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Blurb!

Mi stavo pure mettendo a tradurli. Ma poi ho capito che era inutile e quasi dannoso, perché, come verifico tutti i giorni, gli slogan anglosassoni sono imbattibili e intraducibili. Ciò non significa che le stesse cose non si pensino e non si dicano nelle nostrane CE. Perché anche qui si vive il quotidiano dramma della malefica blurb, cioè della stramaledetta frase (o del dannatissimo slogan) di copertina, oggetto di discussioni infinite, di dubbi last minute, di strazianti valutazioni di (in)comunicabilità.

“Ma si capisce che tipo di libro è, se ci scriviamo questo?”
“Be’, s’intitola Domani m’impicco, c’è un cappio a grandezza naturale in copertina e il sottotitolo recita: ‘Storia vera di un suicida’. Aggiungere la citazione dell’Old Work Yimes: ‘Una storia terribile’ non mi sembra che confonda la idee.”
“Magari usiamo la frase del Time-Rocks: ‘Una vicenda toccante’.”
“Ma così la buttiamo sul patetico!”
“Il patetico tira.”
“E allora andiamoci giù pesante con la frase di Ulla Ullason: ‘Ho pianto per tutto il tempo’.”
“No, troppo femminile. Questo è un libro duro, diretto, maschio.”
“‘Un libro eccezionale’. Parola del Chappanooga Voice.
“Già, peccato che la frase intera dica: “Un libro eccezionale come fermaporta.’”
“Citiamo il Petit Crayon: ‘Imperdibile!’”
“Hmm… Troppo generico. E poi è francese.”
“E allora?”
“Il francese non è abbastanza maschio.”
“E se chiedessimo una bella frase a Filippetti? Non è che sia ’sto gran nome, ma una sua nicchietta di appassionati ce l’ha.”
“A Filippetti non è piaciuto.”
“Perché?”
“Ha detto che è troppo ‘forte’.”
“Ah, be’, se lo dice la mammoletta che ha scritto un romanzo in cui il protagonista finisce in una betoniera, la moglie fa a pezzi la migliore amica con un cavatappi e il figlio appicca un incendio al suo asilo…”
“Sai che ti dico? Non mettiamo niente.”
“Ma così la copertina non è troppo spoglia?”
“Eh, forse… Ripetimi un po’ cosa diceva la frase dell’Old Work Yimes…”

e via almanaccando.

Insomma: qui trovate un rapido dizionario blurb-verità / verità-blurb e qui potete gettare uno sguardo sul tormentato rapporto autore1 – blurb – autore2 (ovvero: “Non è che poi questo vende più di me?”)

(grazie a L’emploi du temps)

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01 2008

Niente

Tutto tace.
Oddio, forse non proprio tutto.
Ma il fiume del “ti-sto-mandando-il-prossimo-successo-non-fartelo-scappare” è piuttosto un rigagnolo, in questo periodo.
Il che è bellissimo. E bruttissimo.
E’ bellissimo perché ti permette di dare un’occhiata a quei libri che hai da un’eternità e che, quando sono arrivati, ti hanno fatto dire: “Mah, sì, boh… Mi sa che lo guardo dopo…” E perché ti permette di cercare il libro che nessuno ha mai notato, che ha venduto tre copie in patria e che invece tu porterai al successo galattico (il vero sogno di quelli che lavorano in CE).
E’ bruttissimo perché i libri comunque continuano ad arrivare. E più spesso del solito sono davvero urendi.
Ed è bruttissimo perché, in sottofondo, senti le penne che gracchiano e i tasti che ticchettano.
E che preparano una valanga.
Che ti travolgerà.

Update: Quando uno se le tira… Tre di botto, ne sono arrivati. E nel giro di poco più di un’ora.

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16

01 2008

Sono 15 (reloaded)

Gentile CE,
sono un appassionato lettore dei romanzi di Charlie Charles. Potreste avvertirmi con un’email quando esce il suo prossimo libro? Se preferiste mandarmi un SMS questo è il mio numero di cellulare: 11111111…

Ma è così brutto andare in libreria?
Ma è così difficile chiedere a un libraio?
E soprattutto: non ci sono altri autori al mondo a parte Charlie Charles?

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15

01 2008

Sono 15

Io voglio tanto bene ai lettori. Mi danno il pane, mi danno.
Però vorrei dir loro una cosa.
Non siete gli unici ad avere Internet.
Quindi, per favore, non scrivete alla CE dicendo: “Avete pubblicato 6 libri di Charlie Charles, ma su Internet ho visto che ce ne sono altri 8. Quando li pubblicherete?”
Lo sappiamo che ce ne sono altri 8.
Lo sa l’autore (ovvio).
Lo sa l’AA (che già rompe).
Lo sa la persona della CE che si occupa dei rapporti con l’estero (che si è già mossa).
Lo sa il traduttore (che sta già lavorando).
Eccetera eccetera
Insomma lo sa un sacco di gente.
Ma, per quanto bene voglia ai lettori e a Charlie Charles, non si possono pubblicare 8 libri di Charlie Charles in un mese (e neanche in un anno).
Ah, tra parentesi: su Internet non c’è che Charlie Charles sta già scrivendo il 15° libro…

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14

01 2008

Run for cover(s) – Fase III

[La Fase I è qui; la Fase II è qui]

Fase III – The great dictator (libro italiano)

Missione 1. Smultronstället**
Sono mesi (anni?) che ne parli con l’autore, L’hai voluto, coccolato, editato, hai corretto le bozze, hai scritto le bandelle.
Poi l’autore ti dice: «Ho un’idea per la copertina.»
Gli autori dovrebbero fare gli autori, pensi.
Però la comunichi ai grafici, spieghi, ipotizzi, suggerisci. I grafici si irritano perché si sentono sminuiti nella loro «graficità», ma fanno varie copertine.
Nessuna piace all’autore.
Discussione accesa (ai limiti del litigio), che si protrae per vari giorni in qualsiasi forma (tête-à-tête, e-mail, telefonate, fax) prima con i grafici e poi con l’autore.
L’autore imbraccia un programma di grafica qualsiasi e spara a zero.
I grafici non si fanno trovare per due settimane.
Con pazienza, provi a ricucire lo strappo dall’una e dall’altra parte.
Poi l’autore ti dice che, tra le copertine proposte, sì, insomma, ce ne sarebbe una che forse…
Alla fine, si sceglie una di quelle copertine.
Il libro esce.
L’autore non si darà mai pace.

Missione 2. Days of heaven
Sono mesi (anni?) che ne parli con l’autore, L’hai voluto, coccolato, editato, hai corretto le bozze, hai scritto le bandelle.
Poi l’autore ti dice: «Ho un’idea per la copertina.»
Gli autori dovrebbero fare gli autori, pensi.
E invece ha avuto un’idea fantastica.
E tu la comunichi ai grafici, che si irritano perché si sentono sminuiti nella loro «graficità».
Ma obbediscono.
Il libro esce.
L’autore sarà tuo schiavo in eterno.

Bonus level: Rosemary’s baby

Prendere tutte le missioni e mischiarle a piacere.

GAME OVER

 

Postscriptum: Adoro i grafici. Sono pieni d’idee, di entusiasmo, di «graficità». Però, qualche volta, mi fanno davvero arrabbiare…

* Il posto delle fragole, ‘gnoranti.

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09

01 2008

Run for cover(s) – Fase II

[La Fase I è qui.]

Fase II – Le quai des brumes* (libro straniero non ancora pubblicato in patria)

Missione 1. La ronde
Lo hai letto e lo conosci benissimo. Hai un’idea precisa di cosa deve dire la copertina.
Lo descrivi nei particolari ai grafici e dai loro valanghe di idee, d’immagini, di suggerimenti. I grafici si irritano perché si sentono sminuiti nella loro «graficità», ma fanno varie copertine.
Che non tengono conto di quello che hai detto e mostrato.
Discussione accesa (al limite del litigio).
Ripeti le descrizioni, le immagini, i suggerimenti. Poi ne aggiungi altri.
Esito 1: I grafici ti seguono (caso rarissimo).
Esito 2: Sì, ci siamo quasi, però manca… Vabbè, pazienza.
Il libro esce.
E tu, dopo, vedi almeno altre quindici copertine che sarebbero state perfette.

Missione 2. Dancer in the dark
Lo hai letto di corsa e lo hai comprato perché ti sembrava una cosa buona (o necessaria, chissà). Quindi non lo conosci benissimo.
Però fai del tuo meglio per comunicarne lo spirito ai grafici, dai loro dei termini di paragone, ti fidi della loro creatività.
I grafici si irritano perché hanno già troppo da fare, perché hai dato loro messaggi contrastanti, perché hanno pensato che tu li stessi spingendo in una certa direzione che però contrasta con i dettami delle ultime scoperte nel campo della grafica e loro non possono fare copertine «vecchie» perché non è certo quello che vogliono loro e non è certo quello che vuoi tu.
Ti arrivano copertine che sembrano di un altro libro.
Discussione accesa (ai limiti del litigio), che si protrae per vari giorni in qualsiasi forma (tête-à-tête, e-mail, telefonate, fax)
Alla fine, si sceglie una copertina di quelle proposte. Per “lavorarci su”.
Altri tête-à-tête, altre e-mail, altre telefonate, altri fax.
Esito: la copertina non piace a nessuno.
Il libro esce.

Missione 3. Rear Window
Uguale alla Missione 2
Però, dopo che si è decisa la copertina italiana, arriva quella originale.
Tornare alla Fase I.

* Pensavate che conoscessi solo film americani?

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08

01 2008

Run for cover(s) – Fase I

Questo gioco si chiama Run for cover(s).
Ti devi occupare della copertina di un libro.
L’obiettivo è far uscire il libro.
Ecco il walkthrough. Per comodità, sarà diviso in tre post.

Fase I – Stranger in paradise (libro straniero già pubblicato in patria)

Missione 1. A foreign affair
Il libro straniero è così affascinante da risplendere di luce propria. Oh, non toccheresti una virgola (quasi quasi non traduci neanche il titolo, tanto è bello). Ti viene da piangere per la gioia.
Lo passi subito ai grafici con l’ordine: «Così.»
I grafici si irritano perché si sentono sminuiti nella loro «graficità» e fanno altre copertine.
Tutte orribili.
Discussione accesa (al limite del litigio).
Ripassi l’ordine: «Così».
Esito 1: I grafici obbediscono (caso rarissimo).
Esito 2: Sì, è uguale, ma c’è qualcosa che prima non c’era e adesso c’è (o viceversa)… Vabbè, pazienza.
Il libro esce.

Missione 2. Tootsie
Il libro straniero ti suscita l’articolato commento: «Mah…» Non è proprio un disastro, no, ma non gira, non clicca, non piglia.
Lo passi ai grafici, spiegando cosa ti convince e cosa no.
I grafici si irritano perché si sentono sminuiti nella loro «graficità» e modificano tutto tranne le cose che non ti piacevano.
In più fanno altre copertine.
Tutte orribili.
Discussione accesa (ai limiti del litigio).
Rispieghi il perché e il percome.
Esito 1: I grafici obbediscono (caso rarissimo).
Esito 2: Sì, le brutture sono state corrette, però ci sarebbe voluto… Vabbè, pazienza.
Il libro esce.

Missione 3. Shock corridor
Il libro straniero è assolutamente, decisamente, incontrovertibilmente inguardabile. Non si salva niente, neppure la rilegatura. Ti chiedi come qualcuno possa aver concepito un tale obbrobrio.
Lo passi ai grafici, spiegando che è tutto da rifare per svariati (numerosissimi) motivi, che vengono analizzati manco si trattasse dei nei di Carla Bruni.
I grafici si irritano perché hanno già troppo da fare, perché hai passato loro messaggi contrastanti, perché in fondo il libro di partenza è brutto, sì, ma è volutamente brutto, secondo i dettami delle ultime scoperte nel campo della grafica…
Però fanno comunque una serie di copertine.
Tutte orribili.
Discussione accesa (ai limiti del litigio), che si protrae per vari giorni in qualsiasi forma (tête-à-tête, e-mail, telefonate, fax)
Alla fine, si sceglie una delle copertine proposte. Per “lavorarci su”.
Altri tête-à-tête, altre e-mail, altre telefonate, altri fax.
Esito: la copertina non piace a nessuno. Vabbè, pazienza.
Il libro esce.

Fine della fase I.

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08

01 2008

Particolare

Ho letto (rapida rapida… per lavoro, mica per altro) il libro-in-testa-a-ogni-classifica. Oh, lo dico subito: a me della letterarietà non frega niente (non fregava in questo caso, comunque). Lungi da me sospirare: “Ma come siamo caduti in basso… un tempo c’erano X e Y e adesso c’è Z. Povera letteratura italiana.” Però una cosa mi ha colpito (di brutto): il continuo, pervasivo, disperato slancio del protagonista di essere “particolare”. Fateci caso: è una parola che si sente sempre più spesso, questa. Perché è il coltellino svizzero degli aggettivi: aggiunto a un sostantivo qualsiasi (o a un pronome), permette all’istante di stabilire una differenza (in meglio) senza però, in realtà, stabilire nulla. “Io sono un po’ particolare…” “Mi è piaciuto quel vestito perché era particolare…” significano: “Io non sono come gli altri” e “Non compro gli stessi vestiti che comprano tutti”, cioè sono migliore, più raffinato, so discernere, non mi lascio ingannare, penso con la mia testa eccetera.
Fin qui, comunque, poco male (forse). Ma il protagonista del libro-in-testa-a-ogni-classifica non fa altro che ricordarcelo, questo suo essere “particolare”. Lo fa in ogni gesto che descrive, in ogni parola che pronuncia, in ogni racconto che fa. Il risultato è un’ubriacatura parossistica di egocentrismo, in cui il mondo esiste soltanto se reagisce positivamente alla sua “particolarità”, in cui le persone hanno senso soltanto se accrescono l’aria di “particolarità” di cui lui si circonda, in cui le cose hanno significato soltanto nella loro “particolarità” in relazione a lui.

Insomma: il libro perfetto.

P.S. Però qualcuno gli dica che non è bello farsi bello con le frasi degli altri senza dire da dove le ha prese.

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07

01 2008

Spazio-tempo

Mi è arrivato il primo libro del 2008. Mi fa ancora un certo effetto avere il libro prima (in CE arrivano 15-20 giorni prima della presentazione “in società”), al punto che, talvolta, quando lo vedo in libreria, mi sembra quasi (quasi) una cosa vecchia. E quando c’è il salto dell’anno la sensazione diventa ancora più forte, neanche avessi piegato lo spazio-tempo o tenessi in mano un pezzo di futuro. Ma anche di passato, visto che il contratto di questo libro risale al 26 luglio 2006 e che quindi io ho “conosciuto” il testo un anno e mezzo fa. E ne sono entusiasta ancora oggi.
Che razza di mestiere, però: un piccolo esercito lavora con passione ed entusiasmo per un anno e mezzo a una cosa che magari non piacerà a nessuno.
Nella prossima vita, mi sa che mi dedico ai panettoni.

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21

12 2007

Fare i salumieri

Almeno centoventi occhi che ti guardano. E, di conseguenza, una sessantina di facce (stanche, annoiate, attente, fameliche…) che vorresti trasformare in un’unica faccia o, meglio, in un’unica espressione di serenità.
E’ la lotta che si svolge in diverse occasioni all’anno, la lotta fra la CE e un manipolo di persone che devono “portare” ai librai i libri. E convincerli a piazzare nelle loro librerie non una copia o due copie, ma una bella pila.
In queste occasioni, divento un salumiere. Lustro la mia bottega con striscioni e slogan, ci aggiungo qualche brochure pubblicitaria, metto in vista i diplomi, consegno certificati di qualità del prodotto. E magnifico la mia merce, la sua varietà, la sua freschezza, la sua originalità.
Avete presente quelle persone che annusano qualcosa, gli danno un’occhiata e sanno perfettamente se quella cosa è buona oppure no senza neppure averle dato un morsetto?
Be’, con i miei “clienti” è peggio. Scafatissimi, puntano la potenziale ciofeca con una sicurezza da cecchini. Non ti diranno mai che quella ciofeca non venderà neppure un etto (una copia), però lo senti nell’aria, glielo leggi nei gesti. Però ci sono delle volte in cui scopri che sanno ancora rischiare, che assaggiano un certo libro perché gliel’hai proposto nel modo giusto, oppure che sono contenti di comprare una delle tue specialità perché, la volta precedente, ti hanno dato retta e sono rimasti soddisfatti.
Ecco, in questi casi, quando vengono da me e dicono: “Avevi proprio ragione. E’ un libro bellissimo e l’ho pure venduto bene, anche perché ne ero convinto e l’ho spinto molto”, mi piace davvero fare il salumiere.

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19

12 2007

La (carta) cinese

L’articolo intero è qui. Queste, secondo me, alcune cose interessanti:

The Chinese paperback translation of the Harry Potter and the Deathly Hallows the seventh in the series, sells for $9, more than twice the price of its predecessors and a slice out of disposable income that in cities averages less than $165 a month.

Like many manufacturers, publishers in the United States and Europe are turning to Chinese printers to churn out books, reducing their costs by up to 30 percent, according to Pira International, a research and consultancy firm specializing in the print and paper industries.

Penguin UK, a British book publisher, spends about 60 percent of its manufacturing budget in China, a shift that created savings of 20 percent to 50 percent three years ago when it first moved there. Those savings have provided a cushion that the company says will allow the publisher to avoid raising prices — for now.
When Li Ying, a television writer and editor, went to buy a copy of the classic Chinese novel “Family,” he was shocked to find it cost $5.40, nearly twice what he expected to pay.
A 1996 edition sells for less than half online.
People’s Literature Publishing House increased prices for Dan Brown’s novels 20 percent since 2004, selling “Deception Point” for $3.90.
When People’s Literature raised the cover price of the latest Harry Potter installment, fans of the series complained, said an employee in the publishing section who would only give his surname, Wu.
Hu Lichang, a construction worker in Beijing, hunted for bargain copies of the latest Harry Potter book at a recent Beijing book fair before finding a discounted volume for $6.75.
“But even that was expensive,” he said.

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19

12 2007

The Jackal

… altrimenti noto come Andrew Wylie, si fa intervistare qui.
Non importa se non sapete chi è, leggetela lo stesso. Oppure, prima, guardate la sua client list.

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18

12 2007

Contrordine

Spett. CE
con la presente chiedo che mi vengano inviati i seguenti volumi, che saranno segnalati sulla pubblicazione on-line Grama vita di quartiere, supplemento del trimestrale Grama vita di città di provincia.
[segue elenco di otto titoli]

Contrariamente a ciò che si crede, gli italiani leggono moltissimo.
Il fatto è che i libri non li comprano.
Né li prendono in biblioteca.
Né se li fanno prestare.
Li chiedono gratis alle CE.

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15

12 2007

Pendants

Grazie a Pensieri spettinati ho scoperto due blog che, almeno in una cosa, fanno pendant con il mio. Nel senso che i “soltanto oggi” si possono vivere anche in libreria.
Sperando di fare cosa gradita segnalo:
Il fu Mattia Bazar (di cui esiste anche un libro: Il fu Mattia Bazar e altre storie da libreria)
Neurolibreria

Volevo mettere un paio di scambi dialogici per esemplificare, ma i post sono tutti così belli che lascio a voi il piacere.

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14

12 2007

Distrazione o…

Stamattina mi stavo avviando al bagno dell’ufficio armata di manoscritto rovente di stampante.
Non sarà che il mio subconscio mi voleva dire qualcosa sul libro che mi apprestavo a leggere?
Ho un subconscio che legge i libri prima di me?
Quasi quasi lo assoldo come lettore…

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14

12 2007

Stop

Stop alla lettura nel 2007: a confermarlo sono i dati Istat resi noti oggi e pubblicati sul sito dell’Istituto. I lettori negli ultimi 12 mesi di un libro si sono ridotti al 43,1% degli italiani rispetto al 44,1% del 2006. In valori assoluti parliamo di 24 milioni (24.051.000) rispetto ai quasi 24,4 milioni di lettori del 2006. Quasi 400mila lettori persi in un anno e qualcosa come 33mila persi al mese, secondo l’Ufficio studi di AIE.
Dopo anni di progressivo e tendenziale incremento nei lettori italiani, il 2007 è in controtendenza: oggi sono solo 43 gli italiani su 100 che leggono almeno un (uno!) libro in un anno.
Questo risultato è il prodotto di due andamenti contrapposti. Chi legge legge di ancora più: cresce infatti nel 2007 la lettura forte (chi legge più di 12 libri all’anno), passando dal 12,9% al 13,3%. Chi leggeva poco invece (i cosiddetti lettori deboli: da 1 a 3 libri) ha letto ancora meno: nel 2007 è diminuito del 3,5% passando da 11,5 a 11,1 milioni di lettori.

(comunicato stampa dell’AIE)

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12

12 2007

CE & CIA

“Hmmm.”
“Già.”
“Ma chi l’ha letto?”
“Raffaello.”
“Ah. E sì che di solito…”
“Già.”
“Insomma, quando arriva Joanna e lui…”
“Oh, è il punto più…”
“Non dirlo a me.”
“E invece Raffaello…”
“Proprio così.”
“Strano. Insomma, dopo una quarantina di pagine, hai capito che…”
“Anche meno di quaranta.”
“Poi succede quel casino.”
“E in quattro pagine cambia tutto.”
“Joanna compresa.”
“Tu dove sei?”
“Mah, ne ho letto un po’ ieri notte.”
“Anch’io. Fino alle tre.”
“Ah, se per quello, io ho dormito al massimo mezz’ora.”
“Quanto tempo abbiamo?”
“Fino a domani. Ci sono già tre offerte.”
“Be’, allora vado avanti.”
“Be’, certo, anch’io.”

Morale: quando non si vuol far capire se una cosa (un libro) è piaciuta(o) oppure no, nessuno meglio di chi lavora in una CE è in grado di non farlo capire.
Postilla: Lo spirito competitivo è davvero una gran brutta bestia.

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12

12 2007

This is a test

Se oggi vado al cinema a vedere un film con Tom Cruise, so bene che per almeno sei mesi-un anno non avrò la possibilità di vedere un’altra pellicola con il mio attore preferito (vabbè, si fa per amor di esempio). Mi dispero? No, non credo. Protesto con i registi o con i produttori? Ne dubito.

Allora perché, nel caso di un libro, si ricevono ansiose richieste sul genere: “Quando uscirà il nuovo libro di John Johnson?” se il nuovo – l’ultimo – libro di John Johnson è in libreria da poco più di una settimana?

Seguitemi, per favore.

Prendete il libro di un autore che vi piace (e che non è ancora stato tradotto). Armatevi di un word processor, di un dizionario e di un cronometro.

Poi traducete una pagina di quel libro, calcolando quanto tempo ci mettete.

Mettete da parte la traduzione per due-tre giorni.

Riprendetela in mano, rendendovi conto che ci sono cose da sistemare, da limare, da correggere (state sempre cronometrando, vero?).

Fate leggere la vostra traduzione a qualcuno, che deve capire quello che avete scritto.

Tornate a limare e a correggere (tic, toc, tic, toc…).

Moltiplicate il tempo ottenuto per il numero delle pagine di cui è composto il libro.

Poi raddoppiatelo (vorrete ben rivedere la traduzione intera, no?)

Ecco: questo, in modo molto approssimato (per difetto) è il tempo necessario per fare una traduzione.

Aggiungetevi almeno il tempo della revisione redazionale, della lettura delle bozze, della prenotazione del libro, della stampa, dell’arrivo in libreria (semplifico moltissimo, eh?).

Ecco: per pubblicare un libro, questo è il tempo minimo.

Eppure qualcuno ha scritto alla CE chiedendo se potevamo far uscire prima di Natale un certo romanzo di un certo autore perché lui (lo scrivente, non l’autore) doveva assolutamente regalarlo a suo cugino.

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10

12 2007

Quanto vuoi?

Domanda

Cara CE,
vorrei pubblicare il mio manoscritto. Potete per cortesia indicarmi quali sono le vostre tariffe?
Cordiali saluti,
Vanino Vanini

Risposta

Gentile signor Vanini,
abbiamo il timore che la sua lettera sia stata erroneamente recapitata a questa CE. Da autore, infatti, supponiamo che lei sia anche un avido lettore, un frequentatore di librerie (o magari di biblioteche): a quale scopo, infatti, scrivere un libro se non si è profondamente appassionati del suo essere “oggetto da leggere”? Ci scusi questa tautologia e ci scusi anche se ribadiamo qualcosa che lei sa benissimo e cioè che il compito di una CE è quello di selezionare i libri da pubblicare, cioè di operare scelte. Discutibili? Ma ovvio, fin che si vuole. Determinate anche da esigenze commerciali? Senza dubbio. Eppure comunque scelte. Senza contare che le CE serie non richiedono soldi agli autori, anzi riconoscono loro diritti, appunto, d’autore. Se una CE diventa un servizio, insomma, perde la sua dignità e smarrisce la ragione primaria della sua esistenza.
Ecco perché crediamo che la sua missiva, probabilmente indirizzata a una tipografia, sia giunta per errore a noi.
Dispiaciuti dell’inconveniente, le porgiamo i nostri più cordiali saluti.

Segreteria editoriale
CE XYZ

P.S. In caso avessimo travisato le sue intenzioni – se cioè lei fosse veramente interessato a pagare per veder pubblicato un suo libro – la invitiamo a leggere l’inchiesta di Silvia Ognibene apparsa su Cabaret Bisanzio (la prima puntata è qui). O, meglio ancora, ad acquistare il libro che la Ognibene ha tratto dalla sua inchiesta e che s’intitola Esordienti da spennare.

Postilla
Non ho nulla contro chi vuole vedere il proprio libro “in bella copia”, contro chi ne vuole avere cento-duecento esemplari per autopromuoversi. Ho molto contro chi vuole approfittare di questo desiderio. E ho molto anche con chi vuole essere autore senza neppure sapere la differenza tra un editore normale e uno a pagamento.

(grazie a Benjamin, di un’altra CE, per tutto)

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06

12 2007

Mai più senza

1. How to Avoid Huge Ships by John W. Trimmer
2. Scouts in Bondage by Michael Bell
3. Be Bold with Bananas by Crescent Books
4. Fancy Coffins to Make Yourself by Dale L. Power
5. The Flat-Footed Flies of Europe by Peter J. Chandler
6. 101 Uses for an Old Farm Tractor by Michael Dregni
7. Across Europe by Kangaroo by Joseph R. Barry
8. 101 Super Uses for Tampon Applicators by Lori Katz and
Barbara Meyer
9. Suture Self by Mary Daheim
10. The Making of a Moron by Niall Brennan
11. How to Make Love While Conscious by Guy Kettelhack
12. Underwater Acoustics Handbook by Vernon Martin Albers
13. Superfluous Hair and Its Removal by A. F. Niemoeller
14. Lightweight Sandwich Construction by J. M. Davies
15. The Devil’s Cloth: A History of Stripes by Michel Pastoureaut
16. How to Be a Pope: What to Do and Where to Go Once You’re in the Vatican by Piers Marchant
17. How to Read a Book by Mortimer J. Adler and Charles Van Doren

17 Unusual Book Titles (by the editors of Publications International, Ltd.), via Howstuffworks

E non vi dico quali sono i romanzi e quali i saggi…

P.S. Il numero 16 appartiene a una serie. Io ho How to Be President: What to Do and Where to Go Once You’re in Office e vi assicuro che è bellissimo, oltre a essere molto divertente.

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06

12 2007

Cuccaggio letterario

C’è una nuova moda nelle proposte letterarie (italiane): sono ormai quattro (in due settimane) i libri arrivati che hanno come argomento la difficile arte delle avance, teoria e pratica. Due manuali, un romanzo(-verità?), una storia vera(-romanzo?). Cosa sta succedendo ai maschi italiani? Dove sono finiti gli autori tutti sospesi tra Palahniuk e Baricco, che infiorano di argute citazioni letterarie le loro opere, ma non temono di squarciare il tessuto narrativo con particolari che travalicano il macabro? Dove si sono nascosti i Camilleri della Valle di Scalve e i Faletti  del Biviere di Gela? Quasi quasi comincio a sentirne la mancanza…

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05

12 2007

Tempo totale modifica

30.986 minuti. Pari a 21,5 giorni interi.

Ho finito.

Ne è valsa la pena? Forse, nel senso che adesso il libro è leggibile.

Lo rifaresti? Be’, so che prima o poi ricapiterà.

Che cos’hai imparato? Nulla (maledizione dell’esperienza) . Ma l’idea che i libri si scrivano anche con squadra, righello, bussola, calcolatrice e matita (per meglio cancellare) è, in questo momento, più forte che mai. Non è sufficiente la buona idea. Non è sufficiente l’inventiva. Non è sufficiente lo stile. Ci vogliono radici, fuori della storia narrata e dentro di essa. Saper raccontare è un lusso che si conquista.

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03

12 2007

Sottoscrivo

Mi chiedono sempre: come fate voi editori a scegliere i libri? Un tempo rispondevo con la celebre battuta del musicista John Cage: “È una domanda così buona che non vorrei rovinarla con una cattiva risposta”. Perché se ci provi, a rispondere, una volta su due l’interlocutore prosegue: “E allora posso mandarle il mio romanzo storico su Venezia ‘Gondole a mezzogiorno‘?”. Oppure: “Senta, io ho una zia che scrive, le manderà il romanzo marinaro d’avventura ‘Vongole a mezzanotte‘”. Però un’indicazione su come presentarsi agli editori si può dare: bisogna avere un po’ di congruenza. In montagna non andate con pinne e maschera da sub, e se andate a un appuntamento d’amore vi lavate i denti (no?). Quindi, se Castelvecchi è editore di nuove tendenze, inutile mandargli una novellona “gothica” (con il “th” metallaro), ambientata in una cattedrale romanica romena: va spedita a Gargoyle, editore di genere horror-cult. Se Raffaello Cortina pubblica psicologia, vorrà leggere di archetipi e inconscio, non di narrativa rosa. A Carlo Gallucci, il miglior editore per l’infanzia, non dovete proporre storie su (o scritte da) venticinquenni fuori di testa, che trovano più facilmente dimora dal Castelvecchi medesimo. Avete proposto a Marco Cassini, che fa narrativa americana da Minimum Fax, il saggio “Come risolvere il problema gestionale delle public utilities leggendo Ovidio”? Peggio per voi. D’altro canto, se siete tanto pazzi (o tanto geni, chissà) da aver intitolato un libro così, di anticamera ne farete parecchia. Noi editori paghiamo ancora, dopo cinquant’anni, la “tassa Lampedusa”. Cos’è? Sta nel pacchetto dell’ultima Finanziaria? No: è un evergreen, un classico da conversazione. Dopo averci agganciato, il tenace aspirante dice: “Se fosse stato per editori come lei, “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa sarebbe rimasto un inedito. Lo sa quanti editori lo rifiutarono?”. Questa sì che è una domanda. Una domanda così buona che non vorrei rovinarla con una cattiva risposta.

Alberto Castelvecchi

(pubblicato su D la Repubblicadelle Donne, n. 576, 1° dicembre 2007, p. 159)

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01

12 2007

Facciamo un bello schevzo (cit.)

La strada potrebbe essere quasi catalogato come un’opera di fantascienza, ben piantata nella solida tradizione del filone catastrofico-apocalittico, se non fosse anche il romanzo di McCarthy più intenso, visionario e definitivo, oltre che uno dei più belli e struggenti che il nuovo secolo ci abbia, per ora, offerto. (da L’Indice)

Ecco: è quel “se non fosse” che mi turba. Come se le cose dette prima e dopo quella frasetta fossero incompatibili. “Anna Karenina potrebbe essere quasi catalogato come una storia d’amore…” “La Certosa di Parma potrebbe essere quasi catalogato come un romanzo di formazione…” No, non gira benissimo.

E allora, visto che il passaparola dei lettori è un’arma formidabile, “facciamo un bello schevzo” (cit) al panorama culturale italiano, andando in giro a dire: “Ehi, psss… Ma tu lo sai che La strada di Cormac McCarthy è soprattutto uno straordinario romanzo di fantascienza?”

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30

11 2007

On – oh – so many levels

Il National Book Critics Circle ha deciso di creare una “Best Recommended List” di libri da diffondere ogni mese. E ha lanciato un sondaggio tra i suoi 800 membri e tra coloro che sono arrivati in finale del National Book Critics Circle Award, un premio che assegnano dal 1975. Qui trovate l’annuncio e i libri vincitori del 2007; qui i vincitori degli anni passati. Niente da dire. Ma la cosa interessante è la dichiarazione di John Freeman, presidente del National Book Critics Circle, sulla nuova iniziativa.

“Best-seller lists really only show people what’s selling, not what people are reading. Recommendations are personal because it means someone has actually read that book. And who better to ask than award-winning poets, novelists, historians and critics?”

Questa posizione non mi convince on – oh – so many levels.
Almeno tre.

1) “Best-seller lists really only show people what’s selling, not what people are reading.” Cosa vuol dire? Che la gente compra e non legge? Forse. Ma, se legge, allora, cosa legge? Compra un libro e poi va in biblioteca a prenderne un altro? Compra la novità, però poi ripesca dalla libreria di casa un volume lasciato in eredità dalla nonna? Comportamenti possibili, certo, ma improbabili. Se vogliamo parlare della “correttezza” delle classifiche è un conto, ma se milioni di persone hanno comprato il libro X e le librerie si sono riempite di libri simil-X e sia l’uno sia gli altri non sono stati letti, allora è chiarissimo il motivo per cui Mr Brown non ha ancora pubblicato il seguito del libro X: ha paura che, a differenza del primo, tutti lo leggano e gli facciano le pulci.

2.) “Recommendations are personal because it means someone has actually read that book.” Ah, come tautologizzano gli americani non tautologizza nessuno. No, non c’è nulla di sbagliato, in realtà. Benché spesso non sia affatto così. Non ricordo chi ha detto: “Se una frase comincia con ‘Ho letto che…’ è assai probabile che sia una bugia.”

3.) “And who better to ask than award-winning poets, novelists, historians and critics?” Forse qualcun altro. Individuare esattamente chi non è facile (se lo sapessimo, noi delle CE…) Però partirei dal basso, per esempio da un collega acuto, da un’amica di sempre. Sì, rimane il problema del punto 2, ma si fa in fretta a sgamare il mentitore. Certo, se amo uno scrittore e lui dice: “Ho scoperto Raffaello Raffaelli: è un talento straordinario”, corro a comprarlo. Ma i poeti (che siano award-winning, però. Evidentemente, prima del Nobel, una come Wisława Szymborska non era affidabile) e i romanzieri vivono nel loro mondo, nella loro personalità, nel loro stile. Non sto dicendo che sono acritici, ma che, se si confrontano con altri, lo fanno dal loro personalissimo (vivaddio!) punto di vista. Si confrontano. E il confronto è uno-a-uno. Credo che lo stesso discorso si possa fare con gli storici. E i recensori? Be’, forse loro potrebbero. Sì, se ci fossero recensori meno impegnati a reggere la fiaccola della Cultura, forse anch’io darei loro ascolto. E per piacere, non per dovere.

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30

11 2007

Look up the number*

55.000 libri pubblicati ogni anno in Italia

1057,6 libri pubblicati ogni settimana in Italia

150, 6 libri pubblicati al giorno in Italia (festivi compresi)

6,2 libri pubblicati all’ora in Italia

E io sto rivedendo un libro da 20 giorni interi. Mi sento in colpa: evidentemente sto abbassando la media.

* Questa è per patiti…

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29

11 2007

The long and winding road*

Non sono di certo rivelazioni, quelle che scrive Motoko Rich in questo articolo del New York Times. Perché si legge? O, meglio, cosa spinge a leggere e poi a continuare a farlo? La risposta classica, sintetica e un po’ demoralizzante (o forse no) è: Mah. Ognuno sceglie la propria strada (e sceglie soprattutto se imboccarla oppure no). Due cose, però, mi sembrano degne di nota. La prima la dice Jonathan Galassi di Farrar, Straus and Giroux:

“What I find with readers today is they don’t go off on their own to another book. They wait for the next recommendation.”

Ovviamente si riferisce al mercato americano, alle spinte poderose di un fenomeno come Oprah, che in Italia non c’è. Ma, come sempre con ritardo e in scala minore, è chiaro che anche da noi la tendenza è quella. Di recente, in una libreria, ho visto fascette artigianali con la scritta VISTO DA FAZIO, che poi altro non sono se non l’aggiornamento del tormentone: “Scusi, vorrei il libro di cui hanno parlato da Costanzo ieri sera…” Bene? Male? Non mi formalizzo. Qualsiasi cosa serva a far imboccare la strada per me va bene, anche se, come dice l’autore, innestare il meccanismo è tutt’altro che facile.
La seconda è dell’autore:

Readers who want to know they are not alone are finding reflections of themselves in the confessional blogs sprouting across the Internet. And television shows like The Sopranos or Lost can satisfy the hunger for narrative and richly textured characters in a way that only books could in a previous age.

Sono d’accordo, nel male (ah, i confessional blogs… anche se, per fortuna, i blog non sono tutti confessional) e nel bene (le serie televisive). E spero tanto che questa “hunger for narrative and richly textured characters” prima o poi scopra di poter essere saziata con uguale soddisfazione nei libri. Non sarebbe la scoperta del secolo, ma sarebbe comunque una gran bella scoperta per molti.

* Sì, lo so. Faccio ancora qualche titolo con i Beatles poi basta, promesso.

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28

11 2007

I wanna be a paperback writer

Qualche considerazione sparsa su un pezzo di Tiziano Scarpa (via Phonkmeister).

Forse per contrastare un abbassamento della qualità delle prestazioni, o per agevolare la scelta del consumatore e dell’utente, in un caos di proposte commerciali in cui è difficile orientarsi: in questo mare di ciofeche, noi ti offriamo l’eccellenza.
La mia impressione è che questo stia accadendo anche nella narrativa. La sovrapproduzione di romanzi rischia di portare la narrativa a una situazione simile a quella, ormai collassata, della poesia: moltissimi scrivono, tanti pubblicano, pochi leggono.

Embè? Senza contare che il paragone con la poesia mi pare non regga proprio.

Un tempo era la critica letteraria a mettere un ideale il bollino di qualità su un libro. Da qualche anno, ciò che decide il successo di un romanzo è sempre più spesso la strategia pubblicitaria, attuata nei modi che abbiamo imparato a conoscere.

Vero e falso. Indubbio: la pubblicità è un traino decisivo. Ma la critica letteraria (proprio perché letteraria) ha sempre snobbato i romanzi commerciali (o d’eccellenza come li chiama Scarpa). E poi mi ribello al fatto che il “bollino di qualità” lo mettano i critici. Consigliare, indirizzare va bene. Decidere, no.

Quali sono gli ingredienti del romanzo d’eccellenza?
1) dev’essere di grande mole, meglio se supera le 500 pagine, in modo da mostrare a colpo d’occhio, persino senza bisogno di leggere il titolo e l’autore, che lo scrittore è un professionista del romanzo, non uno scribacchino della domenica né una rockstar incontinente né un politico vanesio né una casalinga con tanto tempo libero né un professore di liceo che ha messo insieme un centinaio di paginette nelle ferie estive e ha avuto la fortuna di trovare un editore ecc.

Davvero non lo seguo: possibile che non gli sia mai capitato lo “scribacchino della domenica” che manda la prima “puntata” [500 cartelle fitte fitte] del suo romanzo storico, sostenendo “ho già pronti due seguiti”? Possibile che non abbia mai sentito It’s a thousand pages, give or take a few, / I’ll be writing more in a week or two?

2) dev’essere un romanzo storico che abbia richiesto lunghe ricerche, o un noir molto accurato nella rappresentazione documentaria; qualcosa che sia fondato su un valore culturale condiviso, o comunque sancito da storia, mitologia o cronaca: magari per proporre storie e mitologie e cronache alternative o poco note;

Mi sfugge il lato negativo di tutto ciò. E credo che sfugga anche a parecchi autori (anche a quelli “letterari”) degli ultimi duecento anni.
Ci sarebbe altro, ma qui mi fermo.
Continuiamo così, facciamoci del male. Continuiamo a piangere sullo scrittore “ispirato” e, nel contempo, a piangere perché gli italiani non leggono.

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27

11 2007

Metti…

“Parecchio pietrificata invece la classifica dei libri più letti [in Spagna], con Al Gore, il Papa e Aznar nella saggistica, e fra i romanzi invece la solita compagnia di giro internazionale (Crichton, Littell, Khaled Hosseini). Spicca però Vida y destino di Vasilij Grossman, libro capitale e meraviglioso del Novecento, che gli spagnoli possono leggere in una nuova edizione e gli italiani invece no, perché lo pubblicò Jaca Book, è esaurito da anni, e chi non è abbastanza vecchio o abbastanza fortunato da averne una copia, peggio per lui. Si nutra della fuffa cartacea che l’editoria riversa in libreria, oppure emigri, per esempio in Spagna.”

Metti una giornalista che scrive di libri su un importante quotidiano e che parla di libri in un programma di successo. Metti che lo faccia in un Paese in cui 20.300.000 persone (il 37 per cento della popolazione di 6 anni e più) non hanno letto neanche un libro negli ultimi dodici mesi (rapporto “I cittadini e il tempo libero”, indagine Istat, maggio 2006).

Allora ti viene da pensare: be’, certo, se fosse disponibile Vita e destino e non “tutta la fuffa cartacea che l’editoria riversa in libreria” (fuffa che comprende, chessò, Günter Grass e Philip Roth, tanto per dire i primi due nomi che vengono in mente) le cose sarebbero molto diverse. Tutti si precipiterebbero a comprarlo, evitando altresì il comprensibile disagio di un trasloco in Spagna.

E poi ci si chiede perché in Italia c’è molta, troppa gente che non ama andare in libreria, che si sente a disagio davanti all’oggetto-libro… Se questa è la posizione di chi dovrebbe aiutare a superare questo disagio, a far capire che la lettura può essere anche piacevole (per il 29,8 per cento del campione Istat la lettura è “noiosa”), allora la strada è veramente lunga e difficile.

Che tristezza.

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24

11 2007

Mele verdi

Ve lo ricordate lo shampoo Campus alla mela verde? No? Allora: era molto in voga qualche anno fa (alla faccia dell’eufemismo), veniva venduto in una confezione verde, col tappo tondo (simil-mela) e l’etichetta riportava l’immagine di una donna che, al posto dei capelli, aveva delle mele (verdi naturalmente). Aveva un profumo davvero rivoltante, però questo non ne aveva impedito il successo. Ora: quanti di voi, sull’onda della nostalgia o della curiosità, si sognerebbero di andare al supermercato e di mettersi a discutere con una cassiera o un responsabile perché sugli scaffali non ha trovato quello shampoo?
Spero nessuno.
Con i libri non è diverso. Il libro, in genere, prima o poi, muore, nel senso che non viene più ristampato; le copie in circolazione si esauriscono o vengono restituite all’editore che le manda al macero (costa, sapete, tenere i libri fermi in magazzino). Da quel momento in poi, chi vuole leggere quel libro dovrà incrociare le dita: magari lo scoverà in biblioteca, magari lo troverà frugando su una bancarella o cercando su ebay. Ma l’editore non può farci più nulla. Non ce l’ha più.
In una frase: il libro è esaurito.
Per alcuni, questa frase non ha senso.
E così, soprattutto sotto Natale, siamo bombardati di richieste di libri apparsi negli anni ’80 o ’90 (talvolta anche in epoche “più antiche”). E sono richieste che cominciano tutte con una delle seguenti frasi “Il mio libraio mi ha detto che è esaurito, però…” “Sul vostro sito c’è scritto che è esaurito, però…” “Sul vostro catalogo non ce n’è traccia, però…” E spesso finiscono in tono indignato; “Ma com’è possibile che questo libro sia esaurito?” “Non vi rendete conto che il libro da me richiesto è un capolavoro?” eccetera.
Lo so, è brutto che un libro muoia. E la coda lunga è una gran bella cosa. Ma prima che sia applicabile a noi, passerà un sacco di tempo.

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22

11 2007

Their best, Our betters*

Dovevo comunque darci un’occhiata, quindi riporto qui per voi i primi dieci posti di Editors’ Picks: Top 100 Books of 2007 e la Top 10 Editors’ Picks (2007): Literature & Fiction (la non fiction è troppo “locale”) di Amazon.com. Da quello che so, quasi tutti questi libri sono stati acquistati in Italia (e quindi prima o poi usciranno. Quelli con il titolo in italiano sono già usciti). Strapotere americano, superiorità di marketing o eccellenza?

Editors’ Picks: Top 100 Books of 2007 (qui l’elenco completo)

  1. Kahled Hosseini, Mille splendidi soli
  2. Junot Diaz, The Brief Wondrous Life of Oscar Wao
  3. J. K. Rowling, Harry Potter and the Deathly Hallows
  4. Alan Weisman, The World Without Us
  5. Conn Iggulden, Il pericoloso libro delle cose da veri uomini
  6. Chelsea Cain, Heartsick
  7. Denis Johnson, Tree of Smoke
  8. Ishmael Beah, A Long Way Gone: Memoirs of a Boy Soldier
  9. Atul Gawande, Better: A Surgeon’s Notes on Performance
  10. Stephen Colbert, I Am America (And So Can You!)

Top 10 Editors’ Picks (2007): Literature & Fiction

  1. Kahled Hosseini, Mille splendidi soli
  2. Junot Diaz, The Brief Wondrous Life of Oscar Wao
  3. Roberto Bolano, The Savage Detectives
  4. Denis Johnson, Tree of Smoke
  5. Richard Russo, Bridge of Sighs
  6. Aryn Kyle, The God of Animals
  7. Dinaw Mengestu, The Beautiful Things That Heaven Bears
  8. Anne Enright, The Gathering
  9. Maggie O’Farrell, The Vanishing Act of Esme Lennox
  10. Don DeLillo, Falling Man

*Our Betters (1933) è un bellissimo film di George Cukor con Constance Bennett.

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20

11 2007

Scovante refusi

Direi che il 50 per cento dei curriculum che ricevo contengono la frase (in varie declinazioni) “vorrei diventare correttore di bozze”. Ora: io adoro i correttori di bozze. Eleverei loro un monumento in ogni città d’Italia (“A Rossino Rossi, scovante refusi, la Patria grata”) però mi chiedo se chi scrive quella frase sa veramente cosa significhi fare il correttore di bozze. Vorrei quindi spazzar via alcune idee abbarbicate da tempo immemore nelle menti dei lettori-correttori di bozze in pectore:

  • Saper correggere le bozze non è (più) un passaporto per entrare in una CE. Molto meglio fare il lettore (come ho già detto) o diventare un revisore (ne parlerò… oh, se ne parlerò!) Oggi le bozze sono sì un passaggio obbligato per sollevare l’autore o il revisore da quegli errori (nati dalla fretta, dalla distrazione, dalla superficialità) che scappano anche quando si è letto più volte il testo, ma sono anche (o dovrebbero essere) un ultimissimo gradino. Insomma: un tempo il correttore di bozze entrava in sala operatoria, oggi chiede un medicinale da banco in farmacia.
  • Correggere le bozze è un lavoro estenuante. Soprattutto perché l’equivalenza “correggo il libro”=”leggo il libro” non funziona benissimo. Il correttore deve avere sempre gli orecchi alzati e la matita appuntita, ma deve anche avere una sensibilità spiccatissima per sapere dove e come intervenire. Quindi la sua è una lettura in qualche modo astratta, un impegno a mettere insieme segni che devono essere uniformi e congruenti. Provateci, a leggere così un libro intero. A ricordarvi la storia soprattutto per i suoi elementi fondanti e non semplicemente per quelli narrativi. Ad assicurarvi che tutto sia uniforme. È un impegno bestiale, reso paradossalmente ancora più difficoltoso da quello che dicevo prima. Se i refusi o le incongruenze sono poche, è più facile distrarsi e quindi lasciar passare svarioni anche grossi. (A proposito: trovare ogni tanto qualche refuso [per orripilante che sia] in un libro non è segno incontrovertibile di abilità in questo tipo di lavoro. Bisogna provare con un libro intero e in tempi stretti).

Se, dopo tutto ciò, volete ancora fare il correttore di bozze, allora ho un consiglio da darvi: prendete un paio di libri della CE a cui volete mandare il curriculum e fateli a pezzi: setacciateli, prendete nota degli errori e fate delle ipotesi di correzioni. Poi mandate il tutto alla CE. Se sono furbi, almeno una prova ve la faranno fare…

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11 2007

My favorite book covers of 2007

Be’, non esattamente mie, ma di Joseph Sullivan (The Book Design Review). Le trovate qui. A me piacciono particolarmente Small Crimes In An Age of Abundance (David Drummond), One Perfect Day (Evan Gaffney) e Well-Behaved Women Seldom Make History (Helen Yentus).

Due cose:
1) Evidentemente è più facile fare una bella copertina per un libro non-fiction di una copertina per un romanzo.
2) In Italia siamo davvero alla periferia dell’impero (grafico).

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17

11 2007

Cotto e letto

L’agenzia pubblicitaria croata Bruketa & Zinić ha avuto un’idea quantomeno insolita per la presentazione del rapporto annuale dell’azienda alimentare Podravka. Il libro che contiene il rapporto deve infatti essere messo in forno a 100 °C per 25 minuti. Altrimenti non si leggono né i testi né le immagini. Il titolo del libro? Well Done.

Già m’immagino le nuove riunioni di programmazione della CE.

“Facciamo una campagna promozionale con un libro che cuoce a soli 80 °C! Ho già lo slogan: ‘Meno gas, più leggi.’”

“Creiamo una collana per i giovani: due minuti nel microonde alla massima potenza e viene fuori tutta l’Iliade!”

“No, il libro non può uscire: si è bruciata tutta la tiratura.”

“Dobbiamo rimandare l’uscita di quel libro.”
“Perché, l’autore non ha consegnato il testo?”
“No, è colpa del correttore di bozze. Si è distratto e l’ha messo nel forno col grill acceso.”

Se volete saperne di più, guardate qui.

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16

11 2007

Soltanto ieri (e oggi)

Spiritosone
Caro Editore,
sono un manoscritto, anzi un nanoscritto, perchè sono piccolino (50 cartelle formato A4). C’è speranza che io sia pubblicato?

Ermetico
Caro Editore,
vorrei essere pubblicato. Cosa devo fare?

Incardinato
La vicenda si incardina sulla protagonista Filippa Filippi, ormai priva di qualsiasi stimolo per gli incarichi burocratici che le capitano addosso da tempo. [Filippa muore e viene aperta un'indagine] Il commissario Rossi rileva sul muro dell’appartamento di Filippa uno strano segno e, andando dal suo salumiere, si rende conto che è il segno lasciato da un quadro. [Seguono due pagine che vi risparmio.] Il tutto è reso pimpante da alcune stuzzicanti vicende autobiografiche e da vari riferimenti agli Anni di Piombo.

Ai perversi che vogliono leggersi tutte le proposte che mi sono arrivate “soltanto oggi”, comunico che le ho riunite in un’apposita categoria.

16

11 2007

Si faccia una domanda…

D: Perché non hai ancora postato, oggi?
R: Come ti permetti? Mica mi pagano, per farlo! [Pausa.] La verità è che i minuti sono diventati 24.950.
D: Ah, capisco. A che punto sei?
R: Cosa fai, provochi? [Pausa.] 76/128.
D: Ti chiedo dove sei e tu mi dai i valori della tua pressione?
R: Cretina! Sono le pagine fatte / pagine totali del documento.
D: Ah, ecco. Hai sempre istinti suicidi?
R: Grazie per avermelo ricordato. No, ho capito che per un libro non si può morire. Non per questo libro, comunque.
D: Ma perché ti stai dando tanta pena? Si tratta di un libro “obbligatorio”? [Strizzatina d'occhio.]
R: Niente affatto. [Pianto dirotto.] La colpa è soltanto mia.
D: Te l’ho chiesto perché, nella blogopalla, l’idea che molti libri siano in realtà marchette è assai diffusa…
R: La blogopalla non ha torto. Però ha meno ragione di quanto creda.
D: E adesso che hai postato, cosa fai? Esci? Ti guardi un bel film? Leggi l’ultimo numero dell’Indice?
R: [Silenzio.]

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15

11 2007

Di fili e di trama

Sembra facile, ma non lo è. Parlo della tessitura della trama, della cura di ogni suo filo. Il romanzo (o il saggio, se è per questo) ha una compattezza e una necessità che il cinema, per esempio, può in un certo senso trascurare. In un film, se i due personaggi principali parlano in una stanza affollata, di certo il regista avrà disposto le comparse adatte intorno a loro. Ma tali comparse non disturberanno mai (né con parole né con atti né con la loro ’semplice’ presenza) l’azione su cui il regista vuole che lo spettatore si concentri. La compattezza del racconto scritto ha un’economia molto più ristretta. Mettiamo che a pagina 10 s’introduca un personaggio con nome, cognome, penetranti occhi verdi e fisico atletico. E che lo si faccia pure parlare con la protagonista, la quale finisca per provare una vaga repulsione nei suoi confronti. E poi mettiamo che questo personaggio scompaia. Basta, finis, puf! Io, da lettore, mi sento ingannato: ma come, mi dai un filo e poi lo lasci penzolare?

Sto dicendo cose banali? Oh, yeah. Eppure ho la sensazione che i fili penzolanti siano, genericamente parlando, in netto aumento.

Senza contare che, lo avrete capito, in questo momento mi sto occupando di un romanzo che ha più frange di uno scialle.

Volete conoscere la spiegazione dell’autore sull’episodio del belloccio ributtante? «Bah, volevo creare un momento di pausa…»

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14

11 2007

Anche loro, però…

Ebbene sì, non sono soltanto i traduttori a… sballare. Ecco alcune perle dalle schede di lettura:

«Joanna si accasciò al suolo, trivellata di colpi…»

«Questa è la storia della famiglia Ford… Harrison Ford, il padre, è andato in Australia per trovare… [...] E così Harrison Ford diventa ricco… [...] Ma la moglie di Harrison Ford lo tradisce…» E così via per due pagine. Peccato che il protagonista si chiami Harper Ford…

«Per fortuna, James aveva con sé la sua pietra focaccia…»

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07

11 2007

(Im)perdibili

Dal rapporto settimanale sui libri in preparazione negli USA, vi segnalo questi (im)perdibili:

  • 10-libri-10 sui (dai / con i / per i / tra i) cani, compreso uno che illustra come spiegare al proprio cane i principi della biologia. Come commenta l’estensore del rapporto: “Forse non rimane più molto da analizzare in the world of canines.”
  • Un saggio in cui l’autore sostiene che, se pagassimo di più per il cibo well-grown e ne comprassimo di meno, noi stessi e l’ambiente ne trarremmo beneficio.
  • Un ponderoso saggio che rivela: il vero scopo della vita è amare ed essere amati.
  • Un sintetico libretto che mira a spiegare la fisica ai futuri presidenti degli Stati Uniti.
  • Perché i maschi muoiono prima (… delle donne. Con cornetto-gadget, probabilmente).
  • Come andare in pensione mentre si sta ancora lavorando. (Non chiedetemi spiegazioni, perché non ho capito il concetto. Forse per questo devo continuare a lavorare…)
  • Come cambiare la propria vita senza cambiare la propria vita.

No, non cercateli, perché sono di là da venire. Però almeno vi ho avvertito.

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03

11 2007

Incast(r)ata

Qualche tempo fa (un tempo fa non sospetto) mi hanno detto che appartengo a una casta.

La casta di chi è condannato a leggersi a velocità fulminante valanghe di cose brutte (ma brutte, brutte, brutte, eh [cit.])?

La casta di chi palpita per una A andataa fuori posto su una copertina?

La casta di chi deve raccontare un romanzo in quindici secondi perché sennò “Uh, che storia complicata! Chi vuoi che la legga!”?

La casta di chi “Ah, lavori in una CE? Guarda, ho scritto un libro in-cre-di-bi-le!”

La casta di chi rovescia un libro come svariate paia di calzini per poi sentirsi dire dall’autore “Mah, hai cambiato davvero pochissimo…”

No, mi è stato risposto.

La casta di chi ha i libri gratis.

Non ho ribattuto.

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10 2007

E continuavano a chiamarli…

Brick Lane: via del Mattone
Fulham captain: il capitano Fulham
Purina gravy collection: una collezione di sughi pronti
Guinea pig: maialetto della Guinea
Sitting on the new teak garden seat: seduto comodo nel nuovo completo da giardino di legno tek

Le altre puntate le trovate qui e qui.

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10 2007

Encore!

Spettabile CE,

sono un vostro lettore. Ho letto tutta la serie di Clarabella Porter e proprio ieri ho comprato l’ultimo libro della suddetta serie, Clarabella traditrice impunita. Mi sapreste dire quando esce il prossimo?

Cordiali saluti,

Vincenzino Vincenzini

Ora, per far piacere fa piacere, certo. Ma non vi sembra uno zinzinello eccessivo?

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10 2007

L’incredibile e triste storia di Sgranocchiando crocchette

Spettabile CE,
il libro Sgranocchiando crocchette di Ronald McDonald è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 2005. Possibile che, in tutto questo tempo, non sia ancora uscito in Italia?
In attesa di una sollecita risposta, porgo cordiali saluti,
Everardo Everardi

Già, come mai? Perché Sgranocchiando crocchette non è ancora in bella mostra sui banchi delle librerie italiane? Facciamo qualche ipotesi:

1) Il libro non è piaciuto a nessuna CE italiana. Sì, esiste questa tremenda possibilità. Che il signor Everardo (e magari altri venticinque lettori italiani) si siano appassionati al libro, ma che ai lettori e ai responsabili delle CE italiane abbia fatto più o meno ribrezzo o sia risultato indifferente. Chi ha ragione? Chi ha torto? Mah.

2) Il libro è piaciuto a qualcuno in una CE italiana, ma le possibilità di vendita siano state giudicate scarse. Eh, sì. Di solito, qui si attacca il pippone della «cultura italiana arretrata» e degli «editori che vogliono soltanto arricchirsi» o, peggio ancora, dei «libri pubblicati che sono soltanto marchette». Credetemi, così non è. Non dovrebbe essere difficile da capire: un editore deve guadagnare qualcosa dalla vendita di un libro. In caso contrario, addio CE (inclusa la sottoscritta, se permettete). Ciò non significa pubblicare soltanto orrori, certo, ma significa dare alla propria CE un posto ben definito all’interno di quell’esposizione cartaceamente luculliana che si chiama libreria. «È una giungla, là fuori» (cit.) e ognuno combatte con le armi che crede migliori. Sbaglia? Peggio per lui. Ha ragione? Meglio per tutti. Senza contare che non si può fare un peggior servizio all’autore che pubblicarlo senza convinzione, buttandolo in mezzo al resto e dimenticandolo. Senza contare che, talvolta, il responsabile di una CE s’innamora di un libro «perdente» e lo pubblica lo stesso, con l’assoluta, terrificante consapevolezza che sarà un libro in perdita. Cosa che infatti accade nove volte su dieci.

3) Che l’autore/l’AA/la CES abbiano chiesto troppo per venderlo in Italia. Caso raro, ma possibile, e che si aggancia a quello che è stato detto al punto 2). Se mi vuoi vendere Sgranocchiando crocchette per un milione di dollari e io penso di farne duemila copie, mollo tutto. Forse sbaglio, forse il libro sarà il bestseller del terzo millennio, ma sono rischi che una CE si prende quotidianamente.

4) Il libro è completamente sfuggito a tutti. Proprio a tutti. Secondo una statistica ormai di qualche tempo fa, nel mondo si pubblica un libro ogni 30 secondi e, soltanto negli USA, escono circa 180.000 libri all’anno. Non è così azzardato sostenere che qualcosa non arrivi sulle scrivanie delle CE italiane, anche se vi assicuro che non riceviamo poca roba (in tutte le forme: dalla semplice segnalazione di due righe al libro finito). Risultato: sono andata subito a vedere cos’era Sgranocchiando crocchette, scoprendo di averlo visto nel 2003 e rifiutato.

Morale: Ebbene sì, signor Everardo, è tutta colpa mia. Soltanto mia. E sono pronta ad assumermi tutte le responsabilità del caso.

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29

10 2007

Ce l’hai 5900 euro?

Non ho trovato traccia della notizia in quel megarchivio iperspecializzato che è il sito del Vaticano (anzi il motore di ricerca, con le voci “templar” “templars” “templarios” non dà risultati), ma, a dar retta a questa notizia, il Vaticano metterà in circolazione, dopo 699 anni, un documento che prova come papa Clemente V non fosse d’accordo sull’accusa di eresia mossa ai cavalieri templari.

Il documento – di 300 pagine – avrà una tiratura limitata di 799 copie e sarà messo in vendita per la modica cifra di 5900 euro.

Ora: Dan Brown quei soldi li ha di sicuro. E già la cosa mi preoccupa (come niente, ci ritroveremo a leggere un Il codice da Vinci II: la vendetta in cui si scopre che Robert Langdon è parente stretto di san Giuseppe ed è destinato a rivalutarne l’immagine “appannata” da quella approfittatrice della Maddalena). Ma soprattutto m’immagino tutti quegli scrittori meno fortunati (anche economicamente) che si coalizzano per comprare il documento e poi se lo spartiscono, scrivendo ognuno su una parte ben precisa (“Tu puoi attingere soltanto da pagina 1 a pagina 34; tu vai da pagina 35 a pagina 77…”) e producendo una serie di romanzi… “zoppi”.

E sì che l’uragano Ho-scritto-un-libro-come-il-codice-ma-moooolto-più-bello stava quasi per trasformarsi in una pioggerella…

28

10 2007

Ogni scarrafone…

«Scusate, signori tecnici, ma questo libro è sbagliato.»
«Come sarebbe a dire “sbagliato”?»
«È più basso di come dovrebbe essere.»
«Lo avrete fatto in dimensione più piccola.»
«No, è la solita.»
«Mancano delle pagine?»
«No, è la carta a essere più sottile di quella prevista.»
«Impossibile.»
«Direi di no. Doveva essere così [pollice e indice che si separano di parecchio] e invece è così [pollice e indice che quasi si sfiorano]
«Aspetta che chiamiamo.» [Telefonata di venti minuti. Controllo di astruse formule matematiche, valutazioni su grammature di pergamene e verifiche di svariati sistemi di messaggistica tra cui un piccione viaggiatore.] «Per loro va bene. Lo hanno fatto come gli abbiamo detto noi.»
«Ma noi gli avevamo detto un’altra cosa.»
«A loro non risulta.»
«Cioè, fatemi capire: voi avete comunicato la cosa giusta, loro l’hanno messa in pratica e alla fine è venuta fuori la cosa sbagliata?»
«È stato il programma.»
«E chi sarebbe? Il nuovo assunto? Quello piccolo, biondo…»
«Ma no, il programma con cui comunichiamo con loro. Si è mangiato una riga e quindi loro non l’hanno vista. Per loro è giusto così. E allora, lo ristampate?»
«A nostre spese?»
«Be’, sì, loro hanno fatto quello che gli abbiamo detto noi…»
«Non se ne parla.»
«Allora lo tenete così.»
«Per forza.»
«Ah, bene.»
Bene non direi. Piuttosto mettiamola così: caro libro, sei più piccolo di come speravo, ma ti voglio bene lo stesso…

26

10 2007

Chi ha tempo (lo controlli meglio)

Si sa, gli scrittori sono artisti e spesso vivono in un mondo tutto loro. Ma, quando scendono nel nostro mondo, si può sapere che razza di percezione temporale hanno?

«Pioveva quando Billy parcheggiò l’auto davanti al vecchio palazzo. Marguerite scese e si riparò sotto il portone. Dopo cinque minuti, Billy la raggiunse.»
[Cinque minuti? Per chiudere la macchina e fare… quanti? Sette, otto passi? Figlio mio, fatti controllare le giunture o cambia scarpe.]

«Si fissarono per un minuto. Poi Marguerite scoppiò a piangere.»
[Provateci. Provate a fissare qualcuno per un minuto intero e a essere fissati di rimando. Anzitutto è un tempo eterno. E poi, dopo trenta secondi – massimo – scoppia la ridarella.]

Capitolo I

«Era ormai il tramonto e Marguerite si avviò alla fiera campestre…»
[seguono sedici pagine sulle vicende di Marguerite alla fiera]

Capitolo II

«Il sole rosseggiante stava lanciando i suoi ultimi bagliori, quando Marguerite scese dall’ultima giostra…»
[altre dieci pagine su altre vicende di Marguerite alla fiera]

Capitolo III

«La luce stava sbiadendo e nuvole rosa animavano il cielo. Marguerite le fissò, rapita…»

[Insomma: Marguerite sta alla fiera per tre ore abbondanti, si diverte un sacco, ma il povero tramonto deve rimanere sempre lì, fisso e impavido. Non c'è giustizia su questa Terra (né sul Sole, a quanto pare).]

Piccola consolazione: almeno l’autore non ha scritto «Marguerite le fissò per un minuto…»

25

10 2007

I no che aiutano a crescere

No, non posso pubblicare l’idea del tuo manoscritto
No, non posso leggere subito il tuo manoscritto
No, non posso leggere domani il tuo manoscritto
No, non posso pubblicare il tuo manoscritto perché l’hai scritto tu
No, non posso pubblicare il tuo manoscritto perché tu dici che è bello
No, non posso pubblicare il tuo manoscritto perché la tua mamma ha detto che è bello
No, non posso pubblicare il tuo manoscritto perché i tuoi amici hanno detto che è bello
No, non posso pubblicare un manoscritto sui mille modi per fare il khir alla bengalese
No, non posso pubblicare un racconto di quattro cartelle
No, non posso pubblicare le tredici poesie che hai dedicato al tuo cane
No, non posso leggere i ventisette manoscritti che hai nel cassetto
No, non posso correggere le bozze del tuo manoscritto
No, non posso leggere il tuo manoscritto in finlandese
No, non posso far tradurre e poi leggere il tuo manoscritto in finlandese
No, non posso sapere perché il suo libro è stato pubblicato e il tuo no

Scusate lo sfogo.

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24

10 2007

No, non l’ho letto

Però mi diverte moltissimo l’accesa discussione ironica e falso (vero?) intellettuale che ha attraversato alcuni luoghi della blogopalla italiana. Davanti a recensioni come questa (incipit: «Virginia Woolf si è reincarnata…») un venticello di perplessità mi sfiora. Poi m’imbatto in un post piuttosto acidello, ma con parole pesate, e in un altro surreal-divertente e tiro un respiro di sollievo: la blogopalla non è ancora asservita ai blogoguru, per fortuna. E la mancanza di asservimento fa sempre piacere. D’altra parte, la valanga di post, commenti, video eccetera mi sembra non abbia inciso affatto sull’andamento (commerciale) del libro. Il che significa che la blogopalla deve ancora assorbirne, di gente, prima di pesare davvero sulle «scelte culturali degli italiani».

P.S. Come avete notato, del libro in oggetto ho accuratamente evitato di nominare autore e titolo…

22

10 2007

Piccolo delirio

Perché i casi sono due, non si scappa: o è tuo o è di qualcun altro.
Se è tuo, quando lo vedi lì, in mezzo agli altri, diventi subito una mamma al primo giorno di asilo: il tuo sembra migliore, sì, sì, anzi spicca decisamente in mezzo agli altri, trasuda intelligenza e charme… come non ammirarlo? E, anche se ti atteggi a distaccata, poi finisce che l’occhio ti cade sempre lì.
Se è di qualcun altro, e lo vedi lì, magari vicino al tuo, invece scatta subito l’occhiata-Sherlock Holmes; cerchi i difetti, le smagliature anche minime, oppure i segni della banalità, se non della bruttezza più palese.
Il libro, dico.
Insomma: com’è possibile non accorgersi che i miei sono i più belli, in tutti i sensi?

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20

10 2007

18.50

Erano le 18.50 (di venerdì!) e pensavo di averla scampata.

Solo due libri (neanche tanto interessanti) per il fine settimana. Quelli da assaggiare per poi dire: “No, grazie.”

Poi sono arrivate le 18.50.

E, con loro, 515 pagine di un romanzaccio (Come fai a saperlo se non l’hai ancora letto? Lo so, lo so) che mi rovineranno il fine settimana, che non comprerò e che diventerà un successo (Ma se lo sai perché non lo compri? Perché se lo faccio io non sarà un successo. E come lo sai? Lo so, lo so.)

Dovrò mangiarlo, digerirlo e poi spingere via il piatto con disgusto. E parlare anche con il cuoco (l’AA, fuor di metafora) spiegandogli con la massima cortesia perché non è adatto a me (Colta la sottile differenza tra “Non mi piace” e “Non è adatto a me”?)

Date le similitudini che mi vengono, sarà bene che, in questo fine settimana, io non metta piede in un ristorante.

AGGIORNAMENTO: Alle 19.37, i libri sono diventati due…

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19

10 2007