Posts Tagged ‘varie’

CE, ma anche PH, V, MdE, U

Insomma, eravamo lì, pronti con la nostra valigia e la nostra list (mai dire «catalogo», fa subito remainder) e c’eravamo proprio tutti, non solo quelli delle CE, ma anche quelli delle PH, delle V, delle MdE, delle U, eccetera. Sì, ecco, eravamo tutti lì (ora, minuto, stand, tavolo, colazione di lavoro, lunch, party, dinner party, cocktail party, beverage point), pronti, quando è arrivata la cenere.
Farewell, London Book Fair 2010.
Ora: da tempo, la carta per noi è un di più. La buttiamo fuori a tonnellate, ma dentro cerchiamo di farne a meno. Anche noi – come tanti altri – siamo diventati funamboli dell’email, giocolieri dell’attachment, acrobati del Cc: e del Fwd:* soprattutto quando ci sono di mezzo le fiere, dato che sarebbe fisicamente impossibile stampare tutto quello che arriva. Potete quindi immaginare l’esplosione elettronica di venerdì/sabato/domenica e la fantasia che l’ha accompagnata: dai messaggi comici («CE vs. the Volcano») a quelli drammatici («Incontrarti era una delle poche cose che davano un senso alla fiera»), da quelli civettuoli («Avevo un vestito così bello per il party!») a quelli pratici («Sentiamoci per telefono all’ora fissata per l’appuntamento»).
Tutti, però, rivelavano la verità. Anche se nessuno ha avuto il coraggio di scriverla, bit nero su bit bianco.
Come abbiamo lavorato bene in questo weekend, mai prima.

*«You just said three things that all mean the same thing.» (I know)

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20

04 2010

Tre motivi

Vuoi sapere la verità che nessuno ti dice? Vuoi sapere perché, in realtà, è meglio NON essere pubblicato?
Questi sono i primi tre motivi che mi sono venuti in mente.

1) Non potrai più fare conversazioni normali, perché tutti vorranno sapere soltanto di cosa parla il tuo libro. E la cosa, all’inizio, può essere piacevole, ma ben presto si trasforma in una specie di recita, in cui tu continui a ripetere lo stesso monologo, credendoci sempre meno (“No, niente, sai, è la storia di un ragazzo che scopre l’amore…”) e l’altro, dopo un tempo medio di 4′”, non ti ascolta più.

Possibili sottoscenari:

1.1) Hai scritto La dinastia sumera di Lagash / Gli insetti olometaboli, amici dell’uomo / Herpes: mito o realtà? e ciò scatena occhiate tra il perplesso e il terrorizzato oppure esclamazioni del tipo “Ah” / “Oh”, che vogliono dire: “Ma allora non è un vero libro.” In più, da quel momento in poi, sarai considerato un esperto di qualsiasi argomento storico (fossero pure le circostanze della morte di Tarquinio Prisco) o scientifico (fosse pure la meccanica dei quanti);
1.2) Valanga di domande e/o esclamazioni del genere: “Maddai, non avrei mai pensato che tu sapessi scrivere!” “Su, dimmi, si guadagna un sacco, vero?” “Allora ti vedremo in TV da Vespa, eh?” “Ma un libro-libro? Con la copertina e tutto?” “Cioè, io vado in libreria e trovo il tuo libro? Magari solo nelle librerie davvero grandi, eh?”
1.3) Indagini approfondite su quali siano gli elementi autobiografici, anche se il tuo libro parla di un operaio tessile dell’Oklahoma con sei figli e una passione smodata per le armi e tu sei un insegnante, sei scapolo, non ti sei mai allontanato da Sansummano di Sotto e hai appeso al balcone la bandiera della pace. È ovvio che tali indagini nascondono pensieri del tipo: “Mi avrà messo nel suo libro? E, se sì, come? Be’, se non altro mi aspetto che mi citi nei ringraziamenti, anche se sarebbe meglio nella dedica…”
1.4) Immediata controffensiva: “Sai, anch’io ho scritto un libro. Un romanzo bel-lis-si-mo. Ehi, ma tu con quale CE pubblichi? Sai, una buona parola…”

2) Nessuno ti riconoscerà più, perché la foto in quarta di copertina è venuta così male (o così bene) da non somigliarti affatto.

Possibili sottoscenari:

2.1) Lettore che ti si avvicina, guarda la quarta, guarda te e ripete il tutto dalle tre alle dieci volte. Poi, con un’aria tra il perplesso e lo schifato, ti porge la copia per fartela firmare;
2.2) Lettore che ti scruta da lontano, che si avvicina un poco, poi se ne va, gridando: “Non è lui! È troppo brutto!”;
2.3) Amici che inventano nuovi, atroci soprannomi ispirandosi a quella foto (e a mo’ di vendetta perché non li hai citati nei ringraziamenti e non hai dedicato loro il libro).

3) Non potrai più aprire una lettera o un’email senza temere che venga…

3.1) dalla tua insegnante d’italiano del liceo, la quale ti segnala i refusi a pagina 3, 56, 98, 123, 263, 298 e 312, ti corregge la citazione a pagina 197 (“Non sei mai stato bravo in latino, mi ricordo, sai?) e, tra le righe, esprime il suo rammarico per non essere stata citata nei ringraziamenti (anche se una dedica sarebbe stata più adeguata);
3.2) dal notissimo critico letterario (che ti stronca) o dal critico letterario dell’Eco di Sansummano di Sotto (che ti stronca);
3.3) dalla CE che ti chiede di presentare il libro ad Aosta, a Trapani, ad Ancona e a Oristano (non nei capoluoghi, ma in provincia) nell’arco di due giorni;
3.4) da qualcuno che sostiene di aver scritto un libro sugli insetti olometaboli prima di te e meglio di te;
3.5) da qualcuno che ha comprato Herpes: mito o realtà? e t’insulta perché credeva che fosse un romanzo.

- continua (?) -

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10

03 2010

Il giudizio della mamma

«Nulla induce alla menzogna più della domanda: ’Hai letto quel libro?’» Lessi quest’aforisma nella rubrica «Citazioni citabili» di Selezione dal Reader’s Digest quando avevo sì e no dieci anni e – sebbene allora non ne potessi apprezzare la forza profetica – chissà perché mi rimase impresso in modo indelebile.
Ebbene, oggi, a profezia compiuta, mi sembra giunto il momento di correggerlo: «Nulla induce alla menzogna più della domanda: ’Hai letto il mio libro?’»
Talvolta con pudore, talaltra con protervia, gli aspiranti scrittori scrivono spesso nelle loro presentazioni: «L’ho fatto leggere a X e lui/lei mi ha detto che è bellissimo e che deve essere pubblicato», dove X è una variabile alla quale si può assegnare qualsiasi valore compreso tra «la mamma» e «uno scrittore (famoso)». Passi la mamma – per ovvi motivi –, ma come si può davvero credere che l’amico, il collega, lo scrittore abbiano tempo, voglia, energia sufficienti per sprofondare nel vostro romanzo fantasy di 564.987 battute (spazi esclusi) o nella vostra storia «solo velatamente» autobiografica? Dai, su, lo sappiamo come vanno le cose. L’autore consegna il malloppo mormorando: «Voglio proprio sapere cosa ne pensi tu… Ma leggilo pure con calma, eh, non c’è fretta» e l’altro lo prende, magari in perfetta buona fede, magari con le migliori intenzioni, ma poi, arrivato a casa, lo lascia cadere su un tavolino e lo abbandona lì, a prendere tempo e polvere. Non se ne dimentica, oh, no, sarebbe troppo facile: ogni tanto lo vede spuntare da sotto una pila di riviste, si lascia mordicchiare dal senso di colpa («Almeno un’occhiata…») quindi si mette a fare altro. Alla fine, sì, lo scorre, ne legge qualche pagina, ma soprattutto perché vuole scrollarsi di dosso l’imbarazzo che prova quando incontra l’autore. E cosa potrà mai dirgli, dopo, se non «è bellissimo e deve essere pubblicato» – la forma varia, ma l’essenza è questa –, al limite, per decenza, facendolo precedere da un «Io non sono un critico, ma»? Intendiamoci: non vi sto vietando di far leggere alla mamma, agli amici, ai colleghi, agli scrittori (famosi e no) il vostro manoscritto. Ma, se fossi in voi, non mi vanterei troppo dei loro giudizi. In particolare di quello della mamma.

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18

02 2010

Massì

[Trascrizione parziale dell’intervento di Catriona Potts sulla "mozione massì" tenuto in data odierna presso il CCCE – Circolo Carbonaro CE – "Carolina Invernizio", baracca n. 42]

Su, colleghi, ammettiamolo senza paura: tutti noi pubblichiamo “libri massì”. Non sempre lo facciamo, però ci succede più spesso di quanto vogliamo ammettere. Tralasciamo pure – tanto è poca roba, lo sappiamo – le marchette, i favori, i “si deve”. Ecco, riguardo al resto, chi di noi può sostenere di non aver mai detto: “Massì, io ci provo?” Nessuno. No, non farò nomi né titoli. Non ce n’è bisogno.
Ebbene, colleghi, so quello che vi state chiedendo: è, il nostro modo di agire, una mancanza o, peggio, un’offesa nei confronti del lettori?
Vediamo.
Cosa intendo per “libro massì”? Vi prego: evitiamo di ficcarci nel ginepraio del libro “di scarso valore culturale”. Quello direbbe: “E chi lo decide, ’sto valore?” Quell’altro obietterebbe: “Esistono forme e premesse che tuttavia non possono essere ignorate…” Il terzo borbotterebbe: “Mah, ai posteri l’ardua, comunque”. Non ne è mai uscito nessuno.
La mia idea di “libro massì” si definisce altrove. Partiamo dal lettore. Per spiegarmi, lasciatemi fare un paragone: quante donne hanno nell’armadio da più di cinque, dieci anni un vestito che indossano regolarmente? Credo pochissime, forse nessuna. Sono passati il tempo, la moda, le occasioni (magari è pure cambiata la taglia). Al massimo, vale come ricordo, come capo vintage. Ecco: il “libro massì” è quasi la stessa cosa. C’è un momento in cui attira, prende, invoglia. Si consuma e poi, senza troppi rimpianti, lo si dimentica. È stato inutile? Niente affatto, perché, in quell’istante, ha dato qualcosa. È stato incisivo, determinante? Probabilmente no. Pazienza. Sì, la vita del libro può essere assai breve e non lasciare che un vago segno. E allora? Ci sono vestiti comprati e mai indossati. Ci sono vestiti comprati, indossati una volta e poi dimenticati. Ci sentiamo in colpa? Talvolta, ma ciò non c’impedisce di comprare nuovi vestiti. Anzi può addirittura darsi che abbiamo imparato qualcosa da quell’esperienza.
Questo da parte del lettore. E dalla nostra? Cosa pensiamo nel proporre un simile libro? Come sempre, pensiamo al potenziale successo, alla prospettiva del bestseller. Un po’ perché si deve mangiare, un po’ per vanità personale, un po’ perché si fanno ovvi confronti, palesi valutazioni. Ma anche perché non si sa mai. Non lo sappiamo da CE perché, in fondo, non lo sappiamo neppure come lettori (per fortuna, direi). Non si sa davvero cosa attiri, cosa intrighi, cosa – oh! – faccia crescere, cambiare, sognare. Quali meccanismi facciano scattare la mano verso un altro libro, un’altra lettura. E se il percorso fosse costellato in misura simile da “libri di alto valore culturale” e da “libri massì”? Ve la sentireste di escluderlo? Io no.
Ecco perché, cari colleghi, appoggio la mozione massì.

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02

02 2010

Ricapitoliamo

  1. No, non mandare il tuo manoscritto dicendo che è già stato rifiutato da [numero] CE. Queste cose funzionano soltanto sulla bandella, nella sezione: “Biografia dell’autore scritta apposta per fare colpo e probabilmente un po’ esagerata.”
  2. No, non parlar male di un’altra CE nella tua lettera di presentazione. Mai fatto un colloquio di lavoro in vita tua, eh?
  3. No, non ti posso dare il mio numero diretto, il mio cellulare, il mio indirizzo e-mail. E non perché mi voglio dare delle arie. Innanzitutto non sono un medico né uno psichiatra né un impresario di pompe funebri. In secondo luogo, vorrei vivere fuori del lavoro, ogni tanto. In terzo luogo, perché no e basta.
  4. No, non mandare un testo “da correggere”, “da rivedere”, “da sistemare”. Né un testo che “potrebbe migliorare” col mio aiuto. Mandami il testo migliore che riesci a scrivere. Poi si vedrà.
  5. No, non è colpa di nessuno se nessuno ha mai pubblicato il tuo manoscritto. Anche se sei convinto del contrario.
  6. No, non m’importa nulla del formato, del carattere, dell’interlinea, eccetera. Chiediti solo: “È leggibile?”
  7. No, non mandare il tuo manoscritto senza una vera lettera di presentazione. Nulla è più irritante dell’autore che dichiara: “Non posso riassumere il mio libro perché è troppo eccezionale / strano / fantastico / complesso / immaginifico / originale / eccetera”. Anche qui: mai fatto un colloquio di lavoro in vita tua, eh?
  8. No, non m’interessa se già immagini James Cameron al lavoro sulla sceneggiatura tratta dal tuo romanzo (autobiografico). E ancor meno se immagini Angelina Jolie nei panni della protagonista del tuo romanzo (autobiografico).
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25

01 2010

Accontentarsi

Non è che non abbia voglia di scrivere (per quanto).
È che qui non succede proprio niente.
Libri? Il solito. Leggere, buttare. Rileggere, accontentarsi.
Copertine? Il solito. Chiedere. Non ottenere. Accontentarsi.
Titoli e risvolti? Il solito. Provare. Riscrivere. Banalizzare. Accontentarsi.
Autori? Il solito. Chiedere. Non ottenere. Richiedere. Accontentarsi.
Persino le email degli “autori emergenti” sono grammaticalmente e formalmente corrette (i manoscritti poi fanno schifo, ma sai che novità).
D’un tratto, qualcuno si ridesta e mi manda un libro che ho chiesto a Francoforte. Nel 2007. E che ho già rifiutato nel 2008.
Qualcun altro mi manda un romanzo in ungherese e mi chiede una risposta entro una settimana. “Come mai tanta fretta? Un’altra CE italiana vuole pubblicarlo?” chiedo. “No, però vorrei sapere subito cosa ne pensi” è la risposta. Ma io, di ungherese, conosco solo il salame. E Hugo Matuschek.
Insomma, con tutta la buona volontà, si langue.
Sì, non sono mai contenta, lo so.

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07

01 2010

Il popolo del té

Cartello Mentre fuori si parla di alabastri e ci s’indigna da una parte e dall’altra e poi si discute sulle modalità dell’indignazione da una parte e dall’altra e così via, ad nauseam, io sono qui e continuo.
A leggere, a correggere, a scribacchiare.
Mi permettete di chiamarla la mia lotta?
Grazie.
Per carità, non m’illudo. È una lotta di retroguardia. Timida, leggera, sussurrata. Scheggia, goccia, granello.
Però lotta è. Almeno per quanto mi riguarda.
Ascolto persone sostenere che il male nasce e germoglia dalle parole che si formano rapide su un monitor e che, altrettanto rapidamente, vengono viste su altri monitor. Come se il pensiero agisse in base a qualche legge creazionista.
Allora guardo le mie armi. Che sono nate nel IV millennio a.C. e che, da allora, sono rimaste in pratica immutate, anche se non bisogna più appuntirle o immergerle in qualche pigmento.
Poi guardo la virgola fuori posto, l’aggettivo inadatto, il periodo contorto. O noto la mancanza di un verbo, la forma burocratica, l’accento sbagliato.
E mi convinco sempre di più che da lì bisogna partire. Non soltanto, ma anche.
Non per ipercorrettismo. Non per snobismo. Non per inseguire uno stile. Non per dar ragione al grammatico.
Per cosa, voi lo sapete.

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17

12 2009

Dove?

C’è solo una domanda che mi inquieta di più di: “Cosa leggi?” ed è: “Dove leggi?”
Leggo ovunque, in realtà. Ormai è una seconda natura, un impulso irrefrenabile. Ma esiste un luogo ideale per leggere?
Vediamo.

In ufficio

Pro: Essere in ufficio, seduta alla scrivania, a leggere.
Contro: [Voce della coscienza] “Con tutto quello che c’è da fare, tu te ne stai lì a leggere?”

Sui mezzi pubblici

Pro: “Oh, io sfrutto benissimo quell’ora-ora e mezzo, ormai ci sono abituata!” [Attenzione al tono stridulo, perché è quello che frega.]
Contro: Masse ferrose e umane oscillanti; voyeur della pagina scritta; abbiocco mattutino e serale; regolari, obnubilanti accessi d’ira contro il dio dei mezzi pubblici.

A casa, alla scrivania

Pro: A casa.
Contro: “Dannazione, sto seduta tutto il santo giorno, non ce la faccio più. Adesso vado sul divano (in poltrona) o a letto e mi metto bella comoda…”

A casa, sul divano (o in poltrona)

Pro: A casa, sul divano (o in poltrona).
Contro: “Uh, ma oggi è [giorno della settimana] e c’è [film, serie TV, talk show]!”

A casa, a letto

Pro: A casa, a letto.
Contro: Sonno istantaneo, risveglio con sussulto, fogli sparsi ovunque, scoperta che sono le otto del mattino e che non si è letta neanche una riga.

A casa, in bagno

Pro: A casa
Contro: “Ma guarda se mi devo ridurre a leggere pure in bagno…”

In giardino, in spiaggia, in riva al lago…

Pro: In giardino, in spiaggia, in riva al lago…
Contro: Ovvie limitazioni meteorologiche. E comunque: qualcuno avrebbe un giardino / una spiaggia / un lago da regalarmi per trasferire in blocco la CE?

Nelle sale d’attesa

Pro: Ridacchiare mentre gli altri leggono Panorama. Il numero 14. Del 1995.
Contro: Rendersi conto di essersi portati dietro un libro orribile e dover aspettare tre ore. In alternativa: rendersi conto di essersi portati dietro un libro interessante e aspettare tre minuti.

In tutti questi e in molti altri posti

Pro: Sto leggendo. E’ il mio lavoro e mi piace. Senza contare che ci sono lavori peggiori.
Contro: Uh, un flame su Friendfeed! / Uh, questa la metto sul Tumblr! / Uh, 23 email! / Uh, che bell’articolo! / Uh, un nuovo blog! [Ad nauseam]

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25

11 2009

ER & CE

A: [Sospiro]
B: “Ma non potrebbero almeno dirci quanto ci vuole, eh?”
A: “Non lo dicono mai.”
B: “Il suo cos’ha?”
A: “Insufficienza grammaticale e fratture scomposte della sintassi.”
B: “Pure il mio ha l’insufficienza grammaticale. Con complicanze dovute a una debolezza strutturale pervasiva. Anche se dovesse farcela, mi hanno già spiegato che dovrà passare un sacco di tempo in una Casa di Revisione.”
A: “Uh, sono posti orribili.”
B: “C’è mai stato?”
A: “Sì. [Sospiro] C’è un gran silenzio. Ogni tanto si apre una porta e, più che vedere, s’intuiscono…”
B: “Cosa?”
A: “Tagli, espunzioni, rovesciamenti…”
B: “No!”
A: “Ti dicono che sono cose dolorose, ma necessarie… Però non sono certo infallibili, quelli, con tutte le arie ’da esperti’ che si danno!”
B: “Un mio amico ne aveva uno a cui teneva moltissimo. L’ha curato per anni, da solo. Senza chiedere niente a nessuno. Poi, a un certo punto, l’ha fatto uscire. Non riusciva più a tenerlo nel cassetto.”
A: “Capisco. E allora?”
B: “Non l’ha più rivisto. Sono passati almeno due anni. Non una riga, non una telefonata. Niente. Se non altro, noi una speranza ce l’abbia…”
[Voci concitate: "Codice rosso e blu!" "Livelli di coerenza a picco! Lo stiamo perdendo!" "Rianimazione ortografica!"
D'un tratto, cala il silenzio.
Una porta si apre. Una donna avanza nel corridoio, si ferma davanti a B e scuote la testa.
]
B: “Oh, no!” [Piange]
A: “Su, su, coraggio…” [Rivolto alla donna] “Sa, è il suo primo manoscritto…”
[La donna annuisce, lancia un’indecifrabile occhiata a B, poi si allontana.]

Tutto questo perché, ieri notte, arrivata all’84% [Kindle dixit] di un manoscritto, ho pensato che ci sarebbe da guadagnare parecchio, ad aprire in Italia un “Pronto soccorso manoscritti”.
Poi mi sono addormentata.

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20

11 2009

Ex voto

Se fai questo mestiere, ti capitano un giorno sì e uno no. All’inizio, sono stimmate, epifanie del tuo impegno, ex voto della tua dedizione. Con gli anni, si sviluppa un certo stoicismo, però rimangono fastidiosi, anzi sommamente seccanti. E ci vogliono settimane per farli sparire.
Che siano frutto di un complotto farmaco-editoriale, in cui le due parti in gioco incamerano grassi profitti all’insaputa di noi, povere vittime?
Chissà.
A ogni buon conto, se non volete considerare i taglietti con la carta alla stregua di un infortunio sul lavoro, dateci almeno dei cerotti che rimangono attaccati, per la miseria.

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12

11 2009

Dire, fare, rompere

Catriona: “Pronto?”
Amico (alla lontana): “Ehi, Catriona, ciao!”
C: ["Oddio. E questo adesso cosa vuole?"] C: “Uh, ciao. Quanto tempo… Come stai?”
[Banalità assortite]
A(al): “Senti…”
C: ["E ti pareva? Cos’è, hai scritto un romanzo? Hmm… No, non sei il tipo. Hai un amico che ha scritto un romanzo? Le possibilità sono pressoché infinite. Sorprendimi."] “Dimmi.”
A(al): “No, niente…”
C: ["Ahia."]
A(al): “No, è che sono qui con il mio amico Rossino de Rossini…”
C: ["E chissenefrega non ce lo metti?"]
A(al): “… che ha appena finito di leggere Feromoni per un delitto…”
C: ["Una persona attenta alle novità, eh? È uscito da due anni. E comunque: chissenefrega non ce lo rimetti?"]
A(al): “… e l’ha trovato pieno di errori.”
C: ["Strano. L'ha letto mezzo mondo, quel libro, e nessuno si è lamentato. Non si tratterà mica di un paio di refusi, eh?"] “Davvero? E di che tipo?”
A(al): “No, sai, probabilmente sono colpa dell’autore, di quel Charlie Charles.”
C: ["Respira, Catriona. Ne uccide più la calma della spada."] “Non credo. È stato rivisto con molta attenzione, anche da un chimico…”
A(al): “No… ehm…” [Borbottii indistinti, probabilmente del de Rossini] “… No, non sono errori scientifici.”
C: ["Hmm... Here comes the refuso again?"] “Infatti, mi sembrava strano. Ma quindi…”
A(al): “No… ehm…”
C: ["Se cominci un’altra frase con un ’no’, faccio cadere la linea."] “Per caso, il tuo amico li ha segnati, questi errori?”
A(al): “Sì! Sì!”
C: ["L’hai sfangata."] “Digli di mandarmeli, allora. Anzi mandameli tu. L’indirizzo email ce l’hai ancora, vero?”
A(al): “Sì! Sì!”
C: ["E tutto ’sto entusiasmo, da dove esce?"] “Ecco. Però non potremo fare granché. Sai, il libro è uscito da due anni…”
A(al): “Sì! Sì!”
C: ["Mah."] “Tuttavia non si sa mai. Magari lo ristampiamo.”
A(al): “Sì! Sì!”
C: ["Oddio l’infarto…"] “Grazie, eh?”
A(al): “Sì! Sì! Anzi: no! No! Grazie a te!”

L’email arriva dopo una settimana. Tre refusi. Tutti già corretti nella seconda edizione.

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05

11 2009

Condiscendenza

Il mio primo televisore risale agli anni dell’università. Era un portatile, con i tastini per cambiare canale (sdeng! sdeng!). Vibrava, gracchiava e scatenava sonore imprecazioni per via dell’antenna da regolare costantemente. Adesso – almeno quattro televisori dopo – ho un LCD da 40 pollici, full HD, con digitale terrestre integrato, eccetera.
Il mio primo lettore mp3 l’ho comprato poco dopo la laurea. Pesava più di mezzo chilo ed era così brutto e tozzo da sembrare un’apparecchiatura medica. Adesso – almeno tre lettori dopo – ho un iPod da 120 giga.
Il mio primo telefono cellulare l’ho comprato molto tardi. Era un oggettino fragile e precario, con un trillo perfora-timpani e con una batteria che durava il tempo di un sospiro. Oggi – almeno tre cellulari dopo – ho un Nokia E71.
Il mio primo e-reader è un Kindle. So benissimo che tra qualche tempo (qualche mese? un anno?), lo guarderò con la stessa nostalgica condiscendenza che oggi riservo a quel primo televisore, a quel primo lettore mp3, a quel primo cellulare.
Però oggi sono contenta e basta.

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02

11 2009

Tchuss, Frankfurt (M-Z)

Piccolo riassunto post FBF 2009 (alfabeticamente organizzato; il primo tomo, A-L, lo trovate qui).
Mappa Il vero discrimine tra i professionisti e i visitatori. I primi la ignorano e si muovono come teleguidati, tagliando curve, saltando su scale mobili e camminando a passo più spedito dei marciapiedi mobili. I secondi la osservano a lungo, smarriti, e finiscono nella zona dei libri lituani, realizzando così il sempre spassoso tableau vivant: “Lettori sotto la tenda del padiglione: perplessi.”
Novità Ammesso che esista, è sempre in un ambito diverso da quello di cui ti occupi. Fai romanzi sentimentali? Le novità sono nel romanzo d’azione. Pubblichi saggi di alta levatura? Sorry, abbiamo solo testi divulgativi.
Organizzazione Sempre impeccabile, se si escludono le…
Perquisizioni Standard, rapide (insomma inutili) al Padiglione 8, quello degli americani e degli inglesi. Non standard quella all’ingresso: “Ha coltelli, pistole, spray antiaggressione?” “Certo. E ho anche ago e filo per ricucirmi da sola le ferite.” No, non gliel’ho detto; dubitavo fortemente che l’ironia fosse una delle qualità di quel marcantonio dall’occhio tanto ceruleo quanto assassino.
4 Il padiglione delle meraviglie. Corsie larghe il doppio, silenzio, bar deserti, bagni immacolati. E la zona “nonbook” per divertirsi. Peccato averlo saputo soltanto dopo.
Quittung Magari non sai neppure chiedere “scusa”, però la parola tedesca per “ricevuta” l’hai imparata fin dal primo giorno della tua prima fiera.
Realtà [senso della] Va completamente smarrito nel LitAg (il Literary Agents & Scouts Centre). Per avere un’idea di quanto sia surreale questo posto, basta dare un’occhiata qui. Quando sei lì dentro, potrebbe scoppiare un conflitto atomico e tu continueresti beatamente a parlare – chessò – di genre fiction.
Scrittori A mucchi, a dozzine, a iosa, trattati come principi, ma anche come pacchi da lanciare tra un Blaue Sofa e un (una?) Gespräch mit. Anche se hanno scritto un libro di barzellette sconce, fanno il loro lavoro con una professionalità invidiabile.
Toilette Sono quasi convinta di aver fatto pipì vicino a Herta Müller, però mi sembrava indelicato chiedere: “Scusi, è proprio lei quella che ha vinto il Nobel?”
Tassisti Come gli autori. A mucchi, a dozzine, a iosa. A differenza degli autori, però, tutti turchi. Comunque, nonostante il loro buon inglese, io la Quittung gliel’ho chiesta in tedesco (vuoi mettere la soddisfazione?).
Uscita Insieme a “tiratura” e “anticipo”, la parola pià usata della fiera. Poi sono stata messa di fronte a un libro con data d’uscita “autunno 2013″ e ciò ha suscitato in me un unico pensiero, vale a dire…
Voyager Nel senso che solo Giacobbo potrebbe finalmente spiegare il cosiddetto “Paradosso Spazio-Temporale del Padiglione 8″: dato come punto di partenza il Padiglione 5, il Padiglione 8 risulta raggiungibile dall’esterno in circa 3 minuti e dall’interno in circa 22 minuti (e grazie a parecchie scorciatoie). Se lo chiedete a me, è colpa di un Templare che ha trovato un modo nuovo per raggiungere l’Area 51.
Weißwurst Pessima idea.
Zappa Sono certa che me la sono data sui piedi. Succede sempre: troppe persone, troppi appuntamenti, troppi libri. Ma chissà come e chissà quando. Vuol dire che lo scoprirò alla prossima Buchmesse.

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20

10 2009

Tchuss, Frankfurt (A-L)

Piccolo riassunto post FBF 2009 (alfabeticamente organizzato)
Appuntamenti Pensateli come un carnet di ballo. Dopo un po’, volteggi senza pensarci più e ti ritrovi alla sera con i piedi gonfi e con un ricordo sfocato dei partner con cui hai danzato.
Aereo Per l’ennesimo anno, imperversa la battuta: “Se cade questo aereo, nell’editoria italiana si aprono un sacco di opportunità di lavoro.”
Bratwurst Per l’ennesimo anno, vincitore del premio “Profumo di Fiera.”
Cataloghi Scomparsi, dissolti, cancellati. Fine dello struggimento provato durante le prime fiere: “Lo prendo? Non lo prendo? E, se lo prendo, quanti milioni dovrò pagare di supplemento bagaglio?”
Cosplayer Il sabato entrano gratis. Non che io paghi il biglietto, ma sono tentata. Ho un anno per pensare a come. Suggerimenti?
Depressione Gli americani sono molto più depressi degli europei. Ci guardano pure storto, all’inizio, come se ci volessero chiedere: “Ma lo sapete che c’è la crisi?” Tempo un minuto, però, capitolano davanti al nostro Continental charme (che è un po’ come il Continental breakfast, leggero e di rapido assorbimento.)
Domenica L’unico giorno in cui varrebbe davvero la pena restare, perché gli espositori, pur di non riportarsi indietro i libri, li vendono a prezzi stracciati o li regalano. Ma la stanchezza vince sempre sull’ingordigia.
E-book Per l’ennesimo anno, “Premio Cenerentola.” Ma ho finalmente visto qualche Principe Azzurro con una scarpetta in mano.
Feste Scomparse, dissolte, cancellate. Disappunto di chi aveva imbarcato la valigia piena di strass e di tacco 12.
Gabbie Quelle all’aeroporto, destinate ai fumatori. L’effetto camera a gas è bilanciato dal vantaggio di scoprire come si dice “Il fumo uccide” in almeno 23 lingue diverse.
Hello! Per l’ennesimo anno, “Premio Traduzione Ambigua.” Può infatti significare: “Ma tu chi caspita sei?” “Proprio adesso che devo fare la pipì!” “Perché? Abbiamo un appuntamento?” “Oh, finalmente qualcuno che conosco.” “Complimenti per il ritardo.” “Bella giacca.” “Hai il mascara tutto sbavato, sai?” “Ho fame.” “Ho giusto un libro da sbolognarti, così non me lo porto indietro.” “Non ho una mazza da proporti.” Eccetera eccetera
Irlandesi Guinness a fiumi alle quattro del pomeriggio. Avendo ancora tre appuntamenti, ho declinato. E me ne sono amaramente pentita.
Libri Pochi. Sì, insomma, in numero minore rispetto agli altri anni. Ma sempre troppi.

(- continua -)

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19

10 2009

Chiedo

Le fanno ancora?
No, chiedo: si organizzano ancora le gite – chessò – nelle fabbriche di biscotti, nei laboratori dei ceramisti, a vedere il contadino che munge la mucca?
Perché, nel caso, io avrei un’alternativa: vieni in gita in una CE.
Anzi, più che una gita (spesso noiosa), potrebbe essere un allegro campo di lavoro (questi ci sono ancora, l’ho letto sul “Manifesto”).
Buongiorno, accomodatevi. Tu potresti leggere questo (“Un foglio solo?” “No, tutti e 432. Ma non preoccuparti: sono tre libri diversi. E in un’oretta, eh?”); tu potresti correggere queste quattro bozze (“Come si fa?” “Penna rossa e lettura lenta… però non troppo, perché devono andare via oggi”); tu mettiti al telefono e cerca di convincere almeno dieci giornalisti su cinquemila a scrivere due-righe-due su questo libro (“Be’, non dovrebbe…” “Ne parliamo dopo, povero illuso”); tu, invece, siediti qui e obbliga i grafici a cambiare questa copertina (“Mah, in effetti, dovrebbero rendersi conto che…” “Già, povero illuso numero due”); tu crea un piano marketing che includa giornali, TV, cinema, affissioni stradali e ovviamente il web (“Bello!” “Già, e tutto con 23 euro, come da budget”).
Insomma avete capito. Ah, posso assicurare forti sconti a tutti quelli in grado di dimostrare di aver scritto alla CE almeno una volta, dicendo: “Ma come, vi ho mandato il mio manoscritto una settimana fa e non mi avete ancora risposto?”

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29

09 2009

Impalpabile

Lo so, faccio un mestiere impalpabile. L’editore, il traduttore e persino lo stampatore lasciano traccia del loro passaggio nel libro. Quello stesso libro che magari io ho scelto; per cui ho discusso con l’autore svariati giorni e parecchie notti; di cui ho letto prima, seconda, terza stesura nonché le bozze; di cui ho deciso la copertina eccetera.
Lo so, faccio un mestiere impalpabile. Da quando i dattiloscritti non ci sono più, da quando basta una combinazione di tasti per far sparire le revisioni da un file e rivelare un testo pulito, non ho più neppure la testimonianza della carta massacrata e dei segnacci blu, rossi o verdi a dimostrare che sono passata di lì.
Lo so, faccio un mestiere impalpabile. Un tempo si diceva “lavoro di concetto” (si dice ancora?), che per me si traduce in parole. Da leggere, da scrivere, da pronunciare. Comunque effimere.
Ed ecco perché, nel futuro della CE, immagino un dialogo più o meno così:

Anziana della CE “Uh, questo Catriona non l’avrebbe mai lasciato passare…”
Giovinetta della CE “Catr… Chi?”
A “Eh, già, tu non puoi averla conosciuta.” [Sospiro]
G “Ma chi era?”
A “In due parole?”
G “Mah, sì.”
A “Due parole due?”
G [Spazientita] “Sì!”
A “Un’emerita rompicoglioni.”

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17

09 2009

Io avviso

  • Vampiri maschi – di antichità pari allo sviluppo della muscolatura – che s’innamorano di un’umana e in alternativa: a) fuggono con lei perché sono vampiri; b) non possono fuggire con lei perché sono vampiri;  c) la rendono una vampira e soffrono; e) non la rendono una vampira e soffrono; d) soffrono perché lei non vuole diventare una vampira; e) soffrono perché lei vuole diventare una vampira; f) scoprono che l’aglio è buonissimo e aprono un ristorante insieme a lei;  g) grazie a lei, diventano imperatori della galassia; h) fanno sesso con lei (n.b.: di solito lo fanno comunque, in fuga, stanziali, sofferenti, ristoratori o regnanti che siano).
  • Giovani imbranati ma intelligentissimi (o viceversa) che incontrano adulti intelligentissimi ma imbranati  (o  viceversa) con conseguente scoperta, in alternativa, del: a) sesso (grazie a ripetute, sfinenti dimostrazioni pratiche); b) senso della vita (grazie a ripetute, sfinenti conversazioni); c) sesso + senso della vita (approccio olistico).
  • Assassini in paesi di 1.324 abitanti, di cui: n. 1 poliziotto ubriacone ma sveglio; n. 1 farmacista (avvocato, notaio, consigliere comunale) perverso ma apparentemente integerrimo; n. 1 panettiera (droghiera, macellaia, merciaia) ingenua ma pragmatica; n. 4 comari; n. 2 bambini petulanti ma osservatori;  n. 1 morto; n. 1.314 comparse (se la matematica eccetera).
  • Guerriere indomabili e dai lunghi capelli fiammeggianti (indispensabili!) che salvano un drago uscito da un uovo che è stato trovato grazie a un anello portato alla luce da un elfo, un nano, un guerriero nerboruto e un bue (molto saggio, però, il bue) e che è segnato da un’arcana maledizione che riguarda un drago uscito da un uovo eccetera.
  • Personaggi che hanno cambiato il corso della Storia, che sarebbe stata diversa ma nessuno sa come perché loro l’hanno cambiata, in alternativa: a) incontrando gli alieni (versione “originale”); b) incontrando l’autore (versione egocentrica); c) arrivando in un paese di 1.324 abitanti in cui è stato commesso un delitto (versione riciclo).

Io avviso: se mi dovessi imbattere in un altro manoscritto – uno solo! – in cui sono sviluppate una o più delle succitate trame, non risponderò più dei miei congiuntivi, delle mie virgole, della mia consecutio e di tutta la buona educazione che ne consegue e alla quale ho attinto per anni.
E vi farò pure le boccacce.

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16

09 2009

Note a margine

A ogni buon conto, a parte stare sempre con Mr Potts, una delle cose belle dell’estate per me è stato (ri)vedere e (ri)scoprire almeno una parte di quei film che durante l’anno scappano tra le dita del tempo, della stanchezza, del sonno eccetera (per spegnere la vostra bruciante curiosità, sappiate che l’elenco “per immagini” lo trovate qui). Orbene, per farlo, ho dovuto spesso riesumare uno di quegli oggetti che i-nostri-nipoti-non-sapranno-neanche, cioè le videocassette, registrate grazie a notti semi-insonni e nonostante programmazioni affidabili come le interviste di Chi.
E’ stato così che ho avuto una rivelazione.
Avete presente quelli che dicono: “Ah, no, per me i libri sono sacri. E penso sia sacrilego sottolineare, marcare, appuntare un libro…”? Ebbene, da adesso in poi, a gente siffatta mostrerò un frammento di ciò che non volevo registrare cinque, dieci, venti anni fa. E la sfiderò a non vedere in quella specie di note a margine – spot, telegiornali, previsioni del tempo, dibattiti – qualcosa che non abbia segnato anche solo in minima parte il suo modo di vedere le cose. E non importa che quelle note non abbiano nulla a che fare con – mettiamo – Lydia di Julien Duvivier. Facevano parte del mio mondo mentre io vedevo quel film e, per me, erano e rimangono importanti.
Ma adesso chi lo dice a Mr Potts che il meccanismo “compro DVD –> butto cassetta”  (con conseguente guadagno di spazio) si è inceppato in una puntata di Spaziolibero I programmi dell’accesso?

03

09 2009

Waiter, waiter, percolator

Catriona, bentornata! Tutto bene?
[Sorriso tirato]
Hai fatto qualcosa di bello? Avrai letto un sacco, come al solito.
[Accenno a successi di altre CE]
Hai fatto le pulci alla concorrenza, ah-ah-ah!
[Sorriso tirato]
E allora, lo troviamo questo besteller per il prossimo anno, eh?
[Sorriso tiratissimo]
Maddai, non è mica così difficile! Guarda, proprio quest’estate ho letto [libro di un'altra CE] e mi sono divertito un sacco! Si vedeva lontano un chilometro che sarebbe stato un successo, no?
[Sorriso con contrazioni nervose agli angoli della bocca]
Un giorno o l’altro, mi ci metto anch’io, mi ci metto. Incontro certa gente, qui, che bisognerebbe scriverci cento libri, non uno.
[Rictus]
… ecco il caffè. Ah, è aumentato, sì. Ma, se fai la tessera da venti, ne hai uno in regalo, come prima. Cosa dici? Niente tessera? Vabbè, me la fai domani, eh? Ciao e… mi raccomando il bestseller!

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01

09 2009

A terra

Se mai vedeste una donna in mezzo a un marciapiede, immobile e indifferente a eventuali spintoni e calci, con lo sguardo fisso a terra su un pezzo di carta, non preoccupatevi: sono io. Posso passare davanti a mia sorella senza notarla ma, se vedo qualcosa (qualsiasi cosa) su cui è stata tracciata anche soltanto una frase, devo sapere cosa c’è scritto. Sempre e comunque.
A dimostrazione di tale costante impulso alla lettura, quest’estate ho scoperto:
- che, sulle istruzioni per l’uso della pellicola per alimenti, c’è scritto “Devolgere il foglio” e “Stoccare il prodotto fra i 18 e i 30 gradi” (stavo tirando precipitosamente fuori ogni pacchettino dal mio frigorifero, ma poi ho capito che, per “prodotto”, si intendeva la pellicola stessa e non quello che c’era avvolto dentro);
- che, sul calendario gentilmente regalatomi a Natale da un fornitore, il mese di agosto è sbagliato (comincia di domenica), ma solo nella colonnina che affianca il mese di luglio;
- che, sulla bomboletta di un “profumo per la casa”, c’è scritto “Non fumare.” e “I deodoranti per l’ambiente non sostituiscono le buone pratiche igieniche.” (update: “Non fumare.” c’è scritto pure sulla bomboletta di una schiuma per barba. Vorrei, in entrambi i casi, far notare il punto fermo dopo l’intimazione.)
- che, sul flacone di un prodotto anticalcare, c’è scritto “Ha un gradevole profumo di aceto”; su un prodotto simile, l’etichetta riporta: “Altri componenti: profumo”. E noi che eravamo rimasti a Chanel;
- il Turducken.
Comunque, sì, il titolo del post si riferisce anche al morale.
Bentornati.

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31

08 2009

Il lunedì dell’ultima settimana prima delle ferie

Giovane Collega “Catriona, mi cercavi? Aarrggghhh! Ma cosa stai facendo?”
Catriona “Un falò.”
GC “In ufficio?”
C “Oh, non c’è pericolo. Siamo o no gli editori di Milleduecentoquattro modi per accendere un fuoco in tutta sicurezza ché non si sa mai quando ti può tornare utile?”
GC “Ma quel libro è andato malissimo, no?”
C “Già. Peccato. Come vedi, è davvero utile.”
GC “Scusa, ma…”
C “Ti ho chiamato perché sei qui da poco e certe cose non le sai ancora. Adesso ti spiego. Siediti, magari non troppo vicino a… Brava, lì. Dunque: fin dalla notte dei tempi editoriali, il lunedì dell’ultima settimana prima delle ferie è stato considerato uno dei giorni più pericolosi dell’anno, perché su di esso incombe un’oscura maledizione. Si dice che persino Gutenberg ne sia stato colpito.”
GC “Una maledizione? Su Gutenberg?”
C “E pure su Manuzio, se è per questo. Vedi, l’arrivo del lunedì dell’ultima settimana prima delle ferie, della sua promessa di libertà e riposo, scatena i più bassi istinti di una CE: i refusi non vengono corretti, i manoscritti urgenti rimangono intoccati, le bandelle diventano quasi incomprensibili…”
GC “Se ti riferisci alla bandella di Charlie Charles, posso rivederla, migliorarla…”
C “Migliorarla? Come minimo… A ogni buon conto, è proprio a causa di questa atmosfera d’intollerabile lassismo che, zac!, la maledizione colpisce.”
GC “E in che modo?”
C “In modo imprevedibile! Un instant-book, un autore che deve rivedere il proprio testo in agosto perché poi parte per il Kennesoiostan, un traduttore fidato che cicca la traduzione del romanzo più importante dell’autunno, costringendoti a una revisione in tempi impossibili, un correttore di bozze che si ammala e ti rimanda i quattro libri che gli avevi affidato dopo che lui aveva detto: ‘Ah, tanto quest’anno non faccio vacanze…’ E neanche tu le fai, le vacanze. Rimani in ufficio, a rimediare ai disastri, per tutto il periodo delle ferie. E senza aria condizionata.”
GC “Oh.”
C “Ecco perché è necessario un sacrificio. E questa è appunto una pira sacrificale.”
GC “Un sacrificio… umano?”
C “Se guardassi meno filmacci, ragazza mia… Ovvio che si tratta di un sacrificio simbolico.”
GC “Ah, per fortuna.”
C “Sto bruciando la stampata della tua revisione del romanzo di Charlie Charles. Ovviamente abbiamo cancellato pure i file dal tuo computer e dal server. Non ci provare neanche a recuperarli: è impossibile. Piuttosto mettiti al lavoro: hai una settimana intera per rifare la revisione.”
GC “Ma, ma…”
C “Su, su, è un libro breve. E non era neppure tradotto malissimo, almeno non in certe parti. In una settimana ce la fai.”
GC “Ma, ma…”
C “Dammi retta, ti è andata bene. Si dice che a un novizio, molti anni fa, abbiano bruciato le prime bozze corrette di un saggio in due volumi… Ma io non ci credo. La gente esagera sempre.”

E con questo, il lunedì dell’ultima settimana prima delle ferie, il secondo piano chiude. Per ferie, ovvio.
Ci si sente altrove, se tale è la vostra inclinazione.
Adesso, scusate, ma ho un fuoco da domare.

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27

07 2009

Imparati

[Avvertenza: post ad alto tasso di vecchiezza. Ne sono consapevole.]
Dio ne scampi dagli imparati. Ce ne sono ovunque, credo, ma ovviamente ognuno vede i propri. E io vedo i miei. In prevalenza giovani (e questo è bene, benissimo, intendiamoci), hanno magari un master (uno qualsiasi) e dunque sono convinti di avere “il segreto”, di possedere la “visione globale” che tu, piccola rotella arrugginita nel macchinario della quotidianità, ignori. In un lavoro che – lo ribadisco per l’ennesima volta, scusate – s’impara soltanto facendo(lo). S’impara ad annusare, a tagliare, ad addolcire, a cassare, ad allungare, a dubitare, a correggere, a umiliarsi, a piegare, a esaltarsi, a masticare, a scoprire, a limare, a equilibrare, a nascondersi, a  pulire… Non sono capacità superumane, ma non si acquisiscono neppure per immersione in qualche fonte benedetta dagli dei del mercato (e della letteratura in subordine). Si ascolta, si guarda, si capisce e poi, dopo, si cerca di far meglio.
Ecco: gli imparati convinti di saper far meglio prima non li sopporto proprio.
Quando poi chiudono le loro frasi con un “tesoro” non mi lasciano alternative.
E infatti mi vendico.

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22

07 2009

Stato di alterazione progressiva

Ma voi, voi che mi dite sempre “che-bel-lavoro-fai” e “quanto-t’-invidio”, avete idea della frustrazione? Riuscite a immaginare cosa significa fissare la pila di manoscritti letti per intero o soltanto scorsi e poi scartati (da me, ovvio, perché altri di sicuro li hanno letti tutti e per intero e magari ci hanno trovato il capolavor dei capolavori d’Omero)? Della tristezza che mi viene dal buttarli via (perché a certo punto si fa, si deve, insomma, mica si possono tenere, anche quelli che “forse, mah, poi lo riguardo” a un certo punto se ne devono andare, sciò, riciclo), soprattutto perché io li formatto tutti allo stesso modo così da non essere distratta da nulla che non sia il testo (geniale, eh?) e quindi ho la sensazione di buttar via un infinito serpentone di parole, idee, personaggi, storie? Della sensazione di sconfitta, di occasione perduta che accompagna tutto ciò (benché ogni tanto ci sia anche un senso di liberazione, date le ciofeche che arrivano, sebbene le ciofeche non siano le cose peggiori, perché le cose peggiori sono i libri medi, che rischiano di fare il botto proprio perché sono medi e quindi nobilitano la medietà che alberga in tutti noi. D’altra parte, medio è medio, dunque perché mai dovrebbe fare il botto proprio qualcosa senza un minimo di originalità, che rimescola cose già viste-sentite-lette da quel gruppo ostinato di lettori forti, che poi sono sempre loro che comprano i libri, non facciamoci illusioni di “allargare la base”, di questi tempi è già tanto se i lettori forti rimangono tali e non diventano lettori molli [giuro, si dice così])?
No, secondo me non avete idea.
Fortunelli.

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16

07 2009

Perché

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Perché proprio l’altro ieri ho rivisto Citizen Berlusconi, che è del 2003.
Perché magari così poi si alza la voce per altre porcate.
Perché .mau. lo spiega meglio di me.
Perché è vero che gridare sempre “Al lupo! Al lupo!” è controproducente, ma anche non gridarlo mai lo è.
Perché i distinguo, pur sacrosanti, mi hanno un po’ stufato.
Perché oggi mi va di credere nei piccoli passi.
Perché basta.

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14

07 2009

Oggi, ferie

No, non vado in ferie (non ancora).
Ma, su istigazione di Giulia B. (Grazie, Giulia!), ne ho scritto qui, dunque oggi mi prendo un giorno di ferie dal secondo piano.
Nota per i puristi: sì, c’entrano i libri.

P.S. Ho segnato soltanto uno dei mille link che portano a Giulia e ho scelto Me parlare donna un giorno perché è un autentico spasso.

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03

07 2009

Consigli per le vendite

Siete lì, con le dita pronte a tamburellare sulla tastiera, ma non sapete da dove cominciare? Ecco la top 3 dei pretesti temi più trattati nelle proposte di questo periodo, con qualche consiglio per sfruttarli al meglio.

Al terzo posto si piazzano gli animali che intervengono in una drammatica/ disperata / straziante vicenda umana e la risolvono. Siate creativi, però, almeno nella parte animale:  cani, gatti e cavalli ormai strappano subito lo sbadiglio. Meglio un simpaticissimo Loris gracile (Loris tardigradus). Forse la relazione con il bambino malato / il manager disilluso / la donna divorziata non sarà semplicissima da sviluppare, ma non è che  posso fare tutto io, no?

Al secondo posto ci sono le relazioni nonna-nipote. Per gli americani è facile: mettono la nonna a Salem (Oregon) e la nipote ad Augusta (Maine) e fanno percorrere a una i 5.302 chilometri necessari per raggiungere l’altra (l’aereo è escluso, sia chiaro) cosicché, durante il viaggio, abbia modo di fare incontri rivelatori e/o di rivelare la propria vera interiorità. L’italica lunghezza massima di 1.291 chilometri probabilmente offre minori possibilità, tuttavia non dovrebbe essere difficile ingegnarsi. Consigliato un sottotesto di polemica sociale per evitare di essere tacciati di autobiografismo.

Il primo posto è saldamente in mano alla “famiglia apparentemente normale”. E’ ovvio che tutto sta in quell’”apparentemente”, prodromo al più classico “effetto cipolla”: padre avvocato, che in realtà fa il bookmaker nei combattimenti clandestini di galli, che in realtà agisce così a causa di un trauma infantile (causato dal fratello maggiore), che in realtà è dovuto a un contatto fugace con alieni crestati; madre casalinga, che in realtà coltiva il sogno di diventare pilota di go-kart, che in realtà ha una cotta per il fruttivendolo sottocasa, che in realtà è il fantasma del suo primo amore, un esploratore scomparso sull’isola di Amantaní, che in realtà è il luogo d’origine della madre (cioè di sua nonna); figli (almeno due) che studiano al liceo, ma che in realtà…

Ah, a scanso di equivoci: tutte le suddette trame sono state depositate alla SIAE. Quindi non fate i furbi…

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08

06 2009

Dazed and confused

Talvolta vi odio proprio, a voi del marketing. Perché prendete il mio libro e lo possedete, come se avesse bisogno di voi per sentirsi vivo. Lo anoressizzate a slogan o lo obesizzate a cartellone, ne estraete a forza l’essenza (quella che per voi è l’essenza) e la imbottigliate in un contenitore opaco ed elegante, spacciandola per l’essenza della felicità letteraria.
Quando succede, io rimango lì, in silenzio, a guardare voi e quello che era il mio libro. Un po’ intontita e un po’ disorientata.
Poi penso: massì, in realtà, sotto sotto, vi voglio bene, a voi del marketing.
Perché io, il vostro mestiere, non riuscirei davvero a farlo.

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05

06 2009

Come non

Lo so, è in inglese. Lo so, può sembrare semplicistico. Però non scrollate le spalle, perché questo test è molto più vicino alla realtà degli “autori emergenti” di quanto crediate.  E se anche fosse soltanto un’abile mossa per farvi comprare questo libro (che non ho letto, badate), pazienza.
Mi piacerebbe avere il tempo di tradurlo e adattarlo, per farlo diventare una specie di test d’ingresso al desiderio di essere pubblicati. Dopo quelli di grammatica e ortografia, beninteso.

Update:  Grazie a Zia Bisbetica (grazie!) lo trovate qui in italiano.

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04

06 2009

Animale, vegetale, minerale

Catriona e un collega di un’altra CE conversano su Skype

Collega: Hai presente il titolo del libro-che-deve-essere-un-successo? Devo cambiarlo…
Catriona: No!
Collega: Già. Per sei mesi è andato bene, poi ieri si è svegliato il Capo e ha detto che gli animali nel titolo non vendono. Non è che avresti un’idea?
Catriona: Io? Dovrei aiutarti a trovare uno di quei titoli che fanno da soli il successo di un libro… a discapito quindi del successo dei miei libri?
Collega: Ti ricordi quando ti ho ceduto quel traduttore che ti ha tradotto millemila pagine in quindici giorni… Be’, diciamo che adesso io sono don Vito, tu sei Bonasera e il mio libro è quasi Santino.
Catriona: Oh… Va bene. Deve esserci per forza un animale nel titolo?
Collega: A questo punto vanno bene anche i vegetali e i minerali.
Catriona: Non è che mi ricordi benissimo la storia…
Collega: Non importa, dammi qualche titolo a effetto, poi lo aggiusto io.
Catriona: Perché non parti dalle solite cose? Luce, buio, rumore, silenzio…
Collega: Già usati negli ultimi quattro libri.
Catriona: Una bella frase fatta? Oggi a me, domani a te…
Collega: Eh?
Catriona: Non hai torto. Come l’hanno tradotto i francesi?
Collega: Oh, i francesi…
Catriona: Capisco. E i tedeschi?
Collega: Non lo voglio neppure ripetere.
Catriona: E i danesi?
Collega: I danesi?
Catriona: Sono bravissimi a trovare titoli a effetto, i danesi.
Collega: Mah, vado a vedere. Poi ci risentiamo.
[un'ora dopo]
Collega: Ma sai che avevi ragione sui danesi?
Catriona: Hanno trovato un bel titolo?
Collega: Macché. Però, nella stessa pagina c’erano altri libri di quella CE. Ho tradotto tutto in automatico e… ho trovato il titolo perfetto!
Catriona: Quello di un altro libro?
Collega: Sì, ma è perfetto!
Catriona: E sarebbe?
Collega: Figurati se te lo dico. Me lo copieresti subito. Ma grazie, eh? Grazie mille!

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21

05 2009

La folla

Niente induce un autore a sentirsi tale come la folla. Neanche l’editing più cruento, neanche l’intervista più prestigiosa.
C’è quello con l’aria distaccata, ma lestissimo a scarabocchiare la dedica.
C’è quello con l’occhio assassino, che capisce subito se il suo libro ti è davvero piaciuto.
C’è quello modesto, che quasi arrossisce, ma si scioglie non appena ti avvicini.
C’è quello alla mano, che sembra abbia voglia di parlare solo con te e quasi di portarti a cena.
C’è l’irraggiungibile, che tutto dà (sulla carta) e nulla concede (de visu).
Eppure, nella follia cartacea di Torino, tra mille mani che prendono e lasciano, tra mille occhi che setacciano i libri nella speranza di trovare la risposta a ogni interrogativo esistenziale, il culto dell’individuo, della carne e delle ossa, diventa una cosa quasi piacevole. Perché viene celebrato con toni di quieta ammirazione, venata di una leggera perplessità e di un vago senso di comunanza. Come se davvero ci fosse un legame, tra autore e lettore. E questo, per noi che stiamo dietro quella cosa chiamata libro, pesa più di una buona recensione.
Certo, se poi lo comprassi pure, ’sto maledetto libro, invece di farti fare l’autografo sul biglietto della fiera, saremmo ancora più contenti, eh?

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19

05 2009

Balletto

prende-legge-posa
prende-posa-prende-legge-posa
prende-prende-prende (!)
prende-posa-prende-posa-riprende-legge-prende
ignora-torna-prende-posa
prende-legge-prende-posa
prende-legge-prende-legge-prende

Come ogni anno, aiutata da un complice che fingeva di conversare disinvoltamente con me, ho fatto la piccola vedetta libraia, spiando i lettori che circolavano intorno ai miei libri.
Come ogni anno, speravo di capire, di cogliere i significati nascosti di quel balletto, per sbagliare meno, per convincere di più.
Come ogni anno, due sole certezze.
Come fai sbagli.
E, se per caso non sbagli, non saprai mai perché.

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18

05 2009

Invocazione del lunedì

O santo patrono delle CE, chiunque tu sia, come tutti i lunedì sono qui a rivolgerti la mia invocazione.
Ti prego,  questa settimana fammi trovare un libro

Se però ti risultasse impossibile (e comincio a sospettarlo, dati i trascorsi), ti prego almeno di allontanare da me tutti i libri anche solo vagamente simili a

Come ringraziamento, prometto di pubblicare qualsiasi cosa tu voglia, fosse pure un testo patristico in lingua copta.
Mi sembra uno scambio equo, no?

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27

04 2009

Matrimoni e funerali

Una fiera è un po’ come un matrimonio. All’inizio tutti calorosi, abbraccianti, “… ma possibile che ci vediamo solo qui?” Poi seri, compunti, attenti. Infine i gruppi, le chiacchiere, il cibo, persino le sbronze.
Una fiera è un po’ come un  funerale. All’inizio tutti calorosi, abbraccianti, “… ma possibile che ci vediamo solo qui?” Poi seri, compunti, attenti. Infine i gruppi, le chiacchiere, il cibo, persino le sbronze.
Quest’anno – la crisi, ah, la crisi! – si pencolava minacciosamente verso il funerale.
Per fortuna, nel mio mondo, a officiare la cerimonia sono soprattutto le numerose, numerosissime donne.  Che trovano sempre il modo di sdrammatizzare, magari soltanto con un’occhiata perplessa agli stivaletti fluo dell’AA norvegese. O con un abbraccio tanto affettuoso quanto inatteso. O con una scintilla di vera passione per un certo libro.
Alla LBF 2009, insomma, un lieto turbinio di estrogeni ha sventato il pericolo del funerale. E non è poco.

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23

04 2009

Copioni

#queryfail
Vale a dire i soltanto oggi in versione twitter, più o meno.
Qui un articolo del Guardian che spiega cos’è successo.
E sappiate che oggi – 17 aprile 2009 – è il queryfail day 2.
Ciò detto, trotterello felice e spensierata verso la LBF 2009. Ci si sente tra un po’.

P.S. Sappiate che c’è anche #agentfail, mentre #publisherfail non mi sembra che abbia molto successo.

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17

04 2009

Priorità

Riflessioni nate in una domenica passata a scorrere le ultime proposte americane.

  1. Una ragazza brutta è meglio di una bella.
  2. Un sedere è meglio di una testa.
  3. Una cucina è meglio di un bunker.
  4. Un viaggio è meglio di una cucina.
  5. Una morte è meglio di una nascita.
  6. Una seduta psicanalitica è meglio di un delitto.
  7. Un cane è meglio di un paesaggio.
  8. Un gatto è meglio di un cane.
  9. Un bambino (asiatico, africano, eccetera) è meglio di un gatto.
  10. Un ceffone è meglio di un bambino.
  11. Ma non c’è nulla di meglio di Obama.

(ovviamente ispirato a questo)

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30

03 2009

Ingiustizia

E ci sono i sommelier che bevono una stilla di vino e ti sanno persino dire se quel grappolo l’ha vendemmiato Maria o Umberto.
E ci sono le donne che, con un’unica occhiata, ti sanno dire se il vestito che hai addosso ha una punta fucsia di troppo, se le tue scarpe hanno una macchiolina di fango sotto la suola o se l’ombreggiatura dell’occhio sinistro è asimmetrica (quest’ultima è una citazione, ma la capiamo in due).
E ci sono gli uomini che, in un picosecondo, catalogano automobili con una puntigliosità che neanche Mendel.
E poi ci sono io, che boccio senza remissione un testo dopo averne letto due pagine.
Però soltanto a me dicono: “Ma come fai? E’ impossibile!”
E se ne vanno borbottando, nient’affatto persuasi.

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27

03 2009

Eufonisti Anonimi

“Ciao, mi chiamo Catriona e amo le d eufoniche.”
[La sala in coro: "Ciao, Catriona."]
“La mia storia è uguale a quella di molti altri: prima di lavorare in una CE, mettevo d eufoniche dappertutto. Non riuscivo a trattenermi, anzi non ci provavo neppure perché mi sembravano indispensabili. Suonavano pure… eleganti.”
[Mormorii di comprensione.]
“… poi sono entrata in una CE e ho incontrato loro, le regole interne per l’uniformazione dei testi. In base a quelle regole, le d eufoniche erano proibite, a parte negli incontri di vocali uguali. Il primo periodo è stato difficilissimo. Dovevo ripassare ogni pagina per controllare di non averne lasciato neppure una…”
[Dal fondo della sala: "Anch'io! Anch'io!"]
“… ma, alla fine, grazie anche all’esempio di molti altri che si trovavano nella mia stessa situazione, sono riuscita a liberarmi della mia dipendenza. Certo, quando ho scoperto che pure l’Accademia della Crusca sconsigliava l’uso di ‘od’, mi è venuta voglia di ribellarmi e di lasciarlo… Talvolta ho addirittura pensato di aggiungerlo.”
[Mormorii di comprensione.]
“… ma poi sono tornata sui miei passi. Adesso, come tutti voi, mi accontento di usare le d eufoniche nella lingua parlata e ho un pieno controllo su di loro quando scrivo o rivedo.”
[Applausi calorosi.]
“Grazie, grazie. Vi ricordo che la prossima riunione degli Eufonisti Anonimi si terrà la prossima settimana. Sono però aperte le iscrizioni per i gruppi di ‘Refusisti Ossessivi Anonimi’.”

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26

03 2009

Ci sono

Ci sono delle volte in cui leggi qualcosa e vedi i personaggi che parlano e ne senti persino l’intonazione e ne immagini addirittura i vestiti, anche se l’autore non ha esplicitato nulla.
Ci sono delle volte che ti arrabbi, perché la storia all’improvviso si mette a scalciare e corre, corre verso un finale amaramente sbagliato. E magari la corsa è cominciata a pagina venti (su trecento).
Ci sono delle volte che ti piange il cuore, ma proprio non puoi. Perché quel libro ha bisogno di altre mani per arrivare dove deve arrivare, e tu non le hai davvero, quelle mani. Ma speri che qualcuno le abbia e le usi.
Ci sono delle volte che ti piange il cuore, ma proprio devi. Per mille ragioni, non necessariamente meschine. Però non ne fai una malattia, perché comunque la selezione naturale vale pure per i libri. Ovvio che è lenta, ma c’è.
Ci sono delle volte in cui noi delle CE siamo molto, molto emotivi. Per nostra fortuna.
Vostra non so.

P.S. In tema di emotività, Violetta mi ha chiesto di fare un cameo sul suo bellissimo Past Attractions. Sfrontata come sempre, ho accettato. E indovinate un po’ su quale film mi sono sdilinquita…

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24

03 2009

Tanto poi

Secondo me la conoscete, perché non importa in quale campo lavoriate, prima o poi capita a tutti. Io la chiamerei “la maledizione del tanto poi”. Colpisce quando più persone fanno (o controllano) la stessa cosa in momenti diversi. Il pensiero non si forma neppure, eppure è lì, viscido e tranquillizzante insieme: “Tanto poi c’è lui che controlla…”; “Tanto poi passo il lavoro a lei e se c’è qualcosa di sbagliato se ne accorgerà…”; “Tanto poi ci sono loro, che sono bravissimi a notare gli errori…”
Come si manifesta?
Quando, da da tre uffici diversi, poco prima frizzanti di gioia perché era finalmente arrivato il libro frutto del loro lavoro, pronto per essere donato al mondo, si alza all’unisono un vibrante “Ma porc…”
E poi cade il silenzio.

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20

03 2009

Maiuscole

Ma perché, sulle buste dei manoscritti, gli indirizzi (mittente/destinatario) sono sempre a caratteri CUBITALI?
Ma perché le buste dei manoscritti, anche di una silloge di dieci poesie, sono sempre ENORMI, neanche dovessero contenere i tredici volumi delle Confessioni di Sant’Agostino?
Ma perché sono sempre più frequenti quelli che scrivono il loro ENORME indirizzo soltanto SOPRA la busta e DENTRO non mettono neppure un vecchio scontrino con dietro scarabocchiato il loro recapito?
Ma perché c’è gente che si ostina a rimandare il proprio testo per posta dopo che l’ha mandato DUE volte per email e ha già ricevuto DUE rifiuti? E perché quella stessa gente SEGNALA di essere stata rifiutata DUE volte e aggiunge “Vorrei darvi la possibilità di RILEGGERE il mio romanzo?”
Mi sa che non lo scoprirò neanche su Rieducational Channel.

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12

03 2009

Almanacco della crisi perpetua

Gennaio. Freddo. La gente se ne sta rintanata in casa, quindi non va in libreria.
Febbraio. Carnevale. La gente esce a divertirsi e ovviamente sta lontana dalla libreria.
Marzo. Primavera. La gente va in gita, quindi non può andare in libreria.
Aprile. Pasqua. La gente compra uova e colombe, ergo non va in libreria.
Maggio. Festa della Mamma. La gente compra cioccolatini e rose, che notoriamente non si trovano in libreria.
Giugno. Finiscono le scuole. I ragazzi e i genitori non sono più costretti ad andare in libreria.
Luglio-Agosto. Vacanze. Le librerie sono chiuse e quelle nei luoghi di villeggiatura hanno soprattutto palette o picozze, dunque pochissimi libri. Perché mai la gente dovrebbe andarci?
Settembre. Ripresa delle attività. La gente ha speso tutto in vacanza, e pensa a tutto tranne che ad andare in libreria.
Ottobre. Autunno. La gente ha solo voglia di tornarsene a casa a bere vino novello e a mangiar caldarroste, perciò snobba la libreria.
Novembre. Giorno dei morti. La gente è già depressa, dovrebbe anche andare in libreria?
Dicembre. Natale. La gente compra regali e, siccome i libri possono essere considerati tali, forse va in libreria. Ma soltanto il 24 sera.

Voi non ci crederete, ma io queste scuse le ho sentite tutte.

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10

03 2009

Discrezione

Caro autore neo-pubblicato con discreto successo,
sono molto contenta per te, per il tuo discreto successo e anche per la CE. Ma è arrivato il momento della verità. Perché sei esposto a un grave rischio. E non per il discreto successo di cui stai godendo.
Ma perché ormai il mondo – almeno un’abbondante parte del tuo mondo – ti vede come il faro di Créac’h. Come un mastodontico, argenteo gratta-e-vinci. Come una mappa del tesoro grande come l’Arazzo dell’Apocalisse.
Per quel mondo, Facebook è un mezzuccio da dilettanti. Il compagno di terza elementare (no, non della tua classe, ma della sezione sfigata) avrà il tuo numero di telefono. Il salumiere si offrirà di consegnarti a casa gratis la spesa per un anno. Andrai a prendere tuo figlio all’asilo e lo troverai assediato da genitori e baby-sitter che strillano “Ma il tuo papà non viene proprio mai a prenderti?”
Vogliono tutti complimentarsi, certo.
Ma soprattutto – attento! – vogliono un’altra cosa: mollarti il loro manoscritto.
E tu, autore neo-pubblicato e che stai godendo di un discreto successo, ti senti in dovere di attirare a te ogni barchetta, di essere grattato e vinto, di dare ulteriori indizi verso il tesoro.
Insomma di diventare un talent scout.
Ti prego: non farlo. Racconta in termini fantomatici e terrorizzanti della CE, descrivila come un luogo desolato in cui si aggirano persone scostanti, con cui hai scambiato sì e no qualche monosillabo. Sostieni di aver fatto tutto per telefono, pigiando il tasto cancelletto alla fine di ogni tua frase. Afferma di aver mandato tutto per email, ottenendo in risposta solo una conferma di lettura.
Perché, quando boccerò il manoscritto del compagno di scuola, del salumiere o della baby-sitter, io sarò, relativamente anonima, al sicuro.
Tu no.

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09

03 2009

Convergenze parallele

“L’hai letto?”
“Sì, ma che fatica.”
“Già. Non ha convinto neanche me. A partire dal viaggio…”
“Sì, il viaggio è la parte peggiore.”
“Il fatto che lei balbetti, però, è fastidioso solo all’inizio.”
“In effetti poi ci si abitua.”
“Ma rimangono un sacco di cose poco chiare.”
“Un sacco. Il comportamento schizofrenico della madre…”
“Oh, la madre! Per non parlare della servetta.”
“Insopportabile. E pure i dati storici mi sembrano incerti. A proposito, mi ha stupito che nel Rinascimento già si parlasse di…”
“E che c’entra il Rinascimento?”
“Be’, dato che il romanzo è ambientato nel…”
“Ma no, è ambientato durante la Rivoluzione Francese!”
[pausa]
“Tu stai parlando del romanzo di Smitty Smittson, vero?”
“No, di quello di Clovis Clovend.”
“Ah.”
“Ah.”
[pausa]
“Vuoi un caffè?”
“Meglio un cappuccino. Prendilo tu, un caffè. Magari così evitiamo di confonderli…”

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03

03 2009

La parte più difficile

“Ho pubblicato un libro”, affermano. Ma allora “perché il mio libro non è nelle librerie, nei supermercati?” Mi aspettavo che succedesse. Che i vari siti “fai da te” – e uno in particolare – dessero origine a simili proteste. Non voglio pensare che non fosse chiaro fin dall’inizio. Forse semplicemente non hanno capito. E adesso alcuni si rivolgono alle CE come se fossero lo sbocco naturale del loro percorso, come se disporre di quel fascicolo rilegato fosse la parte più difficile, ormai superata.
Ovviamente spiego che quella non è affatto la parte più difficile. Parlo di scelte editoriali, di distribuzione. Ma è sempre triste vedere fino a che punto ci si può illudere. E quanto sia facile illudere.

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02

03 2009

A viribus impressis

Non c’è. Il che è piuttosto strano, bisogna ammetterlo, però capita. Eppure per lei è stato un autentico shock. Era entrata con piglio marziale, puntando dritta alla cassiera; intorno potevano esserci dei saponi o dei biscotti, e lei non se ne sarebbe accorta. Poi il dramma: il libro in cima alla classifiche, quello di cui tutti parlano, quello che bisogna avere, è esaurito. Domani arriva, sì, sì, ma adesso, stasera… La botta è stata tale che lei non ha neppure protestato. E ha cominciato ad aggirarsi tra i banchi, troppo sconvolta (o imbarazzata o timida o chissà cosa) per chiedere aiuto.
E allora, mentre la guardavo di sottecchi, mi è venuto in mente Newton: «Corpus omne perseverare in statu suo quiescendi vel movendi uniformiter in directum, nisi quatenus a viribus impressis cogitur statum illum mutare.»*
E ho sperato che valesse anche per le persone e per i libri.

* No, non la so a memoria.

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26

02 2009

Tirarsela

L’ho cercato per mesi.
E l’avevo anche trovato. A 375 dollari.
[Va bene la passione, però ci sono dei limiti.]
Poi, d’improvviso, eccolo.
Intatto, completo, a un prezzo accettabile.
Ordine inoltrato.
Pacco arrivato.
Pacco aperto.
E’ lui!
Testa che gira.
Ma non per l’emozione.
Per la puzza.

Insomma ho trovato e comprato e ricevuto un libro che inseguivo da tempo. E adesso non mi ci posso neanche avvicinare, pena l’asfissia. E io che ci avevo pure scherzato su…
In rete, si consigliano aceto, candele, lettiere per gatti, lampade Berger, deodoranti dry, borotalco… Insomma, soluzioni che puzzano (ehm) quasi più di stregoneria che di scienza.
Intanto però lui, solo e negletto, giace sul balcone di casa mia. Almeno finché i vicini non cominceranno a protestare.

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24

02 2009

Indicativo futuro

Sarò più tollerante con chi lascia un refuso abnorme dopo la terza lettura di un testo di venti righe.
Sarò più clemente con chi mi spedisce un manoscritto di genere “misto giallo-thrilling-misteri-suspence”.
Sarò più buona con l’autore che mi manda la versione “DEFINITIVA” del suo libro due giorni dopo avermi mandato quella “definitiva”.
Sarò più paziente con l’autore che mi vorrebbe al lavoro sul suo testo benché sappia che sto così male da non riuscire neppure a usare correttamente il congiuntivo.
Sarò più mite con il traduttore che mi consegna il lavoro in ritardo di un mese senza avvertirmi e dopo essersi reso irreperibile nel suddetto mese.
Ma ai buoni propositi di inizio anno non ci crede nessuno.
Quindi temo (?) che sarò la solita.

stormynight

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05

01 2009

Ritenta

Già è difficile dire quello che si fa. Figuriamoci poi, nel mio mestiere, trovarsi a dire quello che non si fa.
Almeno, però, chiedimi direttamente cosa faccio, ammetti che non lo sai, invece di annaspare.
No, non scrivo libri (ti ho detto che sono un autore?)
No, non li impagino (ti ho detto che sono un impaginatore?)
No, non correggo le bozze con la matita rossa e blu (per quanto…)
No, non disegno le copertine (per quanto…)
No, non stampo libri (ti ho detto che sono uno stampatore?)
No, non li vendo (ti ho detto che sono un libraio?)
Pausa.
L’interlocutore è comunque troppo educato per andare al di là di uno sgranamento di occhi in cui passa in sovrimpressione la domanda: “Ma allora che diamine fai?”
Così lo anticipo. “Accompagno il libro da quando viene ideato fino al suo arrivo in libreria.”
“Sei una specie di baby-sitter, allora. Oppure…” Si illumina, ridacchia, ride. “O, se l’autore è un cane, di dog-sitter!”
Non credo che sarà l’inizio di una bella amicizia.

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15

12 2008

Bilancio

Guardando le classifiche dei titoli più venduti di fine anno, viene fuori che il (piccolo) popolo dei lettori desidera sapere tutto di vampiri glabri, di sfigati solitari e di criminali incalliti, ma anche di potenziali suicidi, di topi sedentari e di draghi blu. Idolatra la televisione e gli oroscopi, eppure è religiosissimo. Vuole togliersi il vizio del fumo mangiando a quattro palmenti. Ama ridere, ma diventa serissimo se si parla di calcio, di magia o di bagna caôda.
E adesso ditemi voi se il mio è un lavoro che può essere fatto da persone normali.

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12

12 2008

The best time of the year

Email n. 1 [autore straniero, mai incontrato]

Cara Catriona,
la mia CE mi ha passato il tuo indirizzo email […] Sono felicissimo che pubblicherete il mio libro e sono convinto che sarà un successo […] Volevo dirti che sarò in Italia dal 23 al 27 dicembre e mi farebbe molto piacere incontrarti e magari parlare con qualche giornalista per promuovere il mio libro anche se so che uscirà a maggio 2009 […]

Email n. 2 [autore italiano, ben conosciuto]

Sono stufo e vado via per un po’ e non sarò raggiungibile per un bel pezzo, almeno fino a fine gennaio credo. Lo so che abbiamo quel progetto, ma tu fanne pure quello che vuoi. Ci darò un’occhiata quando torno. Ma non stancarti, capito?

E poi dicono che non c’è più fiducia nel mondo…

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08

12 2008