio Hotel mi hanno rovinato la vita; Come i Duran Duran mi hanno salvato la vita (questioni generazionali, eh?), Come il trapianto di capelli mi ha salvato dalla depressione
Non credete a quello che vi dicono: la fantasia supera sempre la realtà.

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04

04 2008

Tre settimane e mezzo

Tre settimane prima

E-mail (o telefonate) tutte infiocchettate di belle parole (“Come stai… Che bello, arriva la primavera… Da quanto non ci vediamo…”) e vaghi accenni ai libri (“Ti ho mandato Cavolfiori a colazione, vero? Ah, è bellissimo, sai? Ed è proprio adatto alla tua CE!”)

Due settimane prima

E-mail (o telefonate) un tantinello più sbrigative (“Ah, ciao, stai bene, vero? Sentiiiii… Cavolfiori a colazione me l’hanno chiesto tutte le CE italiane, sai? E’ veramente il libro del momento!”)

Una settimana prima

Stop alle telefonate e uso esclusivo dell’e-mail: “Vorrei un’offerta su Cavolfiori a colazione entro le 5:04 a.m. di domani.” Senza neanche la firma.

Moltiplicare il tutto per una cinquantina di telefonate, e-mail e, ovviamente, testi.

E’ sempre così.
Si avvicina una fiera e gli AA si risvegliano.
Perché le fiere scatenano gli istinti più rapaci e pervicaci.
Al momento, potrei reincarnarmi senza la minima fatica in un gong.

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03

04 2008

Proposal

Il proposal è un’idea di un libro. Una traccia, un abbozzo. Può essere un semplice indice, possono essere cento pagine su cinquecento.
Insomma non è un libro intero.
Ma vedersi arrivare un proposal con su scritto Publication: winter 2010-2011 fa una certa impressione, credetemi.

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31

03 2008

Porcospini e gemme

Come succede diverse volte all’anno, ieri sono arrivate le “proiezioni”, cioè il risultato del lavoro degli agenti che strappano ai librai i tanto agognati (e temuti) numeri. E’ così che si posa la prima pietra sul viale del destino di un libro. Quanto è piaciuto? Quante copie ne sono state ordinate? Più o meno del numero sperato?
Forse non ci siete mai passati, però credo non sia difficile da intuire l’ansia che accompagna questo momento. Perché molto dipende dalla prima tiratura di un libro, dalla sua immediata visibilità sui banchi. Per carità, l’editoria è piena di eccezioni, cioè di libri usciti in poche copie e poi diventati bestseller. Ma sono, appunto, eccezioni.
E talvolta ti ritrovi a fissare cifre che davvero sono impreviste e imprevedibili. Il libro su cui hai sudato, pieno di rogne come un porcospino di aghi, e magari deliziosamente arduo o elegantemente insolito, finirà (se finirà) in mano a pochi eletti, meteora probabilmente senza futuro. Mentre il libro che hai scelto o fatto un po’ con la mano sinistra per i motivi più svariati (poco tempo, poca convinzione..), ma che evidentemente ha “acchiappato”, rischia di diventare non dico un bestseller, ma una piccola gemma, che brillerà almeno per qualche settimana.
E non sai se mettere un cerotto sulle punture del porcospino e piangere un po’ o se essere contenta perché, se non altro, una pietruzza luccicante ce l’hai.

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28

03 2008

Sedimenti

Catriona: Come si chiamava quell’autore?
Mr. Potts: Quale?
Catriona: Massì, dai, quello che si studia all’inizio dell’ultimo anno di liceo…
Mr. Potts: Hmmm… Parini?
Catriona: No, no, non così importante.
Mr. Potts: Grossi?
Catriona: Ah, già, Tommaso Grossi… Ma come ti è venuto in mente… No, non è lui. E’ più… politico.
Mr. Potts: Cuoco?
Catriona: Ecco! Vincenzo Cuoco! Ma pensa che mi ero pure letta il Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799. E adesso non solo non ricordo più nulla del libro, ma stavo pure dimenticando del nome dell’autore! Tanta fatica per niente!
Mr. Potts: Ma tu non l’hai affatto dimenticato. E’ tutto sedimentato nella tua testa. Forma un substrato che ti permette di ragionare in modo completo e articolato, di affrontare i problemi quotidiani con lucidità… [eccetera eccetera eccetera]

Questo è il sistema che Catriona e Mr. Potts usano per consolarsi a vicenda dell’inesorabile trascorrere del tempo.

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25

03 2008

Mantra

I am only one, only one, only one. Only one being, one at the same time. Not two, not three, only one. Only one life to live, only sixty minutes in one hour. Only one pair of eyes. Only one brain. Only one being. Being only one, having only one pair of eyes, having only one time, having only one life, I cannot read your MS three or four times. Not even one time. Only one book, only one look is enough. Hardly one copy would sell here. Hardly one. Hardly one. Many thanks. I am returning the MS by registered post. Only one MS by one post.

(lettera di rifiuto scritta a Gertrude Stein dalla sua editor, A. J. Fifield)

Ogni volta che pensate male di una CE, o del fatto che non abbiano ancora risposto al vostro manoscritto, pensate anche che questo è il nostro mantra.
Anzi, visto che ieri sono uscita dalla CE alla 19.49 accompagnata da tre manoscritti urgenti da leggere, direi che al momento è soprattutto il mio.

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19

03 2008

Succede (reloaded)

“Scusa, Catriona…”
“Si?”
“Mi hanno detto del refuso nel saggio di Ravapanza Bobunanda…”
“Sì?”
“Be’… hmmmm… ehhh… ce n’è un altro. E’ piuttosto bruttino…” [avanza titubante col libro spalancato] “… perché è alla terza riga di un capitolo e… come dire? spicca.”
“Oh. Ah. Uh. Ma porc… Eccolo . Eh… Che ti devo dire? E’ già una fortuna che non sia alla terza riga dell’introduz…”
Gli strappo il libro di mano.
Lui – saggio – batte in ritirata.
Passano cinque minuti. Di assoluto, tombale silenzio.
No, non c’è. L’introduzione scorre liscia liscia. Senza refusi, almeno lei.
Ma in CE stanno ormai circolando strane voci su questo libro. L’addetto stampa vuole spedire le copie il prima possibile. Chi lo ha ricevuto, me lo restituisce dicendo: “Sai, non ho più posto in ufficio…” Si mormora che il traduttore sia irrintracciabile e che il correttore di bozze sia stato colpito da una brutta influenza intestinale.
Qualcuno di voi ha per caso l’indirizzo di padre Merrin?

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14

03 2008

Cinica piangente

In questi giorni siamo bombardati (ehm…) dal trailer di un film tratto da un libro ormai celeberrimo.
Scusate il cinismo, ma sono soltanto io a irritarmi ogni volta che lo vedo?
Musica lagnosissima, debitrice dalle peggiori colonne sonore anni ‘50.
Slogan reboanti, scanditi da un voce che, se fosse più impostata, sarebbe una raccomandata con ricevuta di ritorno.
Immagini montate in modo da raggiungere un tasso glicemico da dattero (secco)*.
Brandelli di dialogo che neanche Carolina Invernizio in Anime di fango.
Insomma, ogni volta che vedo quel trailer, piangiamo in due: io e il libro. E credo per lo stesso motivo.

* 103±21. Tenete conto che, per dire, i croissant stanno a 70.

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07

03 2008

Non è un paese per lettori

Ci sono delle volte in cui ci si chiede davvero cosa pensano, là fuori. Nella massa di domande comprensibili (“Perché non pubblicate più saggi di Kimmie Kims?” “Quando esce il prossimo libro di Charlie Charles?”) ci sono infatti alcune richieste di una tale protervia da lasciare abbastanza stupefatti. Non si vuole un’informazione su un libro, si esige il libro stesso (magari addirittura consegnato a casa); non si chiede aiuto per una tesi, si pretende che qualcuno della CE la riveda e la corregga; non ci si propone come traduttori, si reclama un libro in traduzione. Lo so, viviamo in un mondo arrogante. Ma chi chiede o si propone in questo modo a una CE dovrebbe sapere, proprio grazie ai libri, che ci sono situazioni in cui l’arroganza è controproducente. Così mi viene il sospetto che quelle persone non leggano e, forse, non abbiano mai letto veramente. Ma allora perché intestardirsi su un libro come se non si potesse vivere senza di esso? Perché fare una tesi “letteraria”? Perché non gettare una base reale per quello che potrebbe diventare un lavoro?
No, non rispondetemi. Evidentemente sono una vecchia lettrice e questo non è un paese per me.

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06

03 2008

Perché non è andato?

Piccolo florilegio di giustificazioni sul cattivo andamento di un libro.

La copertina è brutta.
La copertina è bella, ma non dice niente.
La copertina è bella, ma non si capisce.
Il titolo è brutto.
Il titolo è bello, ma non c’entra niente con il libro.
Il titolo è troppo esplicito.
Il titolo è troppo criptico.
Il titolo è troppo lungo.
Il titolo è troppo piccolo.
Il titolo non si capisce.
La frase di copertina non dice niente.
La frase di copertina è troppo piccola.
La frase di copertina dice troppo.
L’autore è sconosciuto, e il suo nome è troppo grande.
L’autore lo conoscono tutti, e il suo nome è troppo piccolo.
Non si capisce la differenza tra il titolo e l’autore.
La bandella è confusa.
La bandella è troppo lunga.
La bandella è troppo sintetica.
La bandella è scritta bene, ma fa capire troppo.
La bandella è scritta bene, ma fa capire poco.
La biografia dell’autore è poco interessante.
La biografia dell’autore è troppo interessante e distrae.
Si capisce che anche all’estero ha venduto poco.
Si capisce che all’estero ha venduto molto, ma non è piaciuto.
Il prezzo è troppo alto.
Il prezzo è troppo basso.
Il prezzo è giusto, ma il libro doveva costare di meno.
Il prezzo è giusto, ma il libro doveva costare di più.
La traduzione è brutta.
La traduzione è bella, ma difficile.
Il tema è vecchio.
Il tema è troppo nuovo.
Il tema è lo stesso di quell’altro libro che è andato male.
Il tema è diverso da quello del libro che è andato male, però per la gente era lo stesso.

Ma soprattutto:

E’ uscito nel momento sbagliato.

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18

02 2008

Book momentum

[...] US political commentators are suggesting Clinton must capture the Texas and Ohio primaries on 4th March to stay in the race. Sales patterns in these states suggests the results could go down to the wire. In the Dallas-Fort Worth region, during the week under analysis, Obama outsold Clinton by 135 copies to four copies, while in Cincinnati just a single copy of Living History was sold, compared to 68 editions of The Audacity of Hope.

(via TheBookseller, 14 febbraio 2008)

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15

02 2008

Curiosi?

Ebbene: anche qui, sull’italico suolo, va abbastanza così. E’ vero che noi non abbiamo il loro marketing sofisticato, però ci vuole tempo e spesso per cose che non riguardano il contenuto del libro, bensì il modo in cui viene offerto. Prima di finire sui banchi, il libro viene “venduto” diverse volte. All’interno della CE sono l’editor e il direttore editoriale che ne discutono, scegliendo una strategia di presentazione. Poi se ne parla nelle riunioni in cui si traccia il programma della CE, nelle riunioni con i rappresentanti (quelli che poi devono “venderlo” ai librai), nelle riunioni con i grafici, ai giornalisti che devono riceverlo prima dell’uscita, eccetera. Proprio come dice Laurence Kirshbaum nell’articolo: “It’s one of the anomalies of our business that you have to reinvent the wheel with every title, virtually.”
Senza contare che noi, povera minoranza linguistica, spesso abbiamo pure i tempi per la traduzione, un concetto che gli americani fanno molta fatica a comprendere.

(grazie a Emmebi [un blog leggero] per avermi fatto scoprire l’articolo]

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08

02 2008

Un classico

A complemento di questo post, proprio ieri mi sono imbattuta in una lamentazione nei confronti delle CE brutte e cattive che stralciano dai loro cataloghi i cosiddetti “classici” perché non vendono. Magari in seguito a dialoghi come questo:

“Ma quando ha venduto ’sto Poliziano, l’anno scorso?”
“Mah, 123 copie.”
“Uh, male, male. Non si può fare qualcosa? Non è che ci stanno girando una fiction, per caso?”
“Su Poliziano? Provo a informarmi, ma non credo.”
“Be’, accidenti, non si può neanche mandare qualcuno a intervistarlo…”
“Eh…”

Il catalogo dei libri in commercio sostiene che sono disponibili 15 titoli di Poliziano. Per uno studioso del Quattrocento sono sicuramente pochi, ma per il lettore travolto dall’irrefrenabile desiderio di leggere questo autore mi sembrano più che sufficienti. E poi ci sono le biblioteche (non voglio dire che Poliziano debba essere disponibile soltanto in biblioteca, sia ben chiaro, però…). Senza parlare di internet (su quel sito straordinario che è Liber Liber, c’è di che togliersi la voglia). Insomma mi sembra la solita polemica vuota, un modo neanche troppo sottile per affermare che le CE sono insensibili alla cultura vera, che vogliono soltanto fare soldi con libri di scarsa qualità.
Illustrissimi signori intellettuali, che pensate così di essere in prima linea nella difesa della cultura, vi prego: ripensateci. Il problema non è trovare Poliziano in bella vista sui banchi delle librerie. Il problema è che la gente proprio non ci va, nelle librerie (quindi, en passant, non comprerà neanche il vostro culturalissimo libro). Il problema è che trovare un libro tale da accendere la passione della lettura è un’impresa che non tutti hanno voglia di affrontare. Il problema è che le conventicole si guardano addosso. E potrei andare avanti. Anche se, detto fuori dai denti o amaramente sussurrato, io la soluzione a questi – e a mille altri – problemi non ce l’ho.

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04

02 2008

Son cose

Ieri sono stata inclusa tra “gli operativi qui presenti”. E mi è stato spiegato come fare libri “più altovendenti”. Poi sono stata invitata a “non andare a massificare il prodotto”. E tutto ciò da una persona assolutamente incapace di pronunciare la parola “bestseller” e quindi prodottasi nelle seguenti variazioni:

bezzeller,
bexelle,
bezteller,
bssellrrr,
betzeller.

Un consiglio, per favore: secondo voi, se mi metto operativamente un tacco 12, riesco a fare libri più altovendenti riuscendo però a non andare a massificare il prodotto?

P.S. E son 201 post, perdindirindina (cit.).

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01

02 2008

Uffa

Ci sono giorni in cui comprendo gli scrittori “incompresi”. E non perché abbiano scritto il capolavoro della letteratura italiana che nessuno vuole pubblicare, ma perché annuso l’aria della nostra cultura e mi prende un subitaneo sconforto. Qualche giorno fa, per esempio, l’inserto culturale di un prestigiosissimo quotidiano ha dedicato la pagina di apertura alle lettere d’amore di Ugo Foscolo. Il motivo di quel “lancio” era politicamente chiaro (no, non ve lo dico) e la mia immarcescibile passione foscoliana ha avuto modo di rinfocolarsi. Ma il mio animo di lettrice curiosa ne è uscito sconfitto, una sensazione diventata ancora più forte mentre scorrevo le pagine seguenti, tutte coltissime, quasi marmoree nella loro alterigia.
Perché mai io, lettore occasionale e magari alla ricerca di qualche occasione di lettura in più, dovrei leggere qualcosa che mi fa sentire così sfacciatamente escluso dal circolo della parola scritta? Perché si continua a difendere la nicchia e non si pensa al mondo?
Insomma: uffa.

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30

01 2008

Rumori in scena

“Mah…”
“Eehh…”
“Grunt!”
“Seee…”
“Argh!”
“Boh…”
Se passaste davanti al mio ufficio, in questi giorni, sentireste in prevalenza questi rumori. Seguiti dall’inequivocabile “Fssshhh… sciap!” dei fogli che atterrano nel cestino. Il fatto è che arranco nella marea (crescente) dei libri definiti “highly original”, un’etichetta che si traduce con: “E’ senza capo né coda, non ho la minima idea del perché lo pubblichiamo, però magari tu sei così folle da fartelo piacere”. Talvolta mi sembra di avere a che fare con certi agenti immobiliari che ti sussurrano: “Ho la cosa giusta per lei. E’ una mansarda piena di carattere…” e tu traduci all’istante: “Adesso ti frego. Ti propongo un sottotetto rovente d’estate e gelido d’inverno, in cui non puoi neppure stare in piedi e te lo faccio pagare uno sproposito.”
Vi saluto fino a lunedì, perché vado in missione per conto di Dio… ehm… della CE.
Nel frattempo “Fssshhh… sciap!”

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24

01 2008

USA news

Alcune perle dell’ultimissima serie di proposte dall’America.

  • Sono ancora parecchi quelli che si ostinano a esplorare i luoghi più sfigati della terra, in modo da poter scrivere libri-verità in cui raccontare (in ordine sparso): come uscire dalle sabbie mobili (dopo che la guida aveva gridato: “Ehi, attenti, lì ci sono le sabbie mobili!”), come scampare ai trafficanti di droga (dopo aver percorso 4000 chilometri nella giungla, aver bussato alla loro casa-fortezza e averli insultati a boccacce), come sopravvivere dopo aver mangiato vermi o insetti-stecco (dopo che la guida si era affannata a spiegare: “Gli indigeni si guardano bene dal mangiarli… preferiscono quei succosi frutti lassù…”), eccetera eccetera. Il messaggio non cambia: soltanto ora, dopo aver rischiato di essere inghiottito dalle sabbie mobili, di essere ridotto a un colabrodo da un mitra, di morire avvelenato (eccetera eccetera) ho scoperto il senso della vita.
  • Si sta affermando la moda di descrivere l’aldilà degli animali domestici. Se sei una salamandra o una mosca, non ci pensare neanche, alla vita eterna; per Fufi e Ringo, invece, prelibatezze che neanche Vissani potrebbe concepire e un contatto preferenziale con i loro (ex) padroni
  • Colpisce la toccante storia di una ragazza e del suo rapporto (durato dieci anni) con un serpente (che – non chiedetemi come – le ha anche salvato la vita). E non mancano vicende analoghe con minacciosi coyote e teneri scoiattoli.
  • E infine l’immarcescibile serie “Dr Feelgood”: Sei obeso/a? Sei anoressico/a? Sei depresso/a? Sei iper-iperattivo/a? Va benissimo così. Basta che lo accetti e la vita ti sorriderà.
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21

01 2008

40%

“It doesn’t matter how good or bad the product is, the fact is that people don’t read anymore. Forty percent of the people in the U.S. read one book or less last year. The whole conception is flawed at the top because people don’t read anymore.”

Steve Jobs [sull'Amazon Kindle]

Which means sixty percent of people in the U.S. – 180 million people – are, to some degree, readers. More if you count newspapers, magazines, and the web. It strikes me as odd that Jobs, the head of a company that is doing very well with a less than 9 percent market share, doesn’t appreciate that.

(via Errata)

Non so cosa fare: se arrabbiarmi perché una persona intelligente come Steve Jobs ha detto una frase del genere (per quanto riferita soprattutto a un oggetto invero “ostico”… e lo dice una che leggerebbe a video anche le linee della mano, propria o altrui), se approvare il commento “raddrizzatorio” o se dare una parte di ragione a entrambi.

In realtà, talvolta immagino un futuro in cui la lettura per diletto (non necessaria alla vita pratica in tutte le sue declinazioni, se volete) sia scomparsa. E non per conseguenza di trauma alla Fahrenheit 451 o alla 1984. Semplicemente per consunzione. Certo, i libri continuerebbero a esistere nei luoghi di studio, nelle nicchie, eccetera. Ma (la faccio semplice) il bisogno di evasione attraverso il libro no. E la cosa più brutta è che ovviamente non faccio troppa fatica a immaginare questo futuro. Perché, in un certo senso, è già qui e ora, come dice Jobs.
Che dite, comincio a cercarmi un altro lavoro?

P.S. Un’altra voce qui.

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18

01 2008

Blurb!

Mi stavo pure mettendo a tradurli. Ma poi ho capito che era inutile e quasi dannoso, perché, come verifico tutti i giorni, gli slogan anglosassoni sono imbattibili e intraducibili. Ciò non significa che le stesse cose non si pensino e non si dicano nelle nostrane CE. Perché anche qui si vive il quotidiano dramma della malefica blurb, cioè della stramaledetta frase (o del dannatissimo slogan) di copertina, oggetto di discussioni infinite, di dubbi last minute, di strazianti valutazioni di (in)comunicabilità.

“Ma si capisce che tipo di libro è, se ci scriviamo questo?”
“Be’, s’intitola Domani m’impicco, c’è un cappio a grandezza naturale in copertina e il sottotitolo recita: ‘Storia vera di un suicida’. Aggiungere la citazione dell’Old Work Yimes: ‘Una storia terribile’ non mi sembra che confonda la idee.”
“Magari usiamo la frase del Time-Rocks: ‘Una vicenda toccante’.”
“Ma così la buttiamo sul patetico!”
“Il patetico tira.”
“E allora andiamoci giù pesante con la frase di Ulla Ullason: ‘Ho pianto per tutto il tempo’.”
“No, troppo femminile. Questo è un libro duro, diretto, maschio.”
“‘Un libro eccezionale’. Parola del Chappanooga Voice.
“Già, peccato che la frase intera dica: “Un libro eccezionale come fermaporta.’”
“Citiamo il Petit Crayon: ‘Imperdibile!’”
“Hmm… Troppo generico. E poi è francese.”
“E allora?”
“Il francese non è abbastanza maschio.”
“E se chiedessimo una bella frase a Filippetti? Non è che sia ’sto gran nome, ma una sua nicchietta di appassionati ce l’ha.”
“A Filippetti non è piaciuto.”
“Perché?”
“Ha detto che è troppo ‘forte’.”
“Ah, be’, se lo dice la mammoletta che ha scritto un romanzo in cui il protagonista finisce in una betoniera, la moglie fa a pezzi la migliore amica con un cavatappi e il figlio appicca un incendio al suo asilo…”
“Sai che ti dico? Non mettiamo niente.”
“Ma così la copertina non è troppo spoglia?”
“Eh, forse… Ripetimi un po’ cosa diceva la frase dell’Old Work Yimes…”

e via almanaccando.

Insomma: qui trovate un rapido dizionario blurb-verità / verità-blurb e qui potete gettare uno sguardo sul tormentato rapporto autore1 – blurb – autore2 (ovvero: “Non è che poi questo vende più di me?”)

(grazie a L’emploi du temps)

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17

01 2008

Niente

Tutto tace.
Oddio, forse non proprio tutto.
Ma il fiume del “ti-sto-mandando-il-prossimo-successo-non-fartelo-scappare” è piuttosto un rigagnolo, in questo periodo.
Il che è bellissimo. E bruttissimo.
E’ bellissimo perché ti permette di dare un’occhiata a quei libri che hai da un’eternità e che, quando sono arrivati, ti hanno fatto dire: “Mah, sì, boh… Mi sa che lo guardo dopo…” E perché ti permette di cercare il libro che nessuno ha mai notato, che ha venduto tre copie in patria e che invece tu porterai al successo galattico (il vero sogno di quelli che lavorano in CE).
E’ bruttissimo perché i libri comunque continuano ad arrivare. E più spesso del solito sono davvero urendi.
Ed è bruttissimo perché, in sottofondo, senti le penne che gracchiano e i tasti che ticchettano.
E che preparano una valanga.
Che ti travolgerà.

Update: Quando uno se le tira… Tre di botto, ne sono arrivati. E nel giro di poco più di un’ora.

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16

01 2008

Sono 15 (reloaded)

Gentile CE,
sono un appassionato lettore dei romanzi di Charlie Charles. Potreste avvertirmi con un’email quando esce il suo prossimo libro? Se preferiste mandarmi un SMS questo è il mio numero di cellulare: 11111111…

Ma è così brutto andare in libreria?
Ma è così difficile chiedere a un libraio?
E soprattutto: non ci sono altri autori al mondo a parte Charlie Charles?

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15

01 2008

Sono 15

Io voglio tanto bene ai lettori. Mi danno il pane, mi danno.
Però vorrei dir loro una cosa.
Non siete gli unici ad avere Internet.
Quindi, per favore, non scrivete alla CE dicendo: “Avete pubblicato 6 libri di Charlie Charles, ma su Internet ho visto che ce ne sono altri 8. Quando li pubblicherete?”
Lo sappiamo che ce ne sono altri 8.
Lo sa l’autore (ovvio).
Lo sa l’AA (che già rompe).
Lo sa la persona della CE che si occupa dei rapporti con l’estero (che si è già mossa).
Lo sa il traduttore (che sta già lavorando).
Eccetera eccetera
Insomma lo sa un sacco di gente.
Ma, per quanto bene voglia ai lettori e a Charlie Charles, non si possono pubblicare 8 libri di Charlie Charles in un mese (e neanche in un anno).
Ah, tra parentesi: su Internet non c’è che Charlie Charles sta già scrivendo il 15° libro…

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14

01 2008

Run for cover(s) – Fase III

[La Fase I è qui; la Fase II è qui]

Fase III – The great dictator (libro italiano)

Missione 1. Smultronstället**
Sono mesi (anni?) che ne parli con l’autore, L’hai voluto, coccolato, editato, hai corretto le bozze, hai scritto le bandelle.
Poi l’autore ti dice: «Ho un’idea per la copertina.»
Gli autori dovrebbero fare gli autori, pensi.
Però la comunichi ai grafici, spieghi, ipotizzi, suggerisci. I grafici si irritano perché si sentono sminuiti nella loro «graficità», ma fanno varie copertine.
Nessuna piace all’autore.
Discussione accesa (ai limiti del litigio), che si protrae per vari giorni in qualsiasi forma (tête-à-tête, e-mail, telefonate, fax) prima con i grafici e poi con l’autore.
L’autore imbraccia un programma di grafica qualsiasi e spara a zero.
I grafici non si fanno trovare per due settimane.
Con pazienza, provi a ricucire lo strappo dall’una e dall’altra parte.
Poi l’autore ti dice che, tra le copertine proposte, sì, insomma, ce ne sarebbe una che forse…
Alla fine, si sceglie una di quelle copertine.
Il libro esce.
L’autore non si darà mai pace.

Missione 2. Days of heaven
Sono mesi (anni?) che ne parli con l’autore, L’hai voluto, coccolato, editato, hai corretto le bozze, hai scritto le bandelle.
Poi l’autore ti dice: «Ho un’idea per la copertina.»
Gli autori dovrebbero fare gli autori, pensi.
E invece ha avuto un’idea fantastica.
E tu la comunichi ai grafici, che si irritano perché si sentono sminuiti nella loro «graficità».
Ma obbediscono.
Il libro esce.
L’autore sarà tuo schiavo in eterno.

Bonus level: Rosemary’s baby

Prendere tutte le missioni e mischiarle a piacere.

GAME OVER

 

Postscriptum: Adoro i grafici. Sono pieni d’idee, di entusiasmo, di «graficità». Però, qualche volta, mi fanno davvero arrabbiare…

* Il posto delle fragole, ‘gnoranti.

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09

01 2008

Run for cover(s) – Fase II

[La Fase I è qui.]

Fase II – Le quai des brumes* (libro straniero non ancora pubblicato in patria)

Missione 1. La ronde
Lo hai letto e lo conosci benissimo. Hai un’idea precisa di cosa deve dire la copertina.
Lo descrivi nei particolari ai grafici e dai loro valanghe di idee, d’immagini, di suggerimenti. I grafici si irritano perché si sentono sminuiti nella loro «graficità», ma fanno varie copertine.
Che non tengono conto di quello che hai detto e mostrato.
Discussione accesa (al limite del litigio).
Ripeti le descrizioni, le immagini, i suggerimenti. Poi ne aggiungi altri.
Esito 1: I grafici ti seguono (caso rarissimo).
Esito 2: Sì, ci siamo quasi, però manca… Vabbè, pazienza.
Il libro esce.
E tu, dopo, vedi almeno altre quindici copertine che sarebbero state perfette.

Missione 2. Dancer in the dark
Lo hai letto di corsa e lo hai comprato perché ti sembrava una cosa buona (o necessaria, chissà). Quindi non lo conosci benissimo.
Però fai del tuo meglio per comunicarne lo spirito ai grafici, dai loro dei termini di paragone, ti fidi della loro creatività.
I grafici si irritano perché hanno già troppo da fare, perché hai dato loro messaggi contrastanti, perché hanno pensato che tu li stessi spingendo in una certa direzione che però contrasta con i dettami delle ultime scoperte nel campo della grafica e loro non possono fare copertine «vecchie» perché non è certo quello che vogliono loro e non è certo quello che vuoi tu.
Ti arrivano copertine che sembrano di un altro libro.
Discussione accesa (ai limiti del litigio), che si protrae per vari giorni in qualsiasi forma (tête-à-tête, e-mail, telefonate, fax)
Alla fine, si sceglie una copertina di quelle proposte. Per “lavorarci su”.
Altri tête-à-tête, altre e-mail, altre telefonate, altri fax.
Esito: la copertina non piace a nessuno.
Il libro esce.

Missione 3. Rear Window
Uguale alla Missione 2
Però, dopo che si è decisa la copertina italiana, arriva quella originale.
Tornare alla Fase I.

* Pensavate che conoscessi solo film americani?

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08

01 2008

Run for cover(s) – Fase I

Questo gioco si chiama Run for cover(s).
Ti devi occupare della copertina di un libro.
L’obiettivo è far uscire il libro.
Ecco il walkthrough. Per comodità, sarà diviso in tre post.

Fase I – Stranger in paradise (libro straniero già pubblicato in patria)

Missione 1. A foreign affair
Il libro straniero è così affascinante da risplendere di luce propria. Oh, non toccheresti una virgola (quasi quasi non traduci neanche il titolo, tanto è bello). Ti viene da piangere per la gioia.
Lo passi subito ai grafici con l’ordine: «Così.»
I grafici si irritano perché si sentono sminuiti nella loro «graficità» e fanno altre copertine.
Tutte orribili.
Discussione accesa (al limite del litigio).
Ripassi l’ordine: «Così».
Esito 1: I grafici obbediscono (caso rarissimo).
Esito 2: Sì, è uguale, ma c’è qualcosa che prima non c’era e adesso c’è (o viceversa)… Vabbè, pazienza.
Il libro esce.

Missione 2. Tootsie
Il libro straniero ti suscita l’articolato commento: «Mah…» Non è proprio un disastro, no, ma non gira, non clicca, non piglia.
Lo passi ai grafici, spiegando cosa ti convince e cosa no.
I grafici si irritano perché si sentono sminuiti nella loro «graficità» e modificano tutto tranne le cose che non ti piacevano.
In più fanno altre copertine.
Tutte orribili.
Discussione accesa (ai limiti del litigio).
Rispieghi il perché e il percome.
Esito 1: I grafici obbediscono (caso rarissimo).
Esito 2: Sì, le brutture sono state corrette, però ci sarebbe voluto… Vabbè, pazienza.
Il libro esce.

Missione 3. Shock corridor
Il libro straniero è assolutamente, decisamente, incontrovertibilmente inguardabile. Non si salva niente, neppure la rilegatura. Ti chiedi come qualcuno possa aver concepito un tale obbrobrio.
Lo passi ai grafici, spiegando che è tutto da rifare per svariati (numerosissimi) motivi, che vengono analizzati manco si trattasse dei nei di Carla Bruni.
I grafici si irritano perché hanno già troppo da fare, perché hai passato loro messaggi contrastanti, perché in fondo il libro di partenza è brutto, sì, ma è volutamente brutto, secondo i dettami delle ultime scoperte nel campo della grafica…
Però fanno comunque una serie di copertine.
Tutte orribili.
Discussione accesa (ai limiti del litigio), che si protrae per vari giorni in qualsiasi forma (tête-à-tête, e-mail, telefonate, fax)
Alla fine, si sceglie una delle copertine proposte. Per “lavorarci su”.
Altri tête-à-tête, altre e-mail, altre telefonate, altri fax.
Esito: la copertina non piace a nessuno. Vabbè, pazienza.
Il libro esce.

Fine della fase I.

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08

01 2008

Particolare

Ho letto (rapida rapida… per lavoro, mica per altro) il libro-in-testa-a-ogni-classifica. Oh, lo dico subito: a me della letterarietà non frega niente (non fregava in questo caso, comunque). Lungi da me sospirare: “Ma come siamo caduti in basso… un tempo c’erano X e Y e adesso c’è Z. Povera letteratura italiana.” Però una cosa mi ha colpito (di brutto): il continuo, pervasivo, disperato slancio del protagonista di essere “particolare”. Fateci caso: è una parola che si sente sempre più spesso, questa. Perché è il coltellino svizzero degli aggettivi: aggiunto a un sostantivo qualsiasi (o a un pronome), permette all’istante di stabilire una differenza (in meglio) senza però, in realtà, stabilire nulla. “Io sono un po’ particolare…” “Mi è piaciuto quel vestito perché era particolare…” significano: “Io non sono come gli altri” e “Non compro gli stessi vestiti che comprano tutti”, cioè sono migliore, più raffinato, so discernere, non mi lascio ingannare, penso con la mia testa eccetera.
Fin qui, comunque, poco male (forse). Ma il protagonista del libro-in-testa-a-ogni-classifica non fa altro che ricordarcelo, questo suo essere “particolare”. Lo fa in ogni gesto che descrive, in ogni parola che pronuncia, in ogni racconto che fa. Il risultato è un’ubriacatura parossistica di egocentrismo, in cui il mondo esiste soltanto se reagisce positivamente alla sua “particolarità”, in cui le persone hanno senso soltanto se accrescono l’aria di “particolarità” di cui lui si circonda, in cui le cose hanno significato soltanto nella loro “particolarità” in relazione a lui.

Insomma: il libro perfetto.

P.S. Però qualcuno gli dica che non è bello farsi bello con le frasi degli altri senza dire da dove le ha prese.

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07

01 2008

Spazio-tempo

Mi è arrivato il primo libro del 2008. Mi fa ancora un certo effetto avere il libro prima (in CE arrivano 15-20 giorni prima della presentazione “in società”), al punto che, talvolta, quando lo vedo in libreria, mi sembra quasi (quasi) una cosa vecchia. E quando c’è il salto dell’anno la sensazione diventa ancora più forte, neanche avessi piegato lo spazio-tempo o tenessi in mano un pezzo di futuro. Ma anche di passato, visto che il contratto di questo libro risale al 26 luglio 2006 e che quindi io ho “conosciuto” il testo un anno e mezzo fa. E ne sono entusiasta ancora oggi.
Che razza di mestiere, però: un piccolo esercito lavora con passione ed entusiasmo per un anno e mezzo a una cosa che magari non piacerà a nessuno.
Nella prossima vita, mi sa che mi dedico ai panettoni.

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21

12 2007

Fare i salumieri

Almeno centoventi occhi che ti guardano. E, di conseguenza, una sessantina di facce (stanche, annoiate, attente, fameliche…) che vorresti trasformare in un’unica faccia o, meglio, in un’unica espressione di serenità.
E’ la lotta che si svolge in diverse occasioni all’anno, la lotta fra la CE e un manipolo di persone che devono “portare” ai librai i libri. E convincerli a piazzare nelle loro librerie non una copia o due copie, ma una bella pila.
In queste occasioni, divento un salumiere. Lustro la mia bottega con striscioni e slogan, ci aggiungo qualche brochure pubblicitaria, metto in vista i diplomi, consegno certificati di qualità del prodotto. E magnifico la mia merce, la sua varietà, la sua freschezza, la sua originalità.
Avete presente quelle persone che annusano qualcosa, gli danno un’occhiata e sanno perfettamente se quella cosa è buona oppure no senza neppure averle dato un morsetto?
Be’, con i miei “clienti” è peggio. Scafatissimi, puntano la potenziale ciofeca con una sicurezza da cecchini. Non ti diranno mai che quella ciofeca non venderà neppure un etto (una copia), però lo senti nell’aria, glielo leggi nei gesti. Però ci sono delle volte in cui scopri che sanno ancora rischiare, che assaggiano un certo libro perché gliel’hai proposto nel modo giusto, oppure che sono contenti di comprare una delle tue specialità perché, la volta precedente, ti hanno dato retta e sono rimasti soddisfatti.
Ecco, in questi casi, quando vengono da me e dicono: “Avevi proprio ragione. E’ un libro bellissimo e l’ho pure venduto bene, anche perché ne ero convinto e l’ho spinto molto”, mi piace davvero fare il salumiere.

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19

12 2007

La (carta) cinese

L’articolo intero è qui. Queste, secondo me, alcune cose interessanti:

The Chinese paperback translation of the Harry Potter and the Deathly Hallows the seventh in the series, sells for $9, more than twice the price of its predecessors and a slice out of disposable income that in cities averages less than $165 a month.

Like many manufacturers, publishers in the United States and Europe are turning to Chinese printers to churn out books, reducing their costs by up to 30 percent, according to Pira International, a research and consultancy firm specializing in the print and paper industries.

Penguin UK, a British book publisher, spends about 60 percent of its manufacturing budget in China, a shift that created savings of 20 percent to 50 percent three years ago when it first moved there. Those savings have provided a cushion that the company says will allow the publisher to avoid raising prices — for now.
When Li Ying, a television writer and editor, went to buy a copy of the classic Chinese novel “Family,” he was shocked to find it cost $5.40, nearly twice what he expected to pay.
A 1996 edition sells for less than half online.
People’s Literature Publishing House increased prices for Dan Brown’s novels 20 percent since 2004, selling “Deception Point” for $3.90.
When People’s Literature raised the cover price of the latest Harry Potter installment, fans of the series complained, said an employee in the publishing section who would only give his surname, Wu.
Hu Lichang, a construction worker in Beijing, hunted for bargain copies of the latest Harry Potter book at a recent Beijing book fair before finding a discounted volume for $6.75.
“But even that was expensive,” he said.

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19

12 2007

The Jackal

… altrimenti noto come Andrew Wylie, si fa intervistare qui.
Non importa se non sapete chi è, leggetela lo stesso. Oppure, prima, guardate la sua client list.

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18

12 2007

Contrordine

Spett. CE
con la presente chiedo che mi vengano inviati i seguenti volumi, che saranno segnalati sulla pubblicazione on-line Grama vita di quartiere, supplemento del trimestrale Grama vita di città di provincia.
[segue elenco di otto titoli]

Contrariamente a ciò che si crede, gli italiani leggono moltissimo.
Il fatto è che i libri non li comprano.
Né li prendono in biblioteca.
Né se li fanno prestare.
Li chiedono gratis alle CE.

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15

12 2007

Pendants

Grazie a Pensieri spettinati ho scoperto due blog che, almeno in una cosa, fanno pendant con il mio. Nel senso che i “soltanto oggi” si possono vivere anche in libreria.
Sperando di fare cosa gradita segnalo:
Il fu Mattia Bazar (di cui esiste anche un libro: Il fu Mattia Bazar e altre storie da libreria)
Neurolibreria

Volevo mettere un paio di scambi dialogici per esemplificare, ma i post sono tutti così belli che lascio a voi il piacere.

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14

12 2007

Distrazione o…

Stamattina mi stavo avviando al bagno dell’ufficio armata di manoscritto rovente di stampante.
Non sarà che il mio subconscio mi voleva dire qualcosa sul libro che mi apprestavo a leggere?
Ho un subconscio che legge i libri prima di me?
Quasi quasi lo assoldo come lettore…

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14

12 2007

Stop

Stop alla lettura nel 2007: a confermarlo sono i dati Istat resi noti oggi e pubblicati sul sito dell’Istituto. I lettori negli ultimi 12 mesi di un libro si sono ridotti al 43,1% degli italiani rispetto al 44,1% del 2006. In valori assoluti parliamo di 24 milioni (24.051.000) rispetto ai quasi 24,4 milioni di lettori del 2006. Quasi 400mila lettori persi in un anno e qualcosa come 33mila persi al mese, secondo l’Ufficio studi di AIE.
Dopo anni di progressivo e tendenziale incremento nei lettori italiani, il 2007 è in controtendenza: oggi sono solo 43 gli italiani su 100 che leggono almeno un (uno!) libro in un anno.
Questo risultato è il prodotto di due andamenti contrapposti. Chi legge legge di ancora più: cresce infatti nel 2007 la lettura forte (chi legge più di 12 libri all’anno), passando dal 12,9% al 13,3%. Chi leggeva poco invece (i cosiddetti lettori deboli: da 1 a 3 libri) ha letto ancora meno: nel 2007 è diminuito del 3,5% passando da 11,5 a 11,1 milioni di lettori.

(comunicato stampa dell’AIE)

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12

12 2007

CE & CIA

“Hmmm.”
“Già.”
“Ma chi l’ha letto?”
“Raffaello.”
“Ah. E sì che di solito…”
“Già.”
“Insomma, quando arriva Joanna e lui…”
“Oh, è il punto più…”
“Non dirlo a me.”
“E invece Raffaello…”
“Proprio così.”
“Strano. Insomma, dopo una quarantina di pagine, hai capito che…”
“Anche meno di quaranta.”
“Poi succede quel casino.”
“E in quattro pagine cambia tutto.”
“Joanna compresa.”
“Tu dove sei?”
“Mah, ne ho letto un po’ ieri notte.”
“Anch’io. Fino alle tre.”
“Ah, se per quello, io ho dormito al massimo mezz’ora.”
“Quanto tempo abbiamo?”
“Fino a domani. Ci sono già tre offerte.”
“Be’, allora vado avanti.”
“Be’, certo, anch’io.”

Morale: quando non si vuol far capire se una cosa (un libro) è piaciuta(o) oppure no, nessuno meglio di chi lavora in una CE è in grado di non farlo capire.
Postilla: Lo spirito competitivo è davvero una gran brutta bestia.

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12

12 2007

This is a test

Se oggi vado al cinema a vedere un film con Tom Cruise, so bene che per almeno sei mesi-un anno non avrò la possibilità di vedere un’altra pellicola con il mio attore preferito (vabbè, si fa per amor di esempio). Mi dispero? No, non credo. Protesto con i registi o con i produttori? Ne dubito.

Allora perché, nel caso di un libro, si ricevono ansiose richieste sul genere: “Quando uscirà il nuovo libro di John Johnson?” se il nuovo – l’ultimo – libro di John Johnson è in libreria da poco più di una settimana?

Seguitemi, per favore.

Prendete il libro di un autore che vi piace (e che non è ancora stato tradotto). Armatevi di un word processor, di un dizionario e di un cronometro.

Poi traducete una pagina di quel libro, calcolando quanto tempo ci mettete.

Mettete da parte la traduzione per due-tre giorni.

Riprendetela in mano, rendendovi conto che ci sono cose da sistemare, da limare, da correggere (state sempre cronometrando, vero?).

Fate leggere la vostra traduzione a qualcuno, che deve capire quello che avete scritto.

Tornate a limare e a correggere (tic, toc, tic, toc…).

Moltiplicate il tempo ottenuto per il numero delle pagine di cui è composto il libro.

Poi raddoppiatelo (vorrete ben rivedere la traduzione intera, no?)

Ecco: questo, in modo molto approssimato (per difetto) è il tempo necessario per fare una traduzione.

Aggiungetevi almeno il tempo della revisione redazionale, della lettura delle bozze, della prenotazione del libro, della stampa, dell’arrivo in libreria (semplifico moltissimo, eh?).

Ecco: per pubblicare un libro, questo è il tempo minimo.

Eppure qualcuno ha scritto alla CE chiedendo se potevamo far uscire prima di Natale un certo romanzo di un certo autore perché lui (lo scrivente, non l’autore) doveva assolutamente regalarlo a suo cugino.

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10

12 2007

Quanto vuoi?

Domanda

Cara CE,
vorrei pubblicare il mio manoscritto. Potete per cortesia indicarmi quali sono le vostre tariffe?
Cordiali saluti,
Vanino Vanini

Risposta

Gentile signor Vanini,
abbiamo il timore che la sua lettera sia stata erroneamente recapitata a questa CE. Da autore, infatti, supponiamo che lei sia anche un avido lettore, un frequentatore di librerie (o magari di biblioteche): a quale scopo, infatti, scrivere un libro se non si è profondamente appassionati del suo essere “oggetto da leggere”? Ci scusi questa tautologia e ci scusi anche se ribadiamo qualcosa che lei sa benissimo e cioè che il compito di una CE è quello di selezionare i libri da pubblicare, cioè di operare scelte. Discutibili? Ma ovvio, fin che si vuole. Determinate anche da esigenze commerciali? Senza dubbio. Eppure comunque scelte. Senza contare che le CE serie non richiedono soldi agli autori, anzi riconoscono loro diritti, appunto, d’autore. Se una CE diventa un servizio, insomma, perde la sua dignità e smarrisce la ragione primaria della sua esistenza.
Ecco perché crediamo che la sua missiva, probabilmente indirizzata a una tipografia, sia giunta per errore a noi.
Dispiaciuti dell’inconveniente, le porgiamo i nostri più cordiali saluti.

Segreteria editoriale
CE XYZ

P.S. In caso avessimo travisato le sue intenzioni – se cioè lei fosse veramente interessato a pagare per veder pubblicato un suo libro – la invitiamo a leggere l’inchiesta di Silvia Ognibene apparsa su Cabaret Bisanzio (la prima puntata è qui). O, meglio ancora, ad acquistare il libro che la Ognibene ha tratto dalla sua inchiesta e che s’intitola Esordienti da spennare.

Postilla
Non ho nulla contro chi vuole vedere il proprio libro “in bella copia”, contro chi ne vuole avere cento-duecento esemplari per autopromuoversi. Ho molto contro chi vuole approfittare di questo desiderio. E ho molto anche con chi vuole essere autore senza neppure sapere la differenza tra un editore normale e uno a pagamento.

(grazie a Benjamin, di un’altra CE, per tutto)

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06

12 2007

Mai più senza

1. How to Avoid Huge Ships by John W. Trimmer
2. Scouts in Bondage by Michael Bell
3. Be Bold with Bananas by Crescent Books
4. Fancy Coffins to Make Yourself by Dale L. Power
5. The Flat-Footed Flies of Europe by Peter J. Chandler
6. 101 Uses for an Old Farm Tractor by Michael Dregni
7. Across Europe by Kangaroo by Joseph R. Barry
8. 101 Super Uses for Tampon Applicators by Lori Katz and
Barbara Meyer
9. Suture Self by Mary Daheim
10. The Making of a Moron by Niall Brennan
11. How to Make Love While Conscious by Guy Kettelhack
12. Underwater Acoustics Handbook by Vernon Martin Albers
13. Superfluous Hair and Its Removal by A. F. Niemoeller
14. Lightweight Sandwich Construction by J. M. Davies
15. The Devil’s Cloth: A History of Stripes by Michel Pastoureaut
16. How to Be a Pope: What to Do and Where to Go Once You’re in the Vatican by Piers Marchant
17. How to Read a Book by Mortimer J. Adler and Charles Van Doren

17 Unusual Book Titles (by the editors of Publications International, Ltd.), via Howstuffworks

E non vi dico quali sono i romanzi e quali i saggi…

P.S. Il numero 16 appartiene a una serie. Io ho How to Be President: What to Do and Where to Go Once You’re in Office e vi assicuro che è bellissimo, oltre a essere molto divertente.

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06

12 2007

Cuccaggio letterario

C’è una nuova moda nelle proposte letterarie (italiane): sono ormai quattro (in due settimane) i libri arrivati che hanno come argomento la difficile arte delle avance, teoria e pratica. Due manuali, un romanzo(-verità?), una storia vera(-romanzo?). Cosa sta succedendo ai maschi italiani? Dove sono finiti gli autori tutti sospesi tra Palahniuk e Baricco, che infiorano di argute citazioni letterarie le loro opere, ma non temono di squarciare il tessuto narrativo con particolari che travalicano il macabro? Dove si sono nascosti i Camilleri della Valle di Scalve e i Faletti  del Biviere di Gela? Quasi quasi comincio a sentirne la mancanza…

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05

12 2007

Tempo totale modifica

30.986 minuti. Pari a 21,5 giorni interi.

Ho finito.

Ne è valsa la pena? Forse, nel senso che adesso il libro è leggibile.

Lo rifaresti? Be’, so che prima o poi ricapiterà.

Che cos’hai imparato? Nulla (maledizione dell’esperienza) . Ma l’idea che i libri si scrivano anche con squadra, righello, bussola, calcolatrice e matita (per meglio cancellare) è, in questo momento, più forte che mai. Non è sufficiente la buona idea. Non è sufficiente l’inventiva. Non è sufficiente lo stile. Ci vogliono radici, fuori della storia narrata e dentro di essa. Saper raccontare è un lusso che si conquista.

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03

12 2007

Sottoscrivo

Mi chiedono sempre: come fate voi editori a scegliere i libri? Un tempo rispondevo con la celebre battuta del musicista John Cage: “È una domanda così buona che non vorrei rovinarla con una cattiva risposta”. Perché se ci provi, a rispondere, una volta su due l’interlocutore prosegue: “E allora posso mandarle il mio romanzo storico su Venezia ‘Gondole a mezzogiorno‘?”. Oppure: “Senta, io ho una zia che scrive, le manderà il romanzo marinaro d’avventura ‘Vongole a mezzanotte‘”. Però un’indicazione su come presentarsi agli editori si può dare: bisogna avere un po’ di congruenza. In montagna non andate con pinne e maschera da sub, e se andate a un appuntamento d’amore vi lavate i denti (no?). Quindi, se Castelvecchi è editore di nuove tendenze, inutile mandargli una novellona “gothica” (con il “th” metallaro), ambientata in una cattedrale romanica romena: va spedita a Gargoyle, editore di genere horror-cult. Se Raffaello Cortina pubblica psicologia, vorrà leggere di archetipi e inconscio, non di narrativa rosa. A Carlo Gallucci, il miglior editore per l’infanzia, non dovete proporre storie su (o scritte da) venticinquenni fuori di testa, che trovano più facilmente dimora dal Castelvecchi medesimo. Avete proposto a Marco Cassini, che fa narrativa americana da Minimum Fax, il saggio “Come risolvere il problema gestionale delle public utilities leggendo Ovidio”? Peggio per voi. D’altro canto, se siete tanto pazzi (o tanto geni, chissà) da aver intitolato un libro così, di anticamera ne farete parecchia. Noi editori paghiamo ancora, dopo cinquant’anni, la “tassa Lampedusa”. Cos’è? Sta nel pacchetto dell’ultima Finanziaria? No: è un evergreen, un classico da conversazione. Dopo averci agganciato, il tenace aspirante dice: “Se fosse stato per editori come lei, “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa sarebbe rimasto un inedito. Lo sa quanti editori lo rifiutarono?”. Questa sì che è una domanda. Una domanda così buona che non vorrei rovinarla con una cattiva risposta.

Alberto Castelvecchi

(pubblicato su D la Repubblicadelle Donne, n. 576, 1° dicembre 2007, p. 159)

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01

12 2007

Facciamo un bello schevzo (cit.)

La strada potrebbe essere quasi catalogato come un’opera di fantascienza, ben piantata nella solida tradizione del filone catastrofico-apocalittico, se non fosse anche il romanzo di McCarthy più intenso, visionario e definitivo, oltre che uno dei più belli e struggenti che il nuovo secolo ci abbia, per ora, offerto. (da L’Indice)

Ecco: è quel “se non fosse” che mi turba. Come se le cose dette prima e dopo quella frasetta fossero incompatibili. “Anna Karenina potrebbe essere quasi catalogato come una storia d’amore…” “La Certosa di Parma potrebbe essere quasi catalogato come un romanzo di formazione…” No, non gira benissimo.

E allora, visto che il passaparola dei lettori è un’arma formidabile, “facciamo un bello schevzo” (cit) al panorama culturale italiano, andando in giro a dire: “Ehi, psss… Ma tu lo sai che La strada di Cormac McCarthy è soprattutto uno straordinario romanzo di fantascienza?”

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30

11 2007

On – oh – so many levels

Il National Book Critics Circle ha deciso di creare una “Best Recommended List” di libri da diffondere ogni mese. E ha lanciato un sondaggio tra i suoi 800 membri e tra coloro che sono arrivati in finale del National Book Critics Circle Award, un premio che assegnano dal 1975. Qui trovate l’annuncio e i libri vincitori del 2007; qui i vincitori degli anni passati. Niente da dire. Ma la cosa interessante è la dichiarazione di John Freeman, presidente del National Book Critics Circle, sulla nuova iniziativa.

“Best-seller lists really only show people what’s selling, not what people are reading. Recommendations are personal because it means someone has actually read that book. And who better to ask than award-winning poets, novelists, historians and critics?”

Questa posizione non mi convince on – oh – so many levels.
Almeno tre.

1) “Best-seller lists really only show people what’s selling, not what people are reading.” Cosa vuol dire? Che la gente compra e non legge? Forse. Ma, se legge, allora, cosa legge? Compra un libro e poi va in biblioteca a prenderne un altro? Compra la novità, però poi ripesca dalla libreria di casa un volume lasciato in eredità dalla nonna? Comportamenti possibili, certo, ma improbabili. Se vogliamo parlare della “correttezza” delle classifiche è un conto, ma se milioni di persone hanno comprato il libro X e le librerie si sono riempite di libri simil-X e sia l’uno sia gli altri non sono stati letti, allora è chiarissimo il motivo per cui Mr Brown non ha ancora pubblicato il seguito del libro X: ha paura che, a differenza del primo, tutti lo leggano e gli facciano le pulci.

2.) “Recommendations are personal because it means someone has actually read that book.” Ah, come tautologizzano gli americani non tautologizza nessuno. No, non c’è nulla di sbagliato, in realtà. Benché spesso non sia affatto così. Non ricordo chi ha detto: “Se una frase comincia con ‘Ho letto che…’ è assai probabile che sia una bugia.”

3.) “And who better to ask than award-winning poets, novelists, historians and critics?” Forse qualcun altro. Individuare esattamente chi non è facile (se lo sapessimo, noi delle CE…) Però partirei dal basso, per esempio da un collega acuto, da un’amica di sempre. Sì, rimane il problema del punto 2, ma si fa in fretta a sgamare il mentitore. Certo, se amo uno scrittore e lui dice: “Ho scoperto Raffaello Raffaelli: è un talento straordinario”, corro a comprarlo. Ma i poeti (che siano award-winning, però. Evidentemente, prima del Nobel, una come Wisława Szymborska non era affidabile) e i romanzieri vivono nel loro mondo, nella loro personalità, nel loro stile. Non sto dicendo che sono acritici, ma che, se si confrontano con altri, lo fanno dal loro personalissimo (vivaddio!) punto di vista. Si confrontano. E il confronto è uno-a-uno. Credo che lo stesso discorso si possa fare con gli storici. E i recensori? Be’, forse loro potrebbero. Sì, se ci fossero recensori meno impegnati a reggere la fiaccola della Cultura, forse anch’io darei loro ascolto. E per piacere, non per dovere.

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30

11 2007

Look up the number*

55.000 libri pubblicati ogni anno in Italia

1057,6 libri pubblicati ogni settimana in Italia

150, 6 libri pubblicati al giorno in Italia (festivi compresi)

6,2 libri pubblicati all’ora in Italia

E io sto rivedendo un libro da 20 giorni interi. Mi sento in colpa: evidentemente sto abbassando la media.

* Questa è per patiti…

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29

11 2007

The long and winding road*

Non sono di certo rivelazioni, quelle che scrive Motoko Rich in questo articolo del New York Times. Perché si legge? O, meglio, cosa spinge a leggere e poi a continuare a farlo? La risposta classica, sintetica e un po’ demoralizzante (o forse no) è: Mah. Ognuno sceglie la propria strada (e sceglie soprattutto se imboccarla oppure no). Due cose, però, mi sembrano degne di nota. La prima la dice Jonathan Galassi di Farrar, Straus and Giroux:

“What I find with readers today is they don’t go off on their own to another book. They wait for the next recommendation.”

Ovviamente si riferisce al mercato americano, alle spinte poderose di un fenomeno come Oprah, che in Italia non c’è. Ma, come sempre con ritardo e in scala minore, è chiaro che anche da noi la tendenza è quella. Di recente, in una libreria, ho visto fascette artigianali con la scritta VISTO DA FAZIO, che poi altro non sono se non l’aggiornamento del tormentone: “Scusi, vorrei il libro di cui hanno parlato da Costanzo ieri sera…” Bene? Male? Non mi formalizzo. Qualsiasi cosa serva a far imboccare la strada per me va bene, anche se, come dice l’autore, innestare il meccanismo è tutt’altro che facile.
La seconda è dell’autore:

Readers who want to know they are not alone are finding reflections of themselves in the confessional blogs sprouting across the Internet. And television shows like The Sopranos or Lost can satisfy the hunger for narrative and richly textured characters in a way that only books could in a previous age.

Sono d’accordo, nel male (ah, i confessional blogs… anche se, per fortuna, i blog non sono tutti confessional) e nel bene (le serie televisive). E spero tanto che questa “hunger for narrative and richly textured characters” prima o poi scopra di poter essere saziata con uguale soddisfazione nei libri. Non sarebbe la scoperta del secolo, ma sarebbe comunque una gran bella scoperta per molti.

* Sì, lo so. Faccio ancora qualche titolo con i Beatles poi basta, promesso.

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28

11 2007

I wanna be a paperback writer

Qualche considerazione sparsa su un pezzo di Tiziano Scarpa (via Phonkmeister).

Forse per contrastare un abbassamento della qualità delle prestazioni, o per agevolare la scelta del consumatore e dell’utente, in un caos di proposte commerciali in cui è difficile orientarsi: in questo mare di ciofeche, noi ti offriamo l’eccellenza.
La mia impressione è che questo stia accadendo anche nella narrativa. La sovrapproduzione di romanzi rischia di portare la narrativa a una situazione simile a quella, ormai collassata, della poesia: moltissimi scrivono, tanti pubblicano, pochi leggono.

Embè? Senza contare che il paragone con la poesia mi pare non regga proprio.

Un tempo era la critica letteraria a mettere un ideale il bollino di qualità su un libro. Da qualche anno, ciò che decide il successo di un romanzo è sempre più spesso la strategia pubblicitaria, attuata nei modi che abbiamo imparato a conoscere.

Vero e falso. Indubbio: la pubblicità è un traino decisivo. Ma la critica letteraria (proprio perché letteraria) ha sempre snobbato i romanzi commerciali (o d’eccellenza come li chiama Scarpa). E poi mi ribello al fatto che il “bollino di qualità” lo mettano i critici. Consigliare, indirizzare va bene. Decidere, no.

Quali sono gli ingredienti del romanzo d’eccellenza?
1) dev’essere di grande mole, meglio se supera le 500 pagine, in modo da mostrare a colpo d’occhio, persino senza bisogno di leggere il titolo e l’autore, che lo scrittore è un professionista del romanzo, non uno scribacchino della domenica né una rockstar incontinente né un politico vanesio né una casalinga con tanto tempo libero né un professore di liceo che ha messo insieme un centinaio di paginette nelle ferie estive e ha avuto la fortuna di trovare un editore ecc.

Davvero non lo seguo: possibile che non gli sia mai capitato lo “scribacchino della domenica” che manda la prima “puntata” [500 cartelle fitte fitte] del suo romanzo storico, sostenendo “ho già pronti due seguiti”? Possibile che non abbia mai sentito It’s a thousand pages, give or take a few, / I’ll be writing more in a week or two?

2) dev’essere un romanzo storico che abbia richiesto lunghe ricerche, o un noir molto accurato nella rappresentazione documentaria; qualcosa che sia fondato su un valore culturale condiviso, o comunque sancito da storia, mitologia o cronaca: magari per proporre storie e mitologie e cronache alternative o poco note;

Mi sfugge il lato negativo di tutto ciò. E credo che sfugga anche a parecchi autori (anche a quelli “letterari”) degli ultimi duecento anni.
Ci sarebbe altro, ma qui mi fermo.
Continuiamo così, facciamoci del male. Continuiamo a piangere sullo scrittore “ispirato” e, nel contempo, a piangere perché gli italiani non leggono.

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11 2007

Metti…

“Parecchio pietrificata invece la classifica dei libri più letti [in Spagna], con Al Gore, il Papa e Aznar nella saggistica, e fra i romanzi invece la solita compagnia di giro internazionale (Crichton, Littell, Khaled Hosseini). Spicca però Vida y destino di Vasilij Grossman, libro capitale e meraviglioso del Novecento, che gli spagnoli possono leggere in una nuova edizione e gli italiani invece no, perché lo pubblicò Jaca Book, è esaurito da anni, e chi non è abbastanza vecchio o abbastanza fortunato da averne una copia, peggio per lui. Si nutra della fuffa cartacea che l’editoria riversa in libreria, oppure emigri, per esempio in Spagna.”

Metti una giornalista che scrive di libri su un importante quotidiano e che parla di libri in un programma di successo. Metti che lo faccia in un Paese in cui 20.300.000 persone (il 37 per cento della popolazione di 6 anni e più) non hanno letto neanche un libro negli ultimi dodici mesi (rapporto “I cittadini e il tempo libero”, indagine Istat, maggio 2006).

Allora ti viene da pensare: be’, certo, se fosse disponibile Vita e destino e non “tutta la fuffa cartacea che l’editoria riversa in libreria” (fuffa che comprende, chessò, Günter Grass e Philip Roth, tanto per dire i primi due nomi che vengono in mente) le cose sarebbero molto diverse. Tutti si precipiterebbero a comprarlo, evitando altresì il comprensibile disagio di un trasloco in Spagna.

E poi ci si chiede perché in Italia c’è molta, troppa gente che non ama andare in libreria, che si sente a disagio davanti all’oggetto-libro… Se questa è la posizione di chi dovrebbe aiutare a superare questo disagio, a far capire che la lettura può essere anche piacevole (per il 29,8 per cento del campione Istat la lettura è “noiosa”), allora la strada è veramente lunga e difficile.

Che tristezza.

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11 2007

Mele verdi

Ve lo ricordate lo shampoo Campus alla mela verde? No? Allora: era molto in voga qualche anno fa (alla faccia dell’eufemismo), veniva venduto in una confezione verde, col tappo tondo (simil-mela) e l’etichetta riportava l’immagine di una donna che, al posto dei capelli, aveva delle mele (verdi naturalmente). Aveva un profumo davvero rivoltante, però questo non ne aveva impedito il successo. Ora: quanti di voi, sull’onda della nostalgia o della curiosità, si sognerebbero di andare al supermercato e di mettersi a discutere con una cassiera o un responsabile perché sugli scaffali non ha trovato quello shampoo?
Spero nessuno.
Con i libri non è diverso. Il libro, in genere, prima o poi, muore, nel senso che non viene più ristampato; le copie in circolazione si esauriscono o vengono restituite all’editore che le manda al macero (costa, sapete, tenere i libri fermi in magazzino). Da quel momento in poi, chi vuole leggere quel libro dovrà incrociare le dita: magari lo scoverà in biblioteca, magari lo troverà frugando su una bancarella o cercando su ebay. Ma l’editore non può farci più nulla. Non ce l’ha più.
In una frase: il libro è esaurito.
Per alcuni, questa frase non ha senso.
E così, soprattutto sotto Natale, siamo bombardati di richieste di libri apparsi negli anni ’80 o ’90 (talvolta anche in epoche “più antiche”). E sono richieste che cominciano tutte con una delle seguenti frasi “Il mio libraio mi ha detto che è esaurito, però…” “Sul vostro sito c’è scritto che è esaurito, però…” “Sul vostro catalogo non ce n’è traccia, però…” E spesso finiscono in tono indignato; “Ma com’è possibile che questo libro sia esaurito?” “Non vi rendete conto che il libro da me richiesto è un capolavoro?” eccetera.
Lo so, è brutto che un libro muoia. E la coda lunga è una gran bella cosa. Ma prima che sia applicabile a noi, passerà un sacco di tempo.

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11 2007

Their best, Our betters*

Dovevo comunque darci un’occhiata, quindi riporto qui per voi i primi dieci posti di Editors’ Picks: Top 100 Books of 2007 e la Top 10 Editors’ Picks (2007): Literature & Fiction (la non fiction è troppo “locale”) di Amazon.com. Da quello che so, quasi tutti questi libri sono stati acquistati in Italia (e quindi prima o poi usciranno. Quelli con il titolo in italiano sono già usciti). Strapotere americano, superiorità di marketing o eccellenza?

Editors’ Picks: Top 100 Books of 2007 (qui l’elenco completo)

  1. Kahled Hosseini, Mille splendidi soli
  2. Junot Diaz, The Brief Wondrous Life of Oscar Wao
  3. J. K. Rowling, Harry Potter and the Deathly Hallows
  4. Alan Weisman, The World Without Us
  5. Conn Iggulden, Il pericoloso libro delle cose da veri uomini
  6. Chelsea Cain, Heartsick
  7. Denis Johnson, Tree of Smoke
  8. Ishmael Beah, A Long Way Gone: Memoirs of a Boy Soldier
  9. Atul Gawande, Better: A Surgeon’s Notes on Performance
  10. Stephen Colbert, I Am America (And So Can You!)

Top 10 Editors’ Picks (2007): Literature & Fiction

  1. Kahled Hosseini, Mille splendidi soli
  2. Junot Diaz, The Brief Wondrous Life of Oscar Wao
  3. Roberto Bolano, The Savage Detectives
  4. Denis Johnson, Tree of Smoke
  5. Richard Russo, Bridge of Sighs
  6. Aryn Kyle, The God of Animals
  7. Dinaw Mengestu, The Beautiful Things That Heaven Bears
  8. Anne Enright, The Gathering
  9. Maggie O’Farrell, The Vanishing Act of Esme Lennox
  10. Don DeLillo, Falling Man

*Our Betters (1933) è un bellissimo film di George Cukor con Constance Bennett.

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11 2007