Au(c)toritas
Gli autori (italiani) sono spesso imprevedibili. Se tocchi il loro testo, ricevi reprimende feroci da gente che è al suo primo libro (non ancora) pubblicato e invece un via libera da superstrada a sei corsie da personaggi che hanno fior di ragioni a essere chiamati autori. Di recente sono stata protagonista di questa telefonata:
Autore [giovane, promettente, ma un po’ paranoico] : «No, scusa, mi hai tolto una virgola…»
Io [paziente]: «Beh, sai, la virgola dopo il soggetto non ci va.» La grammatica, questo eterno, sfuggente venticello…
Autore [un po’ in contropiede]: «Ma io volevo… aggiungere una pausa, dare enfasi all’incertezza del soggetto. Senza virgola è tutto troppo brusco, troppo diretto. Non è nello stile di Pietro.»
Io [paziente]: «Guarda che a me non sembra.» Per venti pagine hai ripetuto che quel personaggio è indeciso, che non sa come parlare… Lo vuoi trasformare in un balbuziente? Quasi quasi glielo chiedo. «E se balbettasse?»
Autore [sconvolto]: «Ma chi? Pietro?»
Io [paziente]: «Sì, magari un poco…»
Autore: «Nononononono…»
Io [paziente]: «Va bene.»
Autore [propositivo] «E se facessimo questo pezzo come se fosse un dialogo teatrale?»
Io [paziente ma un tantinello perplessa]: «Cosa intendi?» Ho capito benissimo cosa intendi, ma, ti prego, non verbalizzarlo…
Autore [entusiasta]: «Massì! Al centro della pagina, in maiuscolo mettiamo PIETRO e, sotto, la battuta. Poi, a capo, mettiamo MARIA e, sotto, la battuta.»
Io [paziente ma ormai preoccupata]: L’ha verbalizzato. «Non ti sembra un po’… incongruo allo stile del romanzo?» Confido potentemente nell’uso dell’aggettivo incongruo. Chissà perché spaventa a morte gli autori.
Autore [improvvisamente depresso]: «Forse hai ragione…»
Il dialogo procede così, tra improvvise fiammate e subitanei scoramenti per venti minuti buoni.
Alla fine della telefonata, l’Autore ha completamente dimenticato la virgola e torna a straziarsi in privato sull’incertezza di Pietro.
E così la grammatica, almeno per oggi, è salva.
