Posts Tagged ‘parole’

Son cose… seller

Dato che il post precedente si è attestato nella classifica degli altovendenti, direi che è il caso di stilare un glossario.
highseller = altovendente. Se della propria CE, si può chiamare semplicemente “Tiè!” (accompagnando l’esclamazione con gesto denigratorio nei confronti delle altre CE). Se di un’altra CE, non possiede denominazione specifica, ma viene di solito evocato con un sospiro affranto.
bestseller = migliorvendente*. Le denominazioni equivalenti sono le stesse dell’highseller, ma nel caso 1 il gesto è più netto (e ripetuto quotidianamente) e nel caso 2 il sospiro è più affranto (e talvolta accompagnato da punizioni corporali autoinflitte).
longseller = longovendente. Se della propria CE, non possiede denominazione specifica, ma si individua subito perché citato con sussurrata reverenza, di solito abbreviando il titolo (p. es. Meglio tardi…, Tanto tuonò…, Di riffe…). Se di un’altra CE, si ricorre a una colorita perifrasi: “Ma-’sto-libro-del-c-non-esce-più-dalla-classifica?”
no seller = rasovendente. Ma anche buco, bufala, ciofeca, pacco, sòla, botta. Usato nella frase: “Ragazzi, che -!” (se della propria CE). Se di un’altra CE, viene indicato semplicemente con: “Ih, ih, ih…” (seguito da risolino irrefrenabile).

*definizione a cura di paolo beneforti. La differenza tra highseller e bestseller direi si situa nel fatto che un high non è necessariamente un best.

Tags: ,

01

02 2008

Son cose

Ieri sono stata inclusa tra “gli operativi qui presenti”. E mi è stato spiegato come fare libri “più altovendenti”. Poi sono stata invitata a “non andare a massificare il prodotto”. E tutto ciò da una persona assolutamente incapace di pronunciare la parola “bestseller” e quindi prodottasi nelle seguenti variazioni:

bezzeller,
bexelle,
bezteller,
bssellrrr,
betzeller.

Un consiglio, per favore: secondo voi, se mi metto operativamente un tacco 12, riesco a fare libri più altovendenti riuscendo però a non andare a massificare il prodotto?

P.S. E son 201 post, perdindirindina (cit.).

Tags: ,

01

02 2008

Blurb!

Mi stavo pure mettendo a tradurli. Ma poi ho capito che era inutile e quasi dannoso, perché, come verifico tutti i giorni, gli slogan anglosassoni sono imbattibili e intraducibili. Ciò non significa che le stesse cose non si pensino e non si dicano nelle nostrane CE. Perché anche qui si vive il quotidiano dramma della malefica blurb, cioè della stramaledetta frase (o del dannatissimo slogan) di copertina, oggetto di discussioni infinite, di dubbi last minute, di strazianti valutazioni di (in)comunicabilità.

“Ma si capisce che tipo di libro è, se ci scriviamo questo?”
“Be’, s’intitola Domani m’impicco, c’è un cappio a grandezza naturale in copertina e il sottotitolo recita: ‘Storia vera di un suicida’. Aggiungere la citazione dell’Old Work Yimes: ‘Una storia terribile’ non mi sembra che confonda la idee.”
“Magari usiamo la frase del Time-Rocks: ‘Una vicenda toccante’.”
“Ma così la buttiamo sul patetico!”
“Il patetico tira.”
“E allora andiamoci giù pesante con la frase di Ulla Ullason: ‘Ho pianto per tutto il tempo’.”
“No, troppo femminile. Questo è un libro duro, diretto, maschio.”
“‘Un libro eccezionale’. Parola del Chappanooga Voice.
“Già, peccato che la frase intera dica: “Un libro eccezionale come fermaporta.’”
“Citiamo il Petit Crayon: ‘Imperdibile!’”
“Hmm… Troppo generico. E poi è francese.”
“E allora?”
“Il francese non è abbastanza maschio.”
“E se chiedessimo una bella frase a Filippetti? Non è che sia ’sto gran nome, ma una sua nicchietta di appassionati ce l’ha.”
“A Filippetti non è piaciuto.”
“Perché?”
“Ha detto che è troppo ‘forte’.”
“Ah, be’, se lo dice la mammoletta che ha scritto un romanzo in cui il protagonista finisce in una betoniera, la moglie fa a pezzi la migliore amica con un cavatappi e il figlio appicca un incendio al suo asilo…”
“Sai che ti dico? Non mettiamo niente.”
“Ma così la copertina non è troppo spoglia?”
“Eh, forse… Ripetimi un po’ cosa diceva la frase dell’Old Work Yimes…”

e via almanaccando.

Insomma: qui trovate un rapido dizionario blurb-verità / verità-blurb e qui potete gettare uno sguardo sul tormentato rapporto autore1 – blurb – autore2 (ovvero: “Non è che poi questo vende più di me?”)

(grazie a L’emploi du temps)

Tags: ,

17

01 2008

Genio

american.jpg

da Bluebeard’s Eight Wife [L'ottava moglie di Barbablù] (1938) di Ernst Lubitsch. Sceneggiatura di Billy Wilder e Charles Brackett.
Ma il cartello è pura farina del sacco di Lubitsch.

Tags: ,

14

01 2008

L’indice

No, non il dito.
E neppure il periodico.
E neanche l’elenco dei libri messi al-
Proprio quello analitico, che si trova in fondo ai saggi seri (o ai manuali).
Be’, non sapevo che le CE americane lo appaltassero a un’apposita agenzia.
Adesso ho capito perché gli indici analitici americani sono così cervellotici (e spesso assurdi al punto che, in una biografia di Napoleone, ci trovi la voce Napoleone con un ovvio fantastiliardo di occorrenze): probabilmente vengono pagati un sacco di soldi.
Certo che, se sono fatti da professionisti, magari poi non capita (come è successo a me) di trovare perle del tipo:
Breve, Pipino il, p. 20, 134
Carta, Magna, p. 234-237
Heidegger, M., On time and being, p. 12

Tags: ,

04

01 2008

L’errore

Non c’è niente da fare. Quando vedi un errore in bella vista (copertina, bandella, quarta di copertina eccetera) sul libro di un’altra CE provi una punta di malvagia soddisfazione (proporzionale alla grandezza/notorietà di quella CE). Poi però arrivano la comprensione e infine il terrore, come se i refusi fossero un ceppo resistentissimo di virus influenzale che si propaga da CE a CE. E ti consumi gli occhi sulla copertina che stai mandando a stampare, convinto che ci deve essere un refuso e che, se guardi con sufficiente attenzione, quel bastardo salterà fuori. Invece niente.
Poi mandi un’e-mail a un autore molto permaloso e, dopo aver premuto send, ti accorgi che hai storpiato il suo nome.
Due volte.

Tags: ,

04

01 2008

Vitaccia cavallina…

… ecco la parolina!*
Il New York Times ha pubblicato The year in buzzwords.
Io voto per bacn, e-mail bankruptcy e vegansexual. Ma anche kinnear non è male.
Giochino del 31 dicembre: radunate un gruppo di amici e sfidateli a indovinare il vero significato delle varie parole “incriminate”.
I traduttori vi ameranno. Gli altri gruppi etnici un po’ meno.

* Titolo riservato a un pubblico adulto.

Tags: ,

31

12 2007

L’abisso

“Sarkozy si situa come personaggio di gradimento in ogni incontro. Egli ha di fronte non soltanto una nazione, uno Stato, una Repubblica, ma anche e soprattutto un pubblico, un popolo che partecipa ormai, mediante la tv e internet, al gioco della politica e la vuole declinata nel quotidiano senza asprezze ma con decisione. Sarkozy ha come tecnica della politica quella dello spettacolo: vuole piacere, intrattenere, creare rapporti. È il modo in cui la politica si inclina alla comunicazione, divenuta la forma della società. Lo stesso rapporto con le donne si trasforma in un elemento del suo rapporto con il pubblico: Sarkozy manifesta la sua galanteria e accetta l’infedeltà cercando un altro amore. Diviene così un uomo comune, un marito abbandonato più volte che è rimasto un amante fedele.”

Da Gianni Baget Bozzo, Chiamatelo modello Berlusconi, “Il Giornale”, 27 dicembre 2007, pagina 13.

No, non posso (e non voglio) citarlo tutto. La manipolazione sconsiderata delle parole mi fa sempre venire un travaso di bile. Ma il post in cui l’ho trovato si trova qui (grazie aaaaaaaugh!) e c’è anche un link al PDF con la pagina intera. Che merita di essere letta integralmente con un po’ di Valium a portata di mano.
Qualcuno lo fa avere alla Binetti?

Tags: ,

28

12 2007

Pendants

Grazie a Pensieri spettinati ho scoperto due blog che, almeno in una cosa, fanno pendant con il mio. Nel senso che i “soltanto oggi” si possono vivere anche in libreria.
Sperando di fare cosa gradita segnalo:
Il fu Mattia Bazar (di cui esiste anche un libro: Il fu Mattia Bazar e altre storie da libreria)
Neurolibreria

Volevo mettere un paio di scambi dialogici per esemplificare, ma i post sono tutti così belli che lascio a voi il piacere.

Tags: ,

14

12 2007

Una promessa e una minaccia

Promessa
Sto leggendo una traduzione che scorre come un filo d’olio su una bruschetta. Grazie, traduttrice che purtroppo non posso nominare, ma che, per quanto mi riguarda, avrà lavoro per omnia saecula saeculorum.

Minaccia
Il prossimo maschio (sì, le femmine non lo fanno) che mi traduce una frase del tipo: “How you’re doing, man?” in “Come va, uomo?” seguendo una vecchia, stupida, orribile, celodurista tradizione italica di un certo tipo riceverà il pagamento in ritardo di tanti mesi quante sono le occorrenze di uomo della sua traduzione. Tutte le occorrenze.

Tags:

13

12 2007

Contagio?

Come ho già detto, Charlie è una collega di CE che ha un unico scopo nella vita: usare tutte le frasi fatte dell’italiano nel minor tempo possibile. Ma ieri, dopo aver sentito questo dialogo, mi è venuto il terribile sospetto che Charlie sia anche pericolosamente contagiosa…

«Ciao, Charlie.»
«Ciao, bella. Come la va?»
«Adesso meglio. Ho avuto un pochino d’influenza.»
«Eh, mal di stagione. Quest’anno dicono che è terribile.»
«Insomma. Ma basta stare un po’ belli coperti…»
«Bere tanto…»
«E sudare…»
«E in un lampo sei a posto. Certo, se la prendi nel fine settimana…»
«Alla fin della fiera, come la metti, è sempre una sfiga.»
«Vabbè. Dimmi tutto.»
«Volevo dare un’occhiatina ai contratti di Federico Federici.»
«’Spetta un attimino che te li prendo. Ma che fine ha fatto? È dai tempi che Berta filava che non lo sento. Prima chiamava un giorno sì e l’altro pure.»
«Già. Invece adesso dice che ha sudato sette camicie per trovarci. Non aveva più sottomano il nostro numero.»
«Ah, con quello lì, chi ci capisce è bravo. ‘Spetta che li ho quasi trovati… Col casino che c’è qui, cercare qualcosa è peggio che andar di notte. Ecco… Ma guarda te… Sono scaduti come il latte.»
«Appunto. Prendi e porta a casa. Lui diceva di no.»
«Ma ha sempre detto tutto e il contrario di tutto, quello. Che ne faccio?»
«Non c’è storia. Lo mandiamo a spasso.»
«O così o pomì. Vabbè. Ciao, bella, eh?»
«Ciao, Charlie.»

Tags: ,

29

11 2007

Agli ordini!

Appena ricevuta (per e-mail)

Gentile CE,
Mi piacerebbe moltissimo ricevere i Vs. Cataloghi perché leggo tutto quello che pubblicate. Vi pregherei dunque di mandarmeli all’indirizzo sottostante. NON mandatemi NIENTE attraverso la posta elettronica perché il mio computer è COMPLETAMENTE PIENO di roba e io NON HO ASSOLUTAMENTE TEMPO di leggerla.
Cordialmente Vostro,
Peppino Peppini

26

11 2007

CV

Ieri mi sono arrivati cinque curriculum via e-mail. Come oggetto avevano:

  1. [niente]
  2. CV
  3. curriculum di Pippo Pippi
  4. Alla cort. att.ne del dir. del personale grazie
  5. Candidatura

Mentre il testo del messaggio era rispettivamente:

  1. Vi invio il mio curriculum. Cordiali saluti.
  2. In allegato troverete il curriculum di Pippo Pippi. In attesa di un sollecito riscontro ringrazio.
  3. Alla cortese attenzione del Direttore Risorse Umane grazie.
  4. In allegato, Vi propongo il mio curriculum per una candidatura presso la Vs Struttura. Resto in attesa di un Vostro cenno di riscontro.
  5. [niente]

Volete comunicare qualcosa, accidenti. E allora perché non lo fate?

Tags: ,

24

11 2007

A me non risulta

repubblica.gif

Che faccio, li bacchetto?

[Dieci minuti dopo è stato corretto. Forse non risultava neanche a loro...]

Tags:

22

11 2007

Dondake?

Top 60 Japanese buzzwords of 2007. Sono bellissimi (bellissime? Qual è il modo migliore di tradurre buzzword?). E ve ne riporto solo alcuni/e, tranquillamente utilizzabili per sconcertare il vostro interlocutore/la vostra interlocutrice (uffa!) magari un po’ troppo supponente.

KY [abbreviation of kuki ga yomenai - 空気が読めない]: This is an abbreviation of the Japanese expression kuki ga yomenai (”can’t read between the lines” or “can’t sense the atmosphere”), which is used to describe indelicate or unperceptive people. Example: That guy is so KY.

Dondake [どんだけぇ~]: This catch-all exclamation of surprise/disbelief/reproach arose from the Shinjuku 2-chome gay community and was popularized by Ikko, a popular transvestite TV personality. Dondake~ can be used in a wide variety of situations, sort of like “Really?!” or “No way!” Usually said with a slight rising intonation and seasoned with whiny sarcasm.

Sonna no kankei nee [そんなの関係ねぇ]: Sonna no kankei nee (”It doesn’t matter!”) is the catchphrase from comedian Yoshio Kojima’s wildly famous routine. Thanks to YouTube, Kojima’s popularity has spread quickly across the globe.

Kawayusu/Giza-kawayusu [カワユス/ギザカワユス]: Kawayusu and giza-kawayusu are words coined popularized by idol and avid blogger Shoko Nakagawa (”Shokotan”). Kawayusu is a variation of kawaii desu (”cute”), while giza, which means “very,” is derived from “giga.”

Motepuyo [もてぷよ]: Motepuyo, a term that means something like “chubby cute,” describes women who are plump, small in stature, and cute. With a fine line between motepuyo and chubby, some say the only difference is whether or not a woman has a cute face.

Tags: ,

21

11 2007

Scovante refusi

Direi che il 50 per cento dei curriculum che ricevo contengono la frase (in varie declinazioni) “vorrei diventare correttore di bozze”. Ora: io adoro i correttori di bozze. Eleverei loro un monumento in ogni città d’Italia (“A Rossino Rossi, scovante refusi, la Patria grata”) però mi chiedo se chi scrive quella frase sa veramente cosa significhi fare il correttore di bozze. Vorrei quindi spazzar via alcune idee abbarbicate da tempo immemore nelle menti dei lettori-correttori di bozze in pectore:

  • Saper correggere le bozze non è (più) un passaporto per entrare in una CE. Molto meglio fare il lettore (come ho già detto) o diventare un revisore (ne parlerò… oh, se ne parlerò!) Oggi le bozze sono sì un passaggio obbligato per sollevare l’autore o il revisore da quegli errori (nati dalla fretta, dalla distrazione, dalla superficialità) che scappano anche quando si è letto più volte il testo, ma sono anche (o dovrebbero essere) un ultimissimo gradino. Insomma: un tempo il correttore di bozze entrava in sala operatoria, oggi chiede un medicinale da banco in farmacia.
  • Correggere le bozze è un lavoro estenuante. Soprattutto perché l’equivalenza “correggo il libro”=”leggo il libro” non funziona benissimo. Il correttore deve avere sempre gli orecchi alzati e la matita appuntita, ma deve anche avere una sensibilità spiccatissima per sapere dove e come intervenire. Quindi la sua è una lettura in qualche modo astratta, un impegno a mettere insieme segni che devono essere uniformi e congruenti. Provateci, a leggere così un libro intero. A ricordarvi la storia soprattutto per i suoi elementi fondanti e non semplicemente per quelli narrativi. Ad assicurarvi che tutto sia uniforme. È un impegno bestiale, reso paradossalmente ancora più difficoltoso da quello che dicevo prima. Se i refusi o le incongruenze sono poche, è più facile distrarsi e quindi lasciar passare svarioni anche grossi. (A proposito: trovare ogni tanto qualche refuso [per orripilante che sia] in un libro non è segno incontrovertibile di abilità in questo tipo di lavoro. Bisogna provare con un libro intero e in tempi stretti).

Se, dopo tutto ciò, volete ancora fare il correttore di bozze, allora ho un consiglio da darvi: prendete un paio di libri della CE a cui volete mandare il curriculum e fateli a pezzi: setacciateli, prendete nota degli errori e fate delle ipotesi di correzioni. Poi mandate il tutto alla CE. Se sono furbi, almeno una prova ve la faranno fare…

Tags: ,

19

11 2007

Mi fido?

tempo.jpg

Arrotondando, 400 ore di revisione.

16, 6 (periodico) giorni interi.

Adesso ditemi voi:

  1. Se il dato di Word è affidabile, è stato bello stare con voi, ma adesso, scusate, devo andare a comprarmi una pistola.
  2. Se il dato di Word non è affidabile, perché caspita ce lo mettono? Per fare un favore ai rivenditori di armi?

Ah, ve l’ho detto che non sono neppure a metà del testo?

A ogni modo, il prossimo che mi dice: “Che bello, chissà come ti diverti a lavorare sui testi!” fa una bruttissima fine.

Tags: ,

14

11 2007

Di fili e di trama

Sembra facile, ma non lo è. Parlo della tessitura della trama, della cura di ogni suo filo. Il romanzo (o il saggio, se è per questo) ha una compattezza e una necessità che il cinema, per esempio, può in un certo senso trascurare. In un film, se i due personaggi principali parlano in una stanza affollata, di certo il regista avrà disposto le comparse adatte intorno a loro. Ma tali comparse non disturberanno mai (né con parole né con atti né con la loro ’semplice’ presenza) l’azione su cui il regista vuole che lo spettatore si concentri. La compattezza del racconto scritto ha un’economia molto più ristretta. Mettiamo che a pagina 10 s’introduca un personaggio con nome, cognome, penetranti occhi verdi e fisico atletico. E che lo si faccia pure parlare con la protagonista, la quale finisca per provare una vaga repulsione nei suoi confronti. E poi mettiamo che questo personaggio scompaia. Basta, finis, puf! Io, da lettore, mi sento ingannato: ma come, mi dai un filo e poi lo lasci penzolare?

Sto dicendo cose banali? Oh, yeah. Eppure ho la sensazione che i fili penzolanti siano, genericamente parlando, in netto aumento.

Senza contare che, lo avrete capito, in questo momento mi sto occupando di un romanzo che ha più frange di uno scialle.

Volete conoscere la spiegazione dell’autore sull’episodio del belloccio ributtante? «Bah, volevo creare un momento di pausa…»

Tags: ,

14

11 2007

Ho sentito cose…

… che voi umani forse sentite tutti i giorni. Ma io no. Spiego: per motivi che non posso (e quasi non so) spiegarvi, sono stata rinchiusa per l’intero pomeriggio in una sala superlusso (con tanto di cameriere-catering di altissimo livello, del tipo: “Questo è yogurt magro, questo è intero, questo è alla vaniglia speziata, questo è alle fragoline di montagna, questo è alla liquirizia. Se non prende nulla, mi denudo e mi frusto da solo per penitenza…”) a sentir parlare di prodotti. Di una serie infinita di prodotti. E non da gente qualsiasi, ma da pezzi grossi, amministratori delegati e simili. Che, forti del loro Powerpoint, del loro orologio pluridimensionale e dei loro completi gessati-ma-sportivi-dentro, hanno dimostrato di essere in seria difficoltà quando si trattava di spiegare qualcosa. Perle colte al volo:

  • E’ specificamente specifico per il target kid, che, cioè, come dire, è, sarebbe il target bambino.
  • Questo prodotto situato a shelf ha dimostrato la potenza del valore aggiunto in più nel pack.
  • A un certo punto volevamo fare un un-pack ma la store promotion era già sulla strada del facimento…
  • Abbiamo avuto numerevoli pressioni dalla nostra corporate.
  • Questo brand appila… cioè… è molto… ha molto efficiacia…

Intendiamoci: non ho (quasi) niente contro l’uso dei termini inglesi nei discorsi di lavoro. Fungono spesso da collante, conferiscono sicurezza a chi parla e chi ascolta, come se tutti facessero parte della stessa tribù. Ma oggi ho avuto la sensazione che non si trattasse semplicemente di far ricorso a un termine familiare a tutti, di percorrere una scorciatoia linguistica. Oggi ho avuto la netta sensazione che, sotto l’inglese, si nascondesse una semplice carenza mentale e pratica dell’italiano.

E ho provato un’acuta nostalgia delle folli, incredibili, improbabili proposte editoriali che giacevano, inascoltate, sulla mia scrivania.

Tags: ,

13

11 2007

Quasi OT

Non c’entra niente con i libri né con i secondi piani, ma con le parole (e con la loro manipolazione) sì. Per questo, sono lieta di diffondere questo illuminante post: Skypephone e 3: la disonestà fatta operatore. Purtroppo mi sembra soltanto uno dei mille casi in cui, tra l’altro, si sfrutta la diffusissima incapacità di analizzare linguisticamente quello che ci viene detto. E non soltanto dalla pubblicità. Devo aggiungere che m’interessa poco sapere se tutte le critiche e le accuse siano fondate: è la forma che è profondamente sbagliata.

Tags: ,

10

11 2007

Certezze ortografiche

Ce le abbiamo tutti, probabilmente, le «parole sfigate». E per fortuna che, a dare una mano (una volta tanto), ci sono le «opzioni di correzione automatica» di Word. Altrimenti non farei che scrivere:

  • orami
  • Mialno
  • sopresa
  • plurimio
  • batsa
  • Cartina [Caterina]
  • yuttavia
  • oip [poi]
  • nomma [mamma/nonna, a scelta]

… con risultati, lo ammetto, piuttosto divertenti, ma assai poco professionali…

Tags: ,

09

11 2007

Anche loro, però…

Ebbene sì, non sono soltanto i traduttori a… sballare. Ecco alcune perle dalle schede di lettura:

«Joanna si accasciò al suolo, trivellata di colpi…»

«Questa è la storia della famiglia Ford… Harrison Ford, il padre, è andato in Australia per trovare… [...] E così Harrison Ford diventa ricco… [...] Ma la moglie di Harrison Ford lo tradisce…» E così via per due pagine. Peccato che il protagonista si chiami Harper Ford…

«Per fortuna, James aveva con sé la sua pietra focaccia…»

Tags: ,

07

11 2007

Ma come ti chiami?

Quando uno si è bell’e convinto di aver sentito tutti i cognomi possibili (fiction e non fiction) improvvisamente spunta fuori lui:

Ray Tuttoilmondo

Non sto scherzando. E’ in forza al Galveston County Sheriff’s Office e si sta occupando del caso Baby Grace. E mi viene in mente – ovvio – la scena del Padrino parte II in cui Vito Andolini diventa Vito Corleone. Chissà se è andata nello stesso modo per gli antenati di Mr Tuttoilmondo. Ma soprattutto penso a come gli americani pronunceranno il suo nome. E alle infinite spiegazioni che Mr Tuttoilmondo avrà dato nel corso della sua vita…

Tags: ,

06

11 2007

E’ record?

I muri della CE sono molto sottili, quindi mi sorbisco spesso le telefonate di una collega che ha un unico scopo nella vita: usare tutte le frasi fatte dell’italiano nel minor tempo possibile. Questa è la rapida trascrizione (qualcosa mi è certamente sfuggito) di una telefonata di stamattina.

«Oh, ciao, bella… Eh, cosa vuoi, si tira avanti… Be’, finché c’è la salute…. Dimmi tutto… Ah, vuoi prendere due piccioni con… No, no, lo so come fa quello, sta sempre lì a menare il can per… Ah, poi c’è quell’altro… No, no, sì, sì… sembra uscito fuori dall’asilo Mariuccia, sempre lì a contarti la rava e la fava… A casa mia si dice: ‘Va a ciapà i ratt’ [per i non nordici: “Togliti dai piedi”, "Vattene" o simili]. Ma certo che te lo posso fare, aspetta un attimino… È che ‘sto computer stamattina è lento come la fame… Ecco: ti mando la mail così ce l’hai in un battibaleno… Ma figurati, una mano lava l’altra… Ciao, bella, eh, massì… tutto è bene quello che finisce bene.»

Se tanto mi dà tanto, è record.

Tags: ,

06

11 2007

Incast(r)ata

Qualche tempo fa (un tempo fa non sospetto) mi hanno detto che appartengo a una casta.

La casta di chi è condannato a leggersi a velocità fulminante valanghe di cose brutte (ma brutte, brutte, brutte, eh [cit.])?

La casta di chi palpita per una A andataa fuori posto su una copertina?

La casta di chi deve raccontare un romanzo in quindici secondi perché sennò “Uh, che storia complicata! Chi vuoi che la legga!”?

La casta di chi “Ah, lavori in una CE? Guarda, ho scritto un libro in-cre-di-bi-le!”

La casta di chi rovescia un libro come svariate paia di calzini per poi sentirsi dire dall’autore “Mah, hai cambiato davvero pochissimo…”

No, mi è stato risposto.

La casta di chi ha i libri gratis.

Non ho ribattuto.

Tags: , ,

31

10 2007

E continuavano a chiamarli…

Brick Lane: via del Mattone
Fulham captain: il capitano Fulham
Purina gravy collection: una collezione di sughi pronti
Guinea pig: maialetto della Guinea
Sitting on the new teak garden seat: seduto comodo nel nuovo completo da giardino di legno tek

Le altre puntate le trovate qui e qui.

Tags: ,

30

10 2007

Chi ha tempo (lo controlli meglio)

Si sa, gli scrittori sono artisti e spesso vivono in un mondo tutto loro. Ma, quando scendono nel nostro mondo, si può sapere che razza di percezione temporale hanno?

«Pioveva quando Billy parcheggiò l’auto davanti al vecchio palazzo. Marguerite scese e si riparò sotto il portone. Dopo cinque minuti, Billy la raggiunse.»
[Cinque minuti? Per chiudere la macchina e fare… quanti? Sette, otto passi? Figlio mio, fatti controllare le giunture o cambia scarpe.]

«Si fissarono per un minuto. Poi Marguerite scoppiò a piangere.»
[Provateci. Provate a fissare qualcuno per un minuto intero e a essere fissati di rimando. Anzitutto è un tempo eterno. E poi, dopo trenta secondi – massimo – scoppia la ridarella.]

Capitolo I

«Era ormai il tramonto e Marguerite si avviò alla fiera campestre…»
[seguono sedici pagine sulle vicende di Marguerite alla fiera]

Capitolo II

«Il sole rosseggiante stava lanciando i suoi ultimi bagliori, quando Marguerite scese dall’ultima giostra…»
[altre dieci pagine su altre vicende di Marguerite alla fiera]

Capitolo III

«La luce stava sbiadendo e nuvole rosa animavano il cielo. Marguerite le fissò, rapita…»

[Insomma: Marguerite sta alla fiera per tre ore abbondanti, si diverte un sacco, ma il povero tramonto deve rimanere sempre lì, fisso e impavido. Non c'è giustizia su questa Terra (né sul Sole, a quanto pare).]

Piccola consolazione: almeno l’autore non ha scritto «Marguerite le fissò per un minuto…»

25

10 2007

Come li invidio

Mi capita (sì, mi capita) di leggere i titoli dei film porno. E mi prende un’invidia indicibile. Perché loro (i titolisti)  non si devono spremere le meningi per trovare titoli belli ed efficaci o lottare con chi vuole tradurre letteralmente un (brutto) titolo originale. No, a loro basta prendere un titolo di successo e… adattarlo. Per esempio, Gang bang of New York è un capolavoro. Ma anche Mia moglie si fa Blackzilla! (notare l’esclamazione) è un bel concentrato di stilemi a effetto. Dai, mettiamone insieme qualcuno…

Tags: ,

21

10 2007

Trend?

”Sta andando molto bene, al di sopra delle previsioni. Ragionevolmente siamo in una traiettoria che va abbondantemente sopra i due milioni. E’ il trend allo stato dell’arte”. Lo ha dichiarato Antonello Soro, uno dei tre coordinatori del Comitato 14 ottobre, intervistato dal quotidiano online Affaritaliani.it. (fonte)

Come rovinare una bella notizia. Le parole sono importanti, accidenti a voi. E’ anche da lì che inizia il cambiamento, il distacco; sono loro che tracciano la linea di confine. Stamattina, mentre votavo, un bimbo (non avrà avuto più di dieci anni) ha chiesto al padre: “Papà, ma l’Ulivo non è di Prodi? E tu voti il mortadella?” Sono stanca di questo uso fascista della caratterizzazione individuale (come faceva notare ieri su la Repubblica Curzio Maltese a proposito della brutta faccenda Storace-Levi Montalcini). E’ un sistema limitato e limitante, schiavo della faciloneria e della superficialità.

Tags: ,

14

10 2007

E li chiamano traduttori… (II)

A grande richiesta, continua la saga. La prima puntata la trovate qui.

La vista di John si annerì ai lati.

Un senso familiare di crescente disperazione prese a farsi strada all’interno del suo essere.

Ma quando il nuovo collaboratore del presidente iniziò a ritardare di una settimana, e gli articoli si erano attenuati, l’allarme crebbe.

John trovò che il respiro gli era stato semplicemente rubato dalla vista del suo amore.

John arretrò dalla stanza.

Le lacrime cominciarono a scorrerle nuovamente negli occhi

Allora John sparò, colpendo il pavimento di legno proprio in mezzo ai suoi piedi e schegge di legno si staccarono dal pavimento, proprio in mezzo ai suoi tacchi.

Lei si mise a singhiozzare dietro le labbra.

«Credo che voglia passare a te il manto della sua responsabilità», disse John.

08

10 2007