Sovraccarico

Immaginate di trovarvi in una grande libreria in cui ci sono solo libri che non avete mai letto. Potete prendere quello che volete, ma a tre condizioni: avete un tempo limitato; se valutate un libro e poi lo mettete giù, non potete più riprenderlo; se scegliete un libro, vi impegnate a parlarne a chiunque, a difenderlo e a diffonderlo con convinzione.
Se mi avete seguito fin qui, vi siete fatti un’idea (di una parte) della mia quotidianità.
Poi ci sono momenti in cui la “libreria” si allarga a dismisura. Nelle ultime due settimane, per esempio, ho ricevuto una valanga di “liste” di autori e di libri da CE straniere e AA. Un migliaio di pagine, con circa quattro “presentazioni” per pagina. A ciò, vanno aggiunti i libri – i manoscritti –, al ritmo di cinque-sei al giorno, per una media di tre-quattrocento pagine ciascuno. Fate voi i conti.
Lungi da me sostenere che l’ansia, la pressione, le richieste dall’esterno e dall’interno – insomma tutte quelle cose che portano a un sovraccarico di lavoro – siano caratteristiche che appartengono soltanto alle CE. Ma forse qui, sotto lo sbrindellato ombrello della “cultura”, tra superlativi assoluti e dati di vendita, tra storie incredibilmente vere e storie credibilmente inventate, tale sovraccarico si sente un po’ di più, se non altro a livello emotivo.
Almeno finché non ci si imbatte nella presentazione del calendario 2010 tratto dal bestseller What’s Your Pee Telling You?
E si torna sulla terra.
Con una bella risata.

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15

04 2009

Tra CE e realtà

Vi mando la metà del mio romanzo, così mi dite se vale la pena continuare…

“Sì, ho fatto l’orlo solo a una gamba dei pantaloni perché così li porta un po’ e poi mi dice se la lunghezza va bene e se posso fare anche l’altro”.

Il mio romanzo non è ancora finito, ma vi mando i primi dieci capitoli…

“Come dice? Manca il cestello della lavatrice che le abbiamo consegnato? Be’, lei intanto decida se le piace, poi magari gliene procuriamo una intera…”

… ma nel cassetto ho altri cinque romanzi…

“Va bene, prendo questo portafoglio.”
“Eh, no, se prende il portafoglio deve prendere l’intera serie: ventiquattrore, borsone, trolley, baule, borsa a mano, borsa a tracolla, beauty da viaggio, cartella portadocumenti, pochette, zaino, valigia grande, media, piccola…”

P.S. Ci sono. Poco e male, ma ci sono.

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14

04 2009

Cieca

Boccio un manoscritto. Un romanzo italiano, caduto nella casella email della CE come mille altri. No, non l’ho letto tutto. Sì, ho dato una risposta abbastanza generica. Era brutto e basta, con una trama in pesante debito d’ossigeno e un interesse il cui livello era pari a quello della Fossa subglaciale Bentley (parere soggettivo, ovvio, però a me l’hai chiesto, dunque…)
Neanche il tempo di cliccare invio, e mi arriva una lunghissima email di risposta dall’autore. Che all’inizio non lesina acidità e rabbia (come prevedibile). Ma poi gioca una carta abbastanza a sorpresa: non è che lui voglia per forza essere pubblicato. E’ il mondo che lo vuole, che ha bisogno del suo romanzo, perché non vede l’ora di liberarsi di certi pseudo-scrittori, capaci soltanto di sfruttare le debolezze di tutti noi, intossicati da un veleno non meglio precisato. Il suo romanzo avrebbe aperto i cuori e i pori, avrebbe avuto un potere taumaturgico, avrebbe cambiato la rotta della letteratura italiana (e non solo), spingendoci verso lidi baciati dal sole dell’ottimismo.
Cieca io a non averlo capito.
Sarà, però io ho ancora male alla schiena come una settimana fa, devo farmi una pulizia del viso e pure l’umore non è che sia tersissimo.

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03

04 2009

Insert title here

Ormai ho in uggia il processo che conduce al titolo di un libro. Forse ne ho battezzati troppi, ma brucerei volentieri una foresta di bastoncini d’incenso in onore di ogni autore il cui libro ha un titolo che rientra nelle categorie dei “traducibili” e degli “efficaci”. In entrambe, ovviamente. Perché una sola non basta.
E no, non li voglio neanche ascoltare, i puristi del titolo originale. Perché mi possono fare mille esempi e io posso far loro mille controesempi. Stallo.
Talvolta mi viene voglia di lanciare la moda del titolo originale-originale. Nella lingua d’origine, cioè. Certo, poi verrebbero fuori cose del tipo Ihmislapsia elämän saatossa e vi voglio vedere, in libreria.
Tutto ciò per dire che, da quando ho trovato questo blog, mi sento meno sola.

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02

04 2009

Soltanto oggi (LXI)

Classificazioni
Vorrei mandarVi il mio romanzo ma non so di quale genere fa parte e mi chiedo se me lo potete dire Voi.

Tomi
Non riesco a unire il mio romanzo in un solo tomo quindi ve ne manderei due.

01

04 2009

Diffidare!

[dal taccuino di Catriona]

Le prime trenta pagine del testo non conquistano? Diffidare costruttivamente. Andare avanti, ma leggendo solo le pagine dispari.

Leggere le prime dieci pagine di un romanzo e poi le ultime dieci. Si capisce (quasi) tutto? Diffidare intensamente.

Diffidare istantaneamente dei romanzi di cui si anticipano le battute. Di dialogo, non quelle scherzose. Be’, anche tutt’e due, comunque.

Diffidare preventivamente di qualsiasi autore che, nella pagina del copyright, mette frasi in cui sono presenti le parole “divino”" e “Signore”.  E usa la maiuscola per gli eventuali possessivi.

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31

03 2009

Priorità

Riflessioni nate in una domenica passata a scorrere le ultime proposte americane.

  1. Una ragazza brutta è meglio di una bella.
  2. Un sedere è meglio di una testa.
  3. Una cucina è meglio di un bunker.
  4. Un viaggio è meglio di una cucina.
  5. Una morte è meglio di una nascita.
  6. Una seduta psicanalitica è meglio di un delitto.
  7. Un cane è meglio di un paesaggio.
  8. Un gatto è meglio di un cane.
  9. Un bambino (asiatico, africano, eccetera) è meglio di un gatto.
  10. Un ceffone è meglio di un bambino.
  11. Ma non c’è nulla di meglio di Obama.

(ovviamente ispirato a questo)

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30

03 2009

Ingiustizia

E ci sono i sommelier che bevono una stilla di vino e ti sanno persino dire se quel grappolo l’ha vendemmiato Maria o Umberto.
E ci sono le donne che, con un’unica occhiata, ti sanno dire se il vestito che hai addosso ha una punta fucsia di troppo, se le tue scarpe hanno una macchiolina di fango sotto la suola o se l’ombreggiatura dell’occhio sinistro è asimmetrica (quest’ultima è una citazione, ma la capiamo in due).
E ci sono gli uomini che, in un picosecondo, catalogano automobili con una puntigliosità che neanche Mendel.
E poi ci sono io, che boccio senza remissione un testo dopo averne letto due pagine.
Però soltanto a me dicono: “Ma come fai? E’ impossibile!”
E se ne vanno borbottando, nient’affatto persuasi.

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27

03 2009

Eufonisti Anonimi

“Ciao, mi chiamo Catriona e amo le d eufoniche.”
[La sala in coro: "Ciao, Catriona."]
“La mia storia è uguale a quella di molti altri: prima di lavorare in una CE, mettevo d eufoniche dappertutto. Non riuscivo a trattenermi, anzi non ci provavo neppure perché mi sembravano indispensabili. Suonavano pure… eleganti.”
[Mormorii di comprensione.]
“… poi sono entrata in una CE e ho incontrato loro, le regole interne per l’uniformazione dei testi. In base a quelle regole, le d eufoniche erano proibite, a parte negli incontri di vocali uguali. Il primo periodo è stato difficilissimo. Dovevo ripassare ogni pagina per controllare di non averne lasciato neppure una…”
[Dal fondo della sala: "Anch'io! Anch'io!"]
“… ma, alla fine, grazie anche all’esempio di molti altri che si trovavano nella mia stessa situazione, sono riuscita a liberarmi della mia dipendenza. Certo, quando ho scoperto che pure l’Accademia della Crusca sconsigliava l’uso di ‘od’, mi è venuta voglia di ribellarmi e di lasciarlo… Talvolta ho addirittura pensato di aggiungerlo.”
[Mormorii di comprensione.]
“… ma poi sono tornata sui miei passi. Adesso, come tutti voi, mi accontento di usare le d eufoniche nella lingua parlata e ho un pieno controllo su di loro quando scrivo o rivedo.”
[Applausi calorosi.]
“Grazie, grazie. Vi ricordo che la prossima riunione degli Eufonisti Anonimi si terrà la prossima settimana. Sono però aperte le iscrizioni per i gruppi di ‘Refusisti Ossessivi Anonimi’.”

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26

03 2009

Ora diche un poesie

Oh, traduttore, traduttor valente,
perché mi lasci coll’incompetente?
Oh, traduttor, che ben sai parlare,
vieni da a me, c’ho il mio bel daffare
a distillare avverbi, a scioglier frasi,
di un beota che ignora pur le basi
di quella lingua che saper dovrebbe
e che con lui, invece, spirerebbe
tra spasmi atroci di congiuntivi errati
e sostantivi per lo più azzardati.
Come render concetti assai contorti
in una lingua che elevi e conforti
procurando con ciò a’ miei lettori
minor rabbia e assai minor dolori
e innalzando così la lor lettura
ben al di sopra di cotal bruttura?

(Nata in un momento di sconforto con l’imprescindibile collaborazione di Mr Potts. Lo so, non è perfetta, ma dà l’idea.)

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25

03 2009

Ci sono

Ci sono delle volte in cui leggi qualcosa e vedi i personaggi che parlano e ne senti persino l’intonazione e ne immagini addirittura i vestiti, anche se l’autore non ha esplicitato nulla.
Ci sono delle volte che ti arrabbi, perché la storia all’improvviso si mette a scalciare e corre, corre verso un finale amaramente sbagliato. E magari la corsa è cominciata a pagina venti (su trecento).
Ci sono delle volte che ti piange il cuore, ma proprio non puoi. Perché quel libro ha bisogno di altre mani per arrivare dove deve arrivare, e tu non le hai davvero, quelle mani. Ma speri che qualcuno le abbia e le usi.
Ci sono delle volte che ti piange il cuore, ma proprio devi. Per mille ragioni, non necessariamente meschine. Però non ne fai una malattia, perché comunque la selezione naturale vale pure per i libri. Ovvio che è lenta, ma c’è.
Ci sono delle volte in cui noi delle CE siamo molto, molto emotivi. Per nostra fortuna.
Vostra non so.

P.S. In tema di emotività, Violetta mi ha chiesto di fare un cameo sul suo bellissimo Past Attractions. Sfrontata come sempre, ho accettato. E indovinate un po’ su quale film mi sono sdilinquita…

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24

03 2009

Rogna

La rogna di questo mestiere non finisci mai di grattartela.
Va bene, lo dico in modo più elegante: chi fa questo lavoro non stacca mai.
Se sei un creativo (l’autore), te la sei cercata e ci sguazzi anche un po’. E’ una tua prerogativa.
Ma se sei un artigiano – il sarto e non lo stilista, l’operaio e non il designer – ogni tanto vorresti pure dimenticare stoffe e bulloni. Invece non ce la fai.
Sei sempre lì ad annusare, a cercare, a farti domande, a inquisire. “Interessante questo articolo… se ne potrebbe fare un libro?” “Però, adesso che ci penso, di recente nessuno ha scritto qualcosa su…” “E se gli chiedessi di tagliare tutta la parte ambientata in campagna? Già, però, come lo tiri fuori il personaggio di lei, allora?” “Ehi, tu, ragazzo, si può sapere perché hai passato ai raggi X uno dei miei libri e poi l’hai rimesso giù, senza comprarlo?”
Per di più, ovviamente, ti ritrovi a leggere in continuazione, soprattutto di sera, di notte e nei fine settimana, perché di giorno c’è altro da fare.
No, non mi sto lamentando.
Ma tutto ’sto grattare qualche segno lo lascia.
Tipo sentirti in colpa se, nel fine settimana, leggi qualcosa che non c’entra nulla con il tuo lavoro.
Tipo sbirciare il libro che sta leggendo Mr Potts e mettersi subito a contestare le scelte lessicali.
Tipo guardare il cartello appeso di fianco all’ascensore e notare soltanto gli errori grammaticali.
Uffa. Sgrat, sgrat.

23

03 2009

Tanto poi

Secondo me la conoscete, perché non importa in quale campo lavoriate, prima o poi capita a tutti. Io la chiamerei “la maledizione del tanto poi”. Colpisce quando più persone fanno (o controllano) la stessa cosa in momenti diversi. Il pensiero non si forma neppure, eppure è lì, viscido e tranquillizzante insieme: “Tanto poi c’è lui che controlla…”; “Tanto poi passo il lavoro a lei e se c’è qualcosa di sbagliato se ne accorgerà…”; “Tanto poi ci sono loro, che sono bravissimi a notare gli errori…”
Come si manifesta?
Quando, da da tre uffici diversi, poco prima frizzanti di gioia perché era finalmente arrivato il libro frutto del loro lavoro, pronto per essere donato al mondo, si alza all’unisono un vibrante “Ma porc…”
E poi cade il silenzio.

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20

03 2009

Soltanto oggi (LX)

Io non lo so
Perchè non pubblicate mai delle guide per le isole dell’adriatico? mi interesserebbero molto per le mie vacanze.

Lui lo sa
So che pubblicare è molto caro (tra carta, stampa ecc. ecc.) ma il mio libro è piccolo e non Vi costerebbe molto [...]

19

03 2009

Consulto

Cominci il testo con un “si” impersonale, che poi diventa un “io”, che poi diventa un “noi”. Senza nessuna giustificazione logica, anche perché immergi i suddetti pronomi in quaranta righe puramente descrittive. E vai avanti così per tutto il libro.
Ti attardi a descrivere il colore di ogni capo d’abbigliamento e ogni cambio di capo d’abbigliamento. Il perché, arrivata a fine romanzo, continua a sfuggirmi.
Lanci un personaggio in un excursus storico di notevole estensione (quasi due pagine) neanche fosse Giacobbo. E l’unica reazione che evidenzi è quella del suo interlocutore che esclama: “Ma tutto questo lo so benissimo”. Ripeti la cosa più e più volte. Anche sullo stesso argomento.
Mi chiedi: è grave?
Abbastanza. Sei affetto da “cecità neoautoriale”, una sindrome che colpisce la maggior parte degli scrittori esordienti e che impedisce loro di vedere qualsiasi difetto della loro opera, anche il più macroscopico.
Vuoi sapere: si può guarire?
Dipende. Anzitutto devi fare una TAC alla tua biblioteca e un bel test di capacità logico-sintattico-grammaticale. Poi ci sarà un lungo periodo di depurazione: solo pagine bianche per almeno un anno, a cui seguirà una graduale reintroduzione della parola scritta, selezionando con grande accuratezza le fonti. Dopo tutto ciò, esamineremo i risultati.
Comunque non temere. Ormai è scientificamente dimostrato che si può condurre una vita normalissima anche senza aver pubblicato un libro.

18

03 2009

Sentimental And Melancholy

Lo ripeterò fino alla morte: non mi frega cosa, basta che si legga.
Poi però mi capita fra le mani un libro del 1925.
Mica uno di quelli importanti, decisivi, classici. No. Un libro bello, certo, ristampato negli anni, ma d’interesse generale piuttosto limitato.
E ne esce fuori una prosa densa eppure leggera, una capacità di descrivere soffermandosi sui particolari giusti, un equilibrio ammirevole tra senso e forma.
E mi chiedo se abbiamo sbagliato.
Se abbiamo sbagliato noi, che i libri li facciamo, li “proponiamo” (adesso si dice sempre così).
Se hanno sbagliato loro, gli autori, che i libri li scrivono.
Non sono nostalgica, badate. Be’, non troppo, insomma. So benissimo che non si può inseguire (imporre?) quella lingua.
Ma la sua chiarezza, sì.
La sua necessità, sì.
Perché una simile prosa oggi è un dono rarissimo.
Da entrambe le parti della barricata.

PS Il titolo del post lo potete ascoltare qui.

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17

03 2009

Abbaglio

E’ il momento. Sapevo che sarebbe arrivato e non ne sono sorpresa.
Il momento arriva, puntuale, almeno due volte all’anno, prima delle grandi fiere. “Almeno” perché ci sono anche momenti non annunciati, uragani improvvisi e di durata variabile.
Ma questo è un momento classico. Si capisce che è arrivato perché, tra squilli di trombe, rulli di tamburi e accompagnamento di lodi sperticate, si sono materializzati loro, i libri-da-non-perdere. Ti piombano addosso con tutto il loro nobile armamentario ed è difficile non rimanerne almeno un po’ impressionati. Possibile che il grande scrittore X si stia sbagliando? Possibile che la famosa CE Y dispieghi un simile impegno senza crederci almeno un po’? Possibile che tutti abbiano preso un abbaglio?
Possibilissimo, sì. Ne ho visti troppi, ormai.
In potenza, quei libri sono macchine da guerra: massicce, innovative e temibili.
In capo a qualche mese, però, molte escono allo scoperto e si rivelano, al massimo, dei fucili a tappi.
Se non altro è quello che spero del libro-da-non-perdere che ha cannoneggiato il mio fine settimana con l’unico risultato di farmi smascellare in uno sbadiglio incontenibile.
Mi sono arresa.
Ciò ovviamente non significa che, da quel fucile a tappi, non uscirà una bomba atomica.
E’ solo che, a mio parere, il suo effetto primario sarà sviluppare un’onda di smascellamento mondiale.

P.S. Il contatore dice 101.820. Sono commossa, grazie.

16

03 2009

/Mode maestrina ON/

Per carità, capisco (oh, se capisco). La fretta, il giornale che deve chiudere, il correttore di bozze che è stanco…
Ma in un articolo apparso nell’allegato di un prestigioso quotidiano, scritto da un esperto e che si presenta come “guida” alla “galassia della paura” scrivere HARD BOYLED tutto maiuscolo e in corpo 42 non è una bella cosa.
Se non altro per tutti quelli che, oggi, saranno costretti a sorbirsi dai cinque ai dieci minuti di indignazione ortografico-catrionica. Coronata dalla seguente minaccia: “E facciamo in modo che cose simili non succedano in uno dei nostri libri, eh?”

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13

03 2009

Maiuscole

Ma perché, sulle buste dei manoscritti, gli indirizzi (mittente/destinatario) sono sempre a caratteri CUBITALI?
Ma perché le buste dei manoscritti, anche di una silloge di dieci poesie, sono sempre ENORMI, neanche dovessero contenere i tredici volumi delle Confessioni di Sant’Agostino?
Ma perché sono sempre più frequenti quelli che scrivono il loro ENORME indirizzo soltanto SOPRA la busta e DENTRO non mettono neppure un vecchio scontrino con dietro scarabocchiato il loro recapito?
Ma perché c’è gente che si ostina a rimandare il proprio testo per posta dopo che l’ha mandato DUE volte per email e ha già ricevuto DUE rifiuti? E perché quella stessa gente SEGNALA di essere stata rifiutata DUE volte e aggiunge “Vorrei darvi la possibilità di RILEGGERE il mio romanzo?”
Mi sa che non lo scoprirò neanche su Rieducational Channel.

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12

03 2009

Soltanto oggi (LIX)

Pensieri…
Sò che non prendete in esame poesie però una di esse è stata letta durante la manifestazione Valdisopra In Fiore con grande successo e molte lodi quindi ho pensato di mandarvele tutte a visionare [...]

… e parole
La mia opera completa e’ formata di sette volumi interamente scritti. Ma si puo’ pensare a un seguito.

11

03 2009

Almanacco della crisi perpetua

Gennaio. Freddo. La gente se ne sta rintanata in casa, quindi non va in libreria.
Febbraio. Carnevale. La gente esce a divertirsi e ovviamente sta lontana dalla libreria.
Marzo. Primavera. La gente va in gita, quindi non può andare in libreria.
Aprile. Pasqua. La gente compra uova e colombe, ergo non va in libreria.
Maggio. Festa della Mamma. La gente compra cioccolatini e rose, che notoriamente non si trovano in libreria.
Giugno. Finiscono le scuole. I ragazzi e i genitori non sono più costretti ad andare in libreria.
Luglio-Agosto. Vacanze. Le librerie sono chiuse e quelle nei luoghi di villeggiatura hanno soprattutto palette o picozze, dunque pochissimi libri. Perché mai la gente dovrebbe andarci?
Settembre. Ripresa delle attività. La gente ha speso tutto in vacanza, e pensa a tutto tranne che ad andare in libreria.
Ottobre. Autunno. La gente ha solo voglia di tornarsene a casa a bere vino novello e a mangiar caldarroste, perciò snobba la libreria.
Novembre. Giorno dei morti. La gente è già depressa, dovrebbe anche andare in libreria?
Dicembre. Natale. La gente compra regali e, siccome i libri possono essere considerati tali, forse va in libreria. Ma soltanto il 24 sera.

Voi non ci crederete, ma io queste scuse le ho sentite tutte.

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10

03 2009

Discrezione

Caro autore neo-pubblicato con discreto successo,
sono molto contenta per te, per il tuo discreto successo e anche per la CE. Ma è arrivato il momento della verità. Perché sei esposto a un grave rischio. E non per il discreto successo di cui stai godendo.
Ma perché ormai il mondo – almeno un’abbondante parte del tuo mondo – ti vede come il faro di Créac’h. Come un mastodontico, argenteo gratta-e-vinci. Come una mappa del tesoro grande come l’Arazzo dell’Apocalisse.
Per quel mondo, Facebook è un mezzuccio da dilettanti. Il compagno di terza elementare (no, non della tua classe, ma della sezione sfigata) avrà il tuo numero di telefono. Il salumiere si offrirà di consegnarti a casa gratis la spesa per un anno. Andrai a prendere tuo figlio all’asilo e lo troverai assediato da genitori e baby-sitter che strillano “Ma il tuo papà non viene proprio mai a prenderti?”
Vogliono tutti complimentarsi, certo.
Ma soprattutto – attento! – vogliono un’altra cosa: mollarti il loro manoscritto.
E tu, autore neo-pubblicato e che stai godendo di un discreto successo, ti senti in dovere di attirare a te ogni barchetta, di essere grattato e vinto, di dare ulteriori indizi verso il tesoro.
Insomma di diventare un talent scout.
Ti prego: non farlo. Racconta in termini fantomatici e terrorizzanti della CE, descrivila come un luogo desolato in cui si aggirano persone scostanti, con cui hai scambiato sì e no qualche monosillabo. Sostieni di aver fatto tutto per telefono, pigiando il tasto cancelletto alla fine di ogni tua frase. Afferma di aver mandato tutto per email, ottenendo in risposta solo una conferma di lettura.
Perché, quando boccerò il manoscritto del compagno di scuola, del salumiere o della baby-sitter, io sarò, relativamente anonima, al sicuro.
Tu no.

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09

03 2009

Cover song

“Ma così non la voglio. Bisogna cambiarla.”
“Non si può.”
“Come sarebbe a dire?”
“Non si può e basta.”
“E provare a spostare l’immagine  / a cambiare la font del titolo e dell’autore / a schiarire il tutto / eccetera?”
“Non si può.”
“Ma così non la voglio.”
“L’immagine è tagliata così / le font le abbiamo usate tutte / se si schiarisce non si vede più niente / eccetera.”
“E allora ne voglio un’altra.”
“Non si può.”
“Perché?”
“Il libro deve uscire / L’autore l’ha approvata / Non abbiamo più idee / eccetera.”
“E allora?”
“Te la tieni!”
“Ma così non la voglio. Bisogna cambiarla!”

[loop]

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06

03 2009

Sfumature

Ignoro se sia così ovunque, ma nel mio caso non ci sono sfumature di grigio. Gli autori sono bianchi o neri, simpatici o antipatici. Nessun “abbastanza”, “prevalentemente”, “a volte”. E, in caso ve lo stiate chiedendo, no, l’antipatia non va di pari passo con il successo. Ho conosciuto individui odiosi e molto popolari, ma anche persone amabilissime e altovendenti. Di conseguenza, almeno per me, l’idea dello scrittore nato sotto il segno di Saturno (una convinzione a cui molti ancora si aggrappano) si è dissolta per lasciare il posto a quella (assai meno romantica) della professionalità. Tranne casi eccezionali, in positivo e in negativo, per quanto mi riguarda, l’autore è quello che scrive.
Ciò non toglie che, in certi giorni, mi verrebbe voglie di inseguirne qualcuno brandendo una mannaia.
E, in caso ve lo stiate chiedendo, sì, oggi è uno di quei giorni.

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05

03 2009

Soltanto oggi (LVIII) [quanto-so'-colto edition]

I poveracci
[...] Il protagonista si chiama Giovanni Valgianni e con lui la vita non è stata molto buona [...]

Ma, alla fine, it’s alive?
[...] La mia eroina Maria Scelli vive un tormento fisico e etico [...]

P.S. Ho dovuto cambiare i nomi, ma il concetto non cambia…

04

03 2009

Convergenze parallele

“L’hai letto?”
“Sì, ma che fatica.”
“Già. Non ha convinto neanche me. A partire dal viaggio…”
“Sì, il viaggio è la parte peggiore.”
“Il fatto che lei balbetti, però, è fastidioso solo all’inizio.”
“In effetti poi ci si abitua.”
“Ma rimangono un sacco di cose poco chiare.”
“Un sacco. Il comportamento schizofrenico della madre…”
“Oh, la madre! Per non parlare della servetta.”
“Insopportabile. E pure i dati storici mi sembrano incerti. A proposito, mi ha stupito che nel Rinascimento già si parlasse di…”
“E che c’entra il Rinascimento?”
“Be’, dato che il romanzo è ambientato nel…”
“Ma no, è ambientato durante la Rivoluzione Francese!”
[pausa]
“Tu stai parlando del romanzo di Smitty Smittson, vero?”
“No, di quello di Clovis Clovend.”
“Ah.”
“Ah.”
[pausa]
“Vuoi un caffè?”
“Meglio un cappuccino. Prendilo tu, un caffè. Magari così evitiamo di confonderli…”

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03

03 2009

La parte più difficile

“Ho pubblicato un libro”, affermano. Ma allora “perché il mio libro non è nelle librerie, nei supermercati?” Mi aspettavo che succedesse. Che i vari siti “fai da te” – e uno in particolare – dessero origine a simili proteste. Non voglio pensare che non fosse chiaro fin dall’inizio. Forse semplicemente non hanno capito. E adesso alcuni si rivolgono alle CE come se fossero lo sbocco naturale del loro percorso, come se disporre di quel fascicolo rilegato fosse la parte più difficile, ormai superata.
Ovviamente spiego che quella non è affatto la parte più difficile. Parlo di scelte editoriali, di distribuzione. Ma è sempre triste vedere fino a che punto ci si può illudere. E quanto sia facile illudere.

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02

03 2009

Sacerdotessa

Sì, l’ho fatto.
E lo rifarò.
Ho strappato copertine, inserti fotografici, illustrazioni, prefazioni, postfazioni, indici analitici, note e persino pagine singole.
E non me ne pento.
Tanto tempo fa, in una galassia lontana… la semplice idea di “intaccare” un libro mi sconvolgeva. Poi invece ho capito che i libri si reincarnano (si reincartano?) anche attraverso questo processo di distruzione. Perché non si distrugge mai a caso: lo si fa per realizzare un’edizione diversa, più bella, più completa o magari soltanto aggiornata. Si dà una nuova vita al libro, appunto.
Su una cosa però non transigo: il sacrificio lo devo celebrare io.
E allora succede che, alla mia porta, si affacci qualcuno che regge il libro designato con entrambe le mani, a mo’ di offerta votiva. “Sai, ci sarebbe bisogno dell’inserto…”
Allora io agisco: precisa, rapida e misericordiosa.
L’infallibile sacerdotessa del taglierino.
Quasi quasi lo metto nel curriculum.

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02 2009

A viribus impressis

Non c’è. Il che è piuttosto strano, bisogna ammetterlo, però capita. Eppure per lei è stato un autentico shock. Era entrata con piglio marziale, puntando dritta alla cassiera; intorno potevano esserci dei saponi o dei biscotti, e lei non se ne sarebbe accorta. Poi il dramma: il libro in cima alla classifiche, quello di cui tutti parlano, quello che bisogna avere, è esaurito. Domani arriva, sì, sì, ma adesso, stasera… La botta è stata tale che lei non ha neppure protestato. E ha cominciato ad aggirarsi tra i banchi, troppo sconvolta (o imbarazzata o timida o chissà cosa) per chiedere aiuto.
E allora, mentre la guardavo di sottecchi, mi è venuto in mente Newton: «Corpus omne perseverare in statu suo quiescendi vel movendi uniformiter in directum, nisi quatenus a viribus impressis cogitur statum illum mutare.»*
E ho sperato che valesse anche per le persone e per i libri.

* No, non la so a memoria.

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26

02 2009

Soltanto oggi (LVII)

La lingua italiana?
[...] Il mio saggio attaglia a una figura poco conosciuta della storia d’Italia [...]

Testo integrale
Spett. CE,
pubblicate libri nuovi?
Cordialità

25

02 2009

Tirarsela

L’ho cercato per mesi.
E l’avevo anche trovato. A 375 dollari.
[Va bene la passione, però ci sono dei limiti.]
Poi, d’improvviso, eccolo.
Intatto, completo, a un prezzo accettabile.
Ordine inoltrato.
Pacco arrivato.
Pacco aperto.
E’ lui!
Testa che gira.
Ma non per l’emozione.
Per la puzza.

Insomma ho trovato e comprato e ricevuto un libro che inseguivo da tempo. E adesso non mi ci posso neanche avvicinare, pena l’asfissia. E io che ci avevo pure scherzato su…
In rete, si consigliano aceto, candele, lettiere per gatti, lampade Berger, deodoranti dry, borotalco… Insomma, soluzioni che puzzano (ehm) quasi più di stregoneria che di scienza.
Intanto però lui, solo e negletto, giace sul balcone di casa mia. Almeno finché i vicini non cominceranno a protestare.

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24

02 2009

Forma

E’ una piccola cosa e forse sto esagerando, lo ammetto. Però ricevere un’email da un autore (con cui hai già collaborato) e che si rivolge a te con un “Gentile signora Catriona Potts”  mentre, sotto, nella stessa email, si rivolge all’”Egregio dottor Eriberto Eriberti” lo trovo un segno sgradevole. E non soltanto perché, nell’editoria, secondo le ultime stime, il 36% dei ruoli di responsabilità è affidato alle donne (sempre poche, tuttavia rispetto ad altri settori è un risultato notevole), quindi – come dire? – fattene una ragione. Ma soprattutto perché quella “disparità di trattamento” mi dice di più su di te delle trecento pagine che mi hai appena consegnato.
Ripeto: forse esagero ma, se si vive di parole, credo che sia necessario stare sempre attenti a come usarle.

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23

02 2009

Battuta di caccia

Fase 1: avvicinamento Entrare nell’ufficio della preda con passo sicuro e sorriso aperto, ma celando la borsa, e sedersi. Gratificare istantaneamente la preda esclamando “Oh, avevo proprio voglia di vederti!” oppure “Sempre elegantissima, eh?”
Fase 2: circuizione Chiacchierare con brio, avendo cura di inserire nel discorso frasi del tipo “Ma adesso parlami di te” oppure “Ti invidio proprio tanto, fai un lavoro bellissimo!” Nel contempo, spostare in grembo la borsa e aprirla leggermente.
Fase 3a: primo colpo Approfittare di una pausa per far crescere il silenzio fin quasi al disagio. Poi sospirare: “Sentiiiii… Un amico mi tormeeeeeenta da meeeesi perché ti porti questa… cosaaaa….” [n.b. Le vocali lunghe sono importantissime per rinsaldare l'illusione della solidarietà con la preda] quindi, con un unico gesto fluido, estrarre dalla borsa il manoscritto e lanciarlo con eleganza alla preda. Stare ben attenti a non far cadere la borsa, dato che ormai pesa 2,7 chili in meno.
Fase 3b: secondo colpo Assumere un’aria afflitta e improvvisare, secondo le proprie inclinazioni teatrali, su uno dei seguenti canovacci: “Gli ho detto che sei sempre impegnatissima, ma…” “Basta che gli dai un’occhiata” “Io non l’ho letto, però…” “Be’, potrebbe anche essere interessante” “Lui, l’autore, è un mostro di cultura, comunque…” eccetera. Poi abbassare la voce di parecchi toni e concludere con: “[...] in tempi brevi.”
Fase 4: fuga Alzarsi di scatto, slanciarsi contro la preda per abbracciarla, dichiarare con fermezza: “Ma perché ci vediamo così poco? Uno di questi giorni vieni a cena da me, capito? Promettimelo!” e piroettare via, lasciando la preda alla sua ferale solitudine. E soprattutto all’ormai suo manoscritto Pipino il Lungo. Storia di un’ossessione non solo maschile.

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20

02 2009

Malfidati

Malfidati di natura, gli AA o le CE straniere sempre più spesso vogliono avere l’ultima parola sulla copertina del “loro” autore. Spesso tutto si risolve con un “bellissima!” (che è pure gratificante), ma qualche volta è capitato il contrario, con risultati (a mio umilissimo parere) disastrosi. A parte l’assurda possibilità che la CE scelga apposta una copertina orribile (evidentemente per non far vendere il libro), c’è una valanga di elementi che dovrebbero tranquillizzare “gli stranieri”: mi avete venduto il libro, avete visto l’impegno che vi ho profuso, ci siamo scritti e confrontati… e, soprattutto, io conosco il mercato italiano meglio di voi. Altrimenti ci scambieremmo le scrivanie.
Nel caso particolare, poi, che i francesi – il cui numero di pessime copertine è doppio rispetto a quello dei loro grandi scrittori – muovano appunti su una copertina è una cosa che proprio non mi va giù.

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18

02 2009

Salvavita

Quando annaspo / arranco / esito / mi attorciglio / annaspo / mi avvito, attivo il salvavita:

    soggetto+verbo+oggetto

Ho visto troppi scrittori imbrigliati in frasi che, se avessero rispettato questa regola, sarebbero state più chiare, più espressive, più efficaci. Per tutti e non solo per pochi.
E’ così difficile liberarsi della convinzione “più è meglio”?

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18

02 2009

Soltanto oggi (LVII) [translators edition]

Dotare
Il re era dotato di scettro.

Crudeltà
La ragazza era stata violentemente addotta.

Abilità
Disegnò un esagono geometrico.

[In caso ve lo stiate chiedendo, non vengono da traduttori "professionisti", ma da alcune prove di traduzione. Non per questo...]

17

02 2009

Succede

Succede di pubblicare libri che non si amano…
Fermi tutti.
Ricomincio.
Mi succede di pubblicare libri che non amo. Non ho detto “brutti” (anche se talvolta… vabbè); ho detto semplicemente che non li amo. Le prime volte ho masticato amaro, ma poi, col tempo, ho imparato che questa è una cosa molto salutare. In questo mestiere, è troppo facile scivolare nell’autocompiacimento o seguire le mode o assecondare i propri gusti.
Però mai e poi mai, di un libro che non ho amato e che poi magari ha venduto un quadriliardo di copie, ho detto oppure dirò: “Ci ho creduto fin dall’inizio”.
Invece c’è qualcuno che lo dice.
E rovina tutto.

P.S. Lo so, sono criptica. Sto facendo uso pubblico del pensiero privato. Go ahead. Sue me.

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16

02 2009

Per contratto

Ci sono giorni in cui mi sento come un autore il cui nome in copertina deve essere scritto – per contratto – in corpo 8. E deve anche essere scritto – per contratto – sotto il nome di un altro autore. Che deve essere scritto – per contratto – in corpo 72.
E, come se non bastasse, l’autore con il nome scritto in corpo 72 è già morto.
Da un sacco di tempo.

P.S. Do I contradict myself? Very well, then I contradict myself.

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13

02 2009

Soltanto oggi (LVI) [life edition]

    Vi mando il mio curriculum vita
    In allegato il mio curricula
    Di seguito il mio curricolum vitae
    Vi allego il mio curriculu vite
    Il file contiene il curriculum vitae dei miei studi e dei lavori che ho svolto
    In breve il mio curriculus vita

E queste persone – tutte – si propongono come redattore/editor/correttore di bozze.
Pulsate et aperietur vobis?
Mah.

12

02 2009

Soddisfazioni

Quando l’autore ti boccia l’ultima (l’ennesima) proposta di copertina e dice: “Voglio quella “. Cioè quella che tu hai bollato con un: “‘E’ la cosa più brutta e meno efficace che abbia visto in vita mia”.

Quando un giornalista, per radio, riesce a sbagliare il nome dell’autore, il titolo del libro e non dice neanche per quale CE quel libro è uscito. Ovviamente la CE è la tua.

Quando vedi riportata letteralmente in due, tre, cinque giornali la bandella che hai scritto. Titolo della rubrica: “Libri – Il nostro parere”. Segue firma.

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11

02 2009

Resoconto stenografico

VERONESI (PD).  Signor Presidente, cari colleghi, in questi mesi, come è mia abitudine, ho molto ascoltato. Ma oggi mi sento moralmente in dovere di prendere la parola. Vi parlo per ciò che sono io, per quello che rappresento per i cittadini: un medico, un uomo di scienza che, per più di cinquant’anni, è stato vicino ai malati di cancro (che ha aiutato a guarire e a vivere a lungo, molto a lungo), ma vicino anche alla sofferenza, al dolore, alla morte.
Per questo da molti anni ho lanciato il movimento per il testamento biologico e, su questo argomento, ho scritto quattro libri (non uno, ma quattro libri), per un totale di duemila pagine. Perché il tema è complesso, è difficile, è delicato. Per questo sono sconvolto oggi.
Sono sconvolto dalla singolare, direi assurda, procedura cui stiamo assistendo. Una legge dello Stato, che riguarda la libertà individuale (Applausi dal Gruppo PD), verrebbe sbrigativamente decisa sull’onda delle emozioni sollevate da un caso mediatico. Perché questo è il caso di Eluana: un caso mediatico. Perché non ha nulla di diverso, dal punto di vista scientifico e umano, da altri centinaia di casi di coma vegetativo permanente nel nostro Paese, di cui nessuno si occupa. Dietro a una legge emanata per Eluana non ci sarebbe, dunque, né logica, né razionalità, ma essenzialmente un’onda emotiva, che per sua natura è passeggera e, soprattutto, è una cattiva consigliera.
Non c’è dubbio che il caso di Eluana sia stato accompagnato da una pessima informazione. (Applausi dal Gruppo PD). Ma questo non è un alibi per evitare di affrontare lucidamente il problema. Si tratta di un problema di civiltà, che riguarda l’invasione della tecnologia medica nella vita umana. Mi trovo d’accordo con il filosofo cattolico, cattolicissimo, Giovanni Reale, quando vede nel caso di Eluana ‑ sono sue parole ‑ un abuso da parte di una civiltà tecnologica che vuole sostituirsi alla natura.
Quando avverte che si è perduta la saggezza della giusta misura e la Chiesa e il Governo sono vittime di questo paradigma dominante, che vorrebbe tenere in vita Eluana contro la natura e, infine, quando cita Papa Wojtyla, che, rispondendo ai medici che gli offrivano di continuare a curarlo, disse: «Lasciatemi tornare alla casa del Padre».
Vedete, mantenere insieme un complesso di organi e cellule in una vita artificiale è un atto contro natura: oggi, tecnologicamente la medicina è in grado di mantenere in stato vegetativo un corpo senza attività cerebrali quasi all’infinito, ma il fatto che lo si possa fare tecnicamente, non significa che lo si debba fare eticamente.
Penso sia una mostruosità e come me la pensano migliaia e migliaia di cittadini, terrorizzati dalla prevaricazione violenta della medicina tecnologica nella propria vita. Lo dico da uomo di scienza: la tecnologia non ha limiti in sé e se noi, la società e le sue istituzioni non ci impegniamo a tracciare questi limiti rispetto alla vita dell’uomo, chi mai lo potrà fare?
Conosco bene la normativa italiana sul diritto di cura, perché ogni giorno la applico e la vivo insieme ai miei medici e ai miei malati: la nostra legge garantisce la possibilità di rifiutare ogni trattamento, anche di semplice sostegno, come le trasfusioni di sangue e la nutrizione artificiale; abolire questo dritto sarebbe un atto molto grave, che minaccia alle radici il principio di libertà individuale, base irrinunciabile delle democrazie moderne. Voglio pertanto fare un appello alla ragione e alla coscienza di tutti noi e di tutti voi, in quanti membri del Senato, vale a dire di questa Camera alta, di questa istituzione a cui la gente guarda come un punto fermo nella confusione dei momenti di crisi: il nostro ruolo è di analizzare le situazioni più difficili con lucidità e saggezza e dare pareri obiettivi e lungimiranti. Ecco, credo sia nostro dovere, come senatori, guardare più in là dell’oggi e anche del domani e pensare anche alle conseguenze future delle nostre decisioni.
Vi chiedo, dunque, di fermarvi, di riflettere, di meditare e di non votare una legge in palese contrasto con i diritti garantiti dalla Costituzione e, soprattutto, in conflitto con se stessa. Il movimento sul testamento biologico, infatti, è nato solo ed esclusivamente – lo sottolineo – per garantire ai cittadini di poter rifiutare quella condizione assurda ed inumana di una vita artificiale che può protrarsi per decenni priva di coscienza e di attività cerebrale.
Bene, al contrario, questo provvedimento imporrebbe a tutti per legge proprio questa fine terribile e innaturale. (Vivissimi applausi dai senatori dei Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut, che si levano in piedi. Moltissime congratulazioni).

Legislatura 16º – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 145 del 09/02/2009

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09

02 2009

Consulti e giudizi

Dopo laboriosi consulti con psicoterapeuti di scuola sia freudiana che junghiana, sono finalmente arrivata a capire la radice profonda del mio insano slancio per i provini di X Factor e la mia relativa indifferenza nei confronti della trasmissione “principale”: io vorrei fare esattamente quello che fanno loro (cioè la triade dei giudici), ma con gli “scrittori emergenti” che esamino tutti i giorni. Così, diretta, senza censura, senza arzigogoli di cortesia.

    “Ma ti rendi conto che non sai neppure le più elementari norme grammaticali?”
    “Qualche elemento della storia potrebbe anche andar bene, ma la forma è irrimediabile.”
    “Se c’è una cosa che non sopporto sono gli scimmiottamenti. Per di più malfatti.”
    “Dai, su, non prendiamoci in giro. Arrivederci.”
    “Hai uno stile piatto, piatto, piatto, che non mi dà nessuna emozione. Ma proprio nessuna, nessuna, nessuna, eh? No, no, no.” (immedesimazione con la Ventura)
    “Ci sarebbe anche un aspetto positivo, che poi è il tuo slancio intrinseco a costruire una storia, ma hai imboccato una strada tortuosamente assurda che ti induce a esagerare inconsapevolmente evitando la potenzialità di essere contraddetto. Mi fai venire in mente l’Eneide nella versione di Alfieri, nel punto in cui dice: ‘Mentre ciò dice Ilionéo, dimessa la faccia tiene, immobilmente al suolo fitta, il Latino Re’…” (immedesimazione con Morgan)
    “Il pubblico boccerebbe senza pietà la tua proposta. ” (immedesimazione con la Maionchi)

Ma soprattutto:

    “Non sei pronto. E probabilmente non lo sarai mai.”

E il fantastico, definitivo:

    “Per me è un no.”

PS A mia parziale giustificazione, segnalo il fatto che, in questo periodo, non dispongo di accesso a Sky. Confido tuttavia in un rapido miglioramento con l’arrivo della nuova parabola.

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09

02 2009

Una semplice richiesta

Scusa… Sì, dico a te che stai per cliccare invio. Oppure che stai per infilare il manoscritto nella busta.
Fermati, ti prego.
Prendi il tuo testo – apri il file, tiralo fuori dalla busta – e rileggilo.
Ma non per cercare l’ultima sbavatura temporale, non per scrivere un finale più convincente.
No.
Ascolta, lo so che ti sembrerà difficile, forse impossibile.
Ma devi farlo, se vuoi anche soltanto una vaga speranza.
Sei pronto?
Ecco: togli TUTTE le metafore. E magari pure le similitudini.
Poi rileggilo.
Come? Si capisce poco o niente? Riscrivilo. Senza barare, però. Senza usare metafore o similitudini.
Se proprio non ci riesci (ripeto: se proprio non ci riesci), mettine qualcuna. Poche, pochissime. Dopo averci pensato quindici giorni. Dopo essertele ripetute ad alta voce. Dopo esserti assicurato di non averle copiate da qualche grande della letteratura.
Perché, capisci, se io leggo:

    “La folla si aprì come una fetta di prosciutto recisa dal coltello del droghiere del destino.”

penso soltanto: ne uccide più la metafora della gola e della spada e probabilmente di una calibro 38 messe assieme.
E non vado oltre.

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05

02 2009

Soltanto oggi (LV) [virtuoso edition]

Il dono della sintesi
[...] per esempio ho pubblicato nel ‘06, per i tipi della ‘SoStrana Editrice, con l’incisivo nome-de-plume di Cosette Lavallière, ”Il tropo tra ieri e dopodomani” e come potrete agevolmente verificare dalla lettura anche rapida di tale saggio esso trascende la trita pratica dell’analisi letteraria per attingere alle radici archetipe dei messaggi autoriali.

    [seguono altre trenta righe]

Ma adesso credo che vi starete chiedendo quale rapporto si inneschi tra la mia precedente produzione e il testo che vi propongo. Una obiezione che è senza basi perchè proprio nel farsi delle ricerche per il mio saggio “Il tropo tra ieri e dopodomani” ho trovato linfa per un esperimento narrativo che non sacrifica le istanze ideali che soggiaciono alla mia “fatica” e che immerge il tutto in un flusso godibilissimo. Come dimostro nel mio saggio [...]

    [seguono altre venti righe sul "Tropo"]

Il testo che vi propongo è per ciò adattissimo alla vostra CE e sarei lieto di parlarvene di persona.

04

02 2009

Una settimana

Facciamo così: per una settimana non scrivete. Lasciate cadere la penna o permettete alla polvere di accumularsi sulla tastiera. Per una settimana fate altro, tutti voi, italiani e stranieri, autori “già editi” o “emergenti”. Perché così proprio non va. Diciamo che sono gli effetti della crisi (tanto questa frase ormai va bene per qualsiasi cosa, compresa la subitanea comparsa di una verruca). Diciamo che, a causa della suddetta crisi, forse rimanete in casa la sera e non sapete cosa fare e vi mettete a scrivere. Ma, anche se non fosse colpa della crisi, è un fatto che ultimamente il livello delle proposte – di tutte le proposte – è  peggiorato. Di brutto. Gli stranieri non fanno che rimasticare generi e argomenti, fingendo di non accorgersi che stanno rimasticando strisce di cuoio. Gli italiani sono sempre più aggrappati a un albero (stento) in bilico su un precipizio (nero inchiostro) a strapiombo sul mare (del plagio). E le CE saranno pure fameliche – “C’è la crisi! Bisogna trovare il megabestseller! Pagandolo pochissimo!” -, ma non al punto di ingurgitare qualsiasi schifezza (piuttosto ruminano l’erba che hanno accumulato).
Farebbe bene a tutti, credetemi.
Senza contare che io avrei finalmente tempo di girare per saldi… scrivere qualche bella lettera ponderata. Di rifiuto, ovvio.

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03

02 2009

Proprio così

Tutto quello che avreste sempre voluto sapere, tutto quello che una CE non vi potrà mai dire.

From the Typewriter to the Bookstore: A Publishing Story

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02

02 2009

Come se

E’ che talvolta ti viene proprio voglia che vadano male i libri, cioè che non li legga nessuno. Perché, quando vanno bene, tutti – ma proprio tutti – si sentono in dovere di muovere delle critiche o al testo o alla copertina o alla bandella o a tutte queste cose insieme. E’ come se, non esercitando questo loro diritto, non possano essere ammessi alla festa del successo. E’ come se, così facendo, dimostrino di aver partecipato alla nascita del libro. E’ come se, grazie al loro contributo, il libro venisse osservato da un nuovo, imperdibile punto di vista.
Le critiche sono giuste e possono essere utili. Certe però (mi) fanno letteralmente imbufalire. Sono le critiche a-vocaliche (“Non mi è piaciuto.” “Perché? “Hmps…”), le critiche “io lo so e tu no”  (“Che ignorante! Come fa a dire che quello è un episodio della vita di Napoleone?” “Be’, veramente lo raccontano così lo studioso X, il testimone Y e una lettera autografa… come si dice nella bibliografia.”), le critiche “ragiono con tutto ma non con il cervello” (“Bah, il nome del protagonista è proprio orribile.”) e le critiche “stavo pensando ad altro” (“Però che finale stupido,  quando la moglie lo uccide…” “Guarda che non lo uccide lei, ma il cugino.”)
Mi sembra che Anatole France abbia detto: “I libri sono l’oppio dell’Occidente.” Chissà se aveva immaginato anche questi effetti collaterali…

P.S. Continuo a non avere tempo di commentare i commenti. Ma voi scrivete, perché io vi leggo. E’ questo che volete, no? :-)

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29

01 2009

Mrs Hyde e la dottoressa Jekyll

Si comincia sempre in punta di piedi: ci si guarda intorno, si spolvera qualche virgola, si dà giusto una sistemata a un verbo, si accetta quella metafora un po’ stridente (giustificazione per stranieri: “E’ così in originale”; giustificazione per italiani: “E’ il suo stile.”) Insomma si cerca di non sovrapporsi a un lavoro che, non c’è dubbio, è costato tempo e fatica.
E talvolta ci si muove così, leggeri e grati, fino in fondo.
Altre volte no.
In tal caso, la trasformazione inizia intorno a pagina 20, quando ormai il ritmo, lo stile, la forma sono stabiliti. Un piede comincia a battere, nervoso. Dalla bocca escono sbuffi poco rassicuranti. Gli occhi si sgranano. Le mani non stanno più ferme. Poi scende il silenzio, rotto da un ticchettio tanto inclemente quanto incessante: il punto di non ritorno.
E’ così che divento Mrs. Hyde: ingobbita, frenetica, rabbiosa. Ma solo esternamente, badate. Per fortuna, moltissimi autori e/o traduttori capiscono che, dentro, sono e rimango la dottoressa Jekyll, animata soltanto dal puro amore per il testo.
Alcuni lo capiscono soltanto dopo. Altri non lo capiscono affatto.
A me va bene tutto.
Temo soltanto che gli effetti della pozione, prima o poi, diventino irreversibili.
Secondo voi, si può schiattare per un congiuntivo sbagliato?

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28

01 2009

Soltanto oggi (LIV)

Endorsement

[...] ecco cosa ha detto dei miei scritti il dott. prof. Gavino LaGava: “un autore da considerare non secondo a Peppino Peppini, che imbriglia da maestro gli afflati della realtà psicologica e terrena” [...]

Dagli autori di Lost?

[...] la protagonista del racconto lungo che ho scritto sbarca nel remoto futuro non attraverso una di quelle cose viste e sentite un miliardo di volte tipo un tornado, un terremoto, o una forte scossa, ma perchè lei può arrivarci e basta [...]

P.S. Se vi cale [che viene da calere, non da calare], anch’io ho aggiornato i feed: http://feeds2.feedburner.com/SecondoPiano
P.S.2 Scusate se non commento i commenti. In questo periodo, a stento commento me stessa (semi-cit.) Ma li apprezzo molto, credetemi.

27

01 2009

Talloni

Casa Potts, sera (facciamo anche notte, dai).
Si lavora.
Sposta la virgola, correggi il passato remoto in trapassato, attenta che c’è una ripetizione, gira la frase, aggiungi il soggetto, togli il possessivo, torna indietro a sistemare, vai avanti per vedere se regge, lima il periodo, raddrizza la cronologia, elimina l’obbrobrio, ’sto pezzo non sta in piedi, ma questa cosa l’ha già detta o me la sono immaginata?
Ho bisogno di una pausa.
TV.
Provini del GF, courtesy of Gialappa’s Band.

Esaminatore: “Qual è il tuo tallone d’Achille?”
Candidato 1: “Eh?” (Esaminatore: “Qual è il tuo tallone d’Achille?”) “Eh?”
Candidata 2: [sorride timidamente, si mette di profilo e alza il piede]
Candidato 3: “Sono un drago con le ragazze!”
Candidato 4: “Come?” (Esaminatore: “Qual è il tuo tallone d’Achille?”) “Il mio tallone d’Achille?” (Esaminatore: “Sì, il tuo punto debole…”) “Il mio punto debole è il mio tallone d’Achille?”
Candidato 5: [un silenzio lunghissimo]

Bastano pochi minuti per sentirsi drammaticamente inutili.

26

01 2009