Posts Tagged ‘editoria’

Ce l’hai 5900 euro?

Non ho trovato traccia della notizia in quel megarchivio iperspecializzato che è il sito del Vaticano (anzi il motore di ricerca, con le voci “templar” “templars” “templarios” non dà risultati), ma, a dar retta a questa notizia, il Vaticano metterà in circolazione, dopo 699 anni, un documento che prova come papa Clemente V non fosse d’accordo sull’accusa di eresia mossa ai cavalieri templari.

Il documento – di 300 pagine – avrà una tiratura limitata di 799 copie e sarà messo in vendita per la modica cifra di 5900 euro.

Ora: Dan Brown quei soldi li ha di sicuro. E già la cosa mi preoccupa (come niente, ci ritroveremo a leggere un Il codice da Vinci II: la vendetta in cui si scopre che Robert Langdon è parente stretto di san Giuseppe ed è destinato a rivalutarne l’immagine “appannata” da quella approfittatrice della Maddalena). Ma soprattutto m’immagino tutti quegli scrittori meno fortunati (anche economicamente) che si coalizzano per comprare il documento e poi se lo spartiscono, scrivendo ognuno su una parte ben precisa (“Tu puoi attingere soltanto da pagina 1 a pagina 34; tu vai da pagina 35 a pagina 77…”) e producendo una serie di romanzi… “zoppi”.

E sì che l’uragano Ho-scritto-un-libro-come-il-codice-ma-moooolto-più-bello stava quasi per trasformarsi in una pioggerella…

28

10 2007

Ogni scarrafone…

«Scusate, signori tecnici, ma questo libro è sbagliato.»
«Come sarebbe a dire “sbagliato”?»
«È più basso di come dovrebbe essere.»
«Lo avrete fatto in dimensione più piccola.»
«No, è la solita.»
«Mancano delle pagine?»
«No, è la carta a essere più sottile di quella prevista.»
«Impossibile.»
«Direi di no. Doveva essere così [pollice e indice che si separano di parecchio] e invece è così [pollice e indice che quasi si sfiorano]
«Aspetta che chiamiamo.» [Telefonata di venti minuti. Controllo di astruse formule matematiche, valutazioni su grammature di pergamene e verifiche di svariati sistemi di messaggistica tra cui un piccione viaggiatore.] «Per loro va bene. Lo hanno fatto come gli abbiamo detto noi.»
«Ma noi gli avevamo detto un’altra cosa.»
«A loro non risulta.»
«Cioè, fatemi capire: voi avete comunicato la cosa giusta, loro l’hanno messa in pratica e alla fine è venuta fuori la cosa sbagliata?»
«È stato il programma.»
«E chi sarebbe? Il nuovo assunto? Quello piccolo, biondo…»
«Ma no, il programma con cui comunichiamo con loro. Si è mangiato una riga e quindi loro non l’hanno vista. Per loro è giusto così. E allora, lo ristampate?»
«A nostre spese?»
«Be’, sì, loro hanno fatto quello che gli abbiamo detto noi…»
«Non se ne parla.»
«Allora lo tenete così.»
«Per forza.»
«Ah, bene.»
Bene non direi. Piuttosto mettiamola così: caro libro, sei più piccolo di come speravo, ma ti voglio bene lo stesso…

26

10 2007

Chi ha tempo (lo controlli meglio)

Si sa, gli scrittori sono artisti e spesso vivono in un mondo tutto loro. Ma, quando scendono nel nostro mondo, si può sapere che razza di percezione temporale hanno?

«Pioveva quando Billy parcheggiò l’auto davanti al vecchio palazzo. Marguerite scese e si riparò sotto il portone. Dopo cinque minuti, Billy la raggiunse.»
[Cinque minuti? Per chiudere la macchina e fare… quanti? Sette, otto passi? Figlio mio, fatti controllare le giunture o cambia scarpe.]

«Si fissarono per un minuto. Poi Marguerite scoppiò a piangere.»
[Provateci. Provate a fissare qualcuno per un minuto intero e a essere fissati di rimando. Anzitutto è un tempo eterno. E poi, dopo trenta secondi – massimo – scoppia la ridarella.]

Capitolo I

«Era ormai il tramonto e Marguerite si avviò alla fiera campestre…»
[seguono sedici pagine sulle vicende di Marguerite alla fiera]

Capitolo II

«Il sole rosseggiante stava lanciando i suoi ultimi bagliori, quando Marguerite scese dall’ultima giostra…»
[altre dieci pagine su altre vicende di Marguerite alla fiera]

Capitolo III

«La luce stava sbiadendo e nuvole rosa animavano il cielo. Marguerite le fissò, rapita…»

[Insomma: Marguerite sta alla fiera per tre ore abbondanti, si diverte un sacco, ma il povero tramonto deve rimanere sempre lì, fisso e impavido. Non c'è giustizia su questa Terra (né sul Sole, a quanto pare).]

Piccola consolazione: almeno l’autore non ha scritto «Marguerite le fissò per un minuto…»

25

10 2007

I no che aiutano a crescere

No, non posso pubblicare l’idea del tuo manoscritto
No, non posso leggere subito il tuo manoscritto
No, non posso leggere domani il tuo manoscritto
No, non posso pubblicare il tuo manoscritto perché l’hai scritto tu
No, non posso pubblicare il tuo manoscritto perché tu dici che è bello
No, non posso pubblicare il tuo manoscritto perché la tua mamma ha detto che è bello
No, non posso pubblicare il tuo manoscritto perché i tuoi amici hanno detto che è bello
No, non posso pubblicare un manoscritto sui mille modi per fare il khir alla bengalese
No, non posso pubblicare un racconto di quattro cartelle
No, non posso pubblicare le tredici poesie che hai dedicato al tuo cane
No, non posso leggere i ventisette manoscritti che hai nel cassetto
No, non posso correggere le bozze del tuo manoscritto
No, non posso leggere il tuo manoscritto in finlandese
No, non posso far tradurre e poi leggere il tuo manoscritto in finlandese
No, non posso sapere perché il suo libro è stato pubblicato e il tuo no

Scusate lo sfogo.

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24

10 2007

No, non l’ho letto

Però mi diverte moltissimo l’accesa discussione ironica e falso (vero?) intellettuale che ha attraversato alcuni luoghi della blogopalla italiana. Davanti a recensioni come questa (incipit: «Virginia Woolf si è reincarnata…») un venticello di perplessità mi sfiora. Poi m’imbatto in un post piuttosto acidello, ma con parole pesate, e in un altro surreal-divertente e tiro un respiro di sollievo: la blogopalla non è ancora asservita ai blogoguru, per fortuna. E la mancanza di asservimento fa sempre piacere. D’altra parte, la valanga di post, commenti, video eccetera mi sembra non abbia inciso affatto sull’andamento (commerciale) del libro. Il che significa che la blogopalla deve ancora assorbirne, di gente, prima di pesare davvero sulle «scelte culturali degli italiani».

P.S. Come avete notato, del libro in oggetto ho accuratamente evitato di nominare autore e titolo…

22

10 2007

Piccolo delirio

Perché i casi sono due, non si scappa: o è tuo o è di qualcun altro.
Se è tuo, quando lo vedi lì, in mezzo agli altri, diventi subito una mamma al primo giorno di asilo: il tuo sembra migliore, sì, sì, anzi spicca decisamente in mezzo agli altri, trasuda intelligenza e charme… come non ammirarlo? E, anche se ti atteggi a distaccata, poi finisce che l’occhio ti cade sempre lì.
Se è di qualcun altro, e lo vedi lì, magari vicino al tuo, invece scatta subito l’occhiata-Sherlock Holmes; cerchi i difetti, le smagliature anche minime, oppure i segni della banalità, se non della bruttezza più palese.
Il libro, dico.
Insomma: com’è possibile non accorgersi che i miei sono i più belli, in tutti i sensi?

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20

10 2007

18.50

Erano le 18.50 (di venerdì!) e pensavo di averla scampata.

Solo due libri (neanche tanto interessanti) per il fine settimana. Quelli da assaggiare per poi dire: “No, grazie.”

Poi sono arrivate le 18.50.

E, con loro, 515 pagine di un romanzaccio (Come fai a saperlo se non l’hai ancora letto? Lo so, lo so) che mi rovineranno il fine settimana, che non comprerò e che diventerà un successo (Ma se lo sai perché non lo compri? Perché se lo faccio io non sarà un successo. E come lo sai? Lo so, lo so.)

Dovrò mangiarlo, digerirlo e poi spingere via il piatto con disgusto. E parlare anche con il cuoco (l’AA, fuor di metafora) spiegandogli con la massima cortesia perché non è adatto a me (Colta la sottile differenza tra “Non mi piace” e “Non è adatto a me”?)

Date le similitudini che mi vengono, sarà bene che, in questo fine settimana, io non metta piede in un ristorante.

AGGIORNAMENTO: Alle 19.37, i libri sono diventati due…

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19

10 2007

To Be Translated or Not to Be

Giacché mi par di capire che qui al secondo piano si aggirano alcuni traduttori, volevo segnalare loro questa cosa molto interessante:

International PEN and the Institut Ramon Llull of Barcelona present To Be Translated or Not to Be, a report on the state of international literary translation. Edited by Esther Allen, the report features contributions by Gabriela Adamo, Carme Arenas, Chen Maipng, Bas Pauw, Anne-Sophie Simenel, Simona Skrabec, and Riky Stock, as well as a foreword by Paul Auster.

Il pdf (warning: 67 pagine) lo trovate qui.  E, comunque, se proprio lo volete sapere, io di Paul Auster leggerei anche i quaderni delle aste di prima elementare.

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18

10 2007

Déjà-vu

Ce l’hai davanti da un pezzo. Un po’ indifferente un po’ attirante. L’hai guardato di sguincio e hai avuto una vaga sensazione di déjà-vu. Quindi l’hai messo da parte per qualche giorno e ti sei dedicata ad altri. Ma lui non si muoveva. Allora, con un sospiro, l’hai preso e te lo sei portato a casa. Soltanto per ignorarlo due sere di fila e dimenticartene completamente nel weekend. Lunedì arriva e lui torna in ufficio con te. I trasferimenti lo hanno reso un po’ stanco, segnato. Con un altro sospiro, lo guardi con più cura. La sensazione di déjà-vu assume dimensioni che neanche in Matrix. Lo scruti lentamente, vai avanti e indietro.

E poi capisci.

Lo hai già letto. Almeno due anni fa. Il titolo era diverso e probabilmente l’autore ha deciso di usare uno pseudonimo. Ma la sostanza non cambia. E’ lui. E’ identicamente lui.

E allora, con un ultimo sospiro, lo getti nello scatolone del riciclo-carta.

(Abbiamo trasmesso: Vita di una forzata dei manoscritti. Repliche quotidiane in CE.)

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18

10 2007

Una bella mattinata

Arrivi, accendi il computer, ti ci siedi davanti e pensi: «Forse oggi riesco a dare a un’occhiata a Un tram sull’aia, che m’intriga ma non mi convince fino in…»

Drin.

[Un quarto d’ora di conversazione telefonica per discutere le pretese assurde di un AA.]

Dove ho messo Un tram sull’aia? Ne avevo stampate giusto una cinquantina di pagine…

Drin.

[Crisi tecnica. Discussione sulla resa finale di una copertina. È chiara. Sì, ma se la scuriamo non si legge più qui. Però, a guardarla bene, forse è già troppo scura. No, lasciamola così. No, facciamo cambiare il blu, scurendolo leggermente. E il rosso… ci vorrebbe un rosso un po’ più rosso… Va bene, la rifacciamo.]

Bene. Adesso mi dedico al tram…

Plin plon.

[Un’e-mail che, se fosse più urgente, sarebbe un’auto di Formula 1 incrociata con un’ambulanza . L’AA non può assolutamente accettare le nostre condizioni. Segue consiglio di guerra prolungato in cui si decide che l’AA deve accettare le nostre condizioni. E si decide anche la vittima sacrificale che dovrà dirglielo.]

Allora: «Era una notte buia e tempestosa ed ero salito su un tram…»

Drin.

[L’autore in crisi. Segue lunga conversazione di de-crisizzazione, qualche risata, una lacrimuccia, due pettegolezzi. Crisi sventata.]

«… tempestosa ed ero salito su un tram che aveva una fermata sull’aia di…»

Plin plon.

[L’AA ci ringrazia per aver accettato le sue condizioni. Segue consiglio di pace e colletta per assicurare all’AA l’assistenza psichiatrica di cui ha evidentemente un estremo bisogno. Poi, all’unanimità, si decide che, con i soldi raccolti, si va tutti a prendere un caffè.]

«… che aveva una fermata sull’aia di mio zio Filippo, detto il tramviere.» Be’, la coerenza c’è, mi dico.

Plin plon.

[È arrivato un testo che è più urgente di un telegramma portato da un pony express. Tutto si ferma. No, non tutto: si alza una sinfonia di stampanti che, all’unisono, stampano il testo suddetto.]

Prendo le cinquanta pagine di Un tram sull’aia e le metto da parte.

Triiiin Triiiin.

[No, quest’ultimo suono me lo sono inventato, ma, se fossimo a scuola, sarebbe la campanella dell’ultima ora. Fine della mattinata.]

P.S. Nel pomeriggio è arrivata la copertina rifatta. Identica alla prima versione. Vabbè, visto si stampi.

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17

10 2007

Sorprese

Hai letto il suo libro. E ti è piaciuto. E ti sei immaginata quell’uomo dallo stile così denso e preciso, dai dialoghi così puntuti, dal piglio così autoriale. Un Rutger Hauer (giovane) con la voce di Dustin Hoffman (giovane). Con qualche zettatonnellata di carisma.
E ti ritrovi davanti un uomo-quasi-ragazzino, con gli occhi buoni e perennemente sgranati. Gentilissimo, come se avesse paura di dare – anche impercettibilmente – fastidio. La voce è bassa, sì, ma fino al sussurro. Gli fai un complimento e lui abbassa lo sguardo. Ti parla della casa, della moglie, del figlio nato da poco. Si accende un po’ quando, su tua diretta (e quasi maleducata) sollecitazione, descrive i suoi progetti, ma è un lampo fuggevolissimo.
Eppure non sei delusa, anzi. È bello quando si riesce a mettere tutto in un libro, quando l’intensità del testo assorbe e fa riverberare quella dell’individuo.

P.S. Comunque, se conoscete qualche autore fornito di zettatonnellate di carisma, presentatemelo. Ci conto, eh?

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16

10 2007

Chissà perché

Marie Rouge è un’autrice esordiente. Ha dunque scritto un unico libro e non è stato un bestseller mondiale, ma soltanto locale. Ma la CE italiana vuole invitarla nel nostro Paese per farla parlare con vari giornalisti, mandarla in TV eccetera.

Ufficio stampa CE: «Siccome Marie Rouge si fermerà quattro giorni, abbiamo deciso di farla partecipare anche alla trasmissione Finestra a Finestra. È una delle trasmissioni più importanti della..»

Assistente di Marie Rouge: «Quattro giorni?»

CE: «Così c’è scritto sul programma che ti ho mandato.» [E che abbiamo concordato dopo quindici e-mail e trentasette telefonate]

A: «Attualmente Marie è a Sumatra.»

CE: «Ma non era a Helsinki? Vabbè, non importa, le cambiamo aereo. Dunque… Sumatra-Roma con scalo a…»

A: «Ma prima deve fermarsi a Capetown da un’amica.»

CE: «Ah. Allora: Sumatra-Capetown-Roma… con sei scali dovremmo farcela.»

A: «Ma poi deve ripartire subito per andare a trovare sua cognata a Vladivostok.»

CE: «Subito quando?»

A: «Dopo quarantotto ore.»

CE: «Venti interviste e un passaggio televisivo in quarantotto ore mi sembrano un po’ difficili da organizzare.»

A: «Perché non le mettete a disposizione un jet privato?»

Silenzio.

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10 2007

Tuttostanco…

Be’, se non c’hai il fisico, non provarci neppure… :-)

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10 2007

Ci mettiamo insieme?

Il posto più strano della F è l’AC (Agents Center). Immaginatevi un piano intero di un ipermercato e raddoppiatelo. Poi riempitelo di file e file di scrivanie, identificate da lettere dell’alfabeto e da un numero. A ogni scrivania, tre sedie: una da una parte e due dall’altra. Seduto nella sedia singola, un AA. Seduto/i davanti uno o più esponenti di una CE. E, mentre intorno si agita un formicaio di gente e una babele di lingue, lì, alla scrivania tutto sembra concentratissimo. Perché magari si stanno concludendo affari davvero importanti. O, più probabilmente, perché è l’unico momento dell’anno in cui le persone di una CE e gli AA hanno modo di guardarsi negli occhi e di capire veramente cosa vogliono l’uno dall’altra (e viceversa). È un balletto di sguardi e di mezze parole, di sonde lanciate in un abisso di proposte, di diffidenza e di fiducia insieme. Sembra un po’ un luogo per fare speed dating: mezz’ora (o meno) per capire se si è in sintonia, se il prossimo «hot book»  che quell’AA avrà in mano finirà subito (magari in anteprima) nella tua e-mail oppure no. Ma è soprattutto il luogo in cui la consapevolezza di far parte del mondo-libro raggiunge il culmine: nei padiglioni della F puoi essere un individuo qualsiasi, un visitatore distratto. Nell’AC, invece, non ci sono dubbi: fai parte integrante del sistema, ne sei un elemento determinante. Il messaggio che si legge negli sguardi e nelle parole è: «Facciamo cultura, mica pomodori in scatola!» E questo, talvolta, mi sembra un po’ eccessivo…
Per contro, nell’AA ho avuto uno degli incontri più divertenti in assoluto perché mi sono trovata coinvolta in una conversazione in cui si alternavano italiano, francese, inglese e tedesco. Un’insalata esilarante, che rende tutto meno faticoso e più umano.

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14

10 2007

Numericamente parlando…

180: i chilometri all’ora del taxi tedesco (con guidatore turco d’ordinanza) macinati dall’aereoporto all’albergo. Mi dicono che sulle autostrade tedesche non c’è limite di velocità (mi dicono…)

45: numero attuale di scarpa in relazione ai miei piedi (nota bene: di solito è 36)

15 (circa): chilometri scarpinati dalla sottoscritta (ho fatto qualche conticino)

2: Messebusse (non è un nome fantastico?) presi per andare da un padiglione all’altro

20 (circa): persone simpatiche incontrate (sì, mi è andata bene)

3: persone odiose incontrate (tra cui l’odiosissimo AA americano che ti trafigge con la pupilla fissa e cerulea)

3: appuntamenti con ritardo (ottima media)

1: appuntamento con buca (me l’hanno data, intendo…)

200.000 (contati): libri visti

2: libri visti e interessanti

12: controlli sulle mie borse all’entrata del padiglione americano (sissignore, se hai una bomba, puoi entrare ovunque, ma tra gli americani no, no, no)

200.000 (euro): sborsati (non da me) per uno dei due libri pre-F di cui mi ero innamorata

3,70 (euro): costo della cosa più buona della F: il Birchermüesli!

33 euro: costo dell’entrata alla F (sì, avete letto bene… E sì che il sabato deborda di famigliole con grappoli di piccini al seguito)

20 (circa): chilogrammi di carta portati in Italia (cataloghi, libri, eccetera)

140: i chilometri all’ora del taxi tedesco (sempre con guidatore turco d’ordinanza) macinati dall’albergo all’aeroporto. Ma sarà proprio vero che sulle autostrade tedesche non c’è limite di velocità?

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13

10 2007

Minuetto

Si lamentano, alcuni traduttori, che spesso consegnano un libro ed esso non vede la luce se non dopo molto tempo. Proclamano, gli stessi traduttori, che il revisore/la revisora ha sicuramente avuto più tempo di loro, per rileggere il libro. Ma i suddetti traduttori non sono ahimè presenti a dialoghi siffatti, che consiglio di leggere con un minuetto di sottofondo, così da accentuarne il carattere leggiadro.

A: «Dunque, a maggio c’è Prelevami la milza di John Smith…»
B: «A maggio?»
A: «Be’, dovrebbe essere il momento giusto. È un bel giallo per l’estate.»
B: «Ma a maggio non siamo ancora in estate.»
A: «Certo, però, prima lo lanciamo, prima si mette in evidenza.»
B: «Perché non a luglio?»
A: «A luglio c’è già Cavalli imbizzarriti di James Brown, un altro bel giallo.»
B: «Cavalli imbizzarriti? Ma non è quel libro che abbiamo pagato un sacco di soldi?»
A: «Sì…»
B: «E allora bisogna pubblicarlo prima.»
A: «Veramente mi è arrivato il libro soltanto due giorni fa.»
B: «E allora? Due mesi di tempo per tradurlo…»
A: «Veramente sono 866 pagine. Già così è una corsa…»
B: «Lo dai a due traduttori.»
A: «Veramente ho già fatto fatica a trovarne uno…»
B: «No, Cavalli imbizzarriti è un ottimo libro per maggio.»
A: «Ma così c’è meno di un mese per tradurlo!»
B: «Vabbè, dallo a tre traduttori.»

Passa qualche tempo.

A: «Questa è la copertina per Cavalli imbizzarriti. Bella, eh?»
B: «Ah, no, XYZ ha appena pubblicato Cavalli domati ed è stato un disastro.»
A: «Sì, ma quella è una storia d’amore, mentre il nostro libro è un giallo.»
B: [silenzio seccato]
A: «Perché non gli cambiamo titolo? Via i cavalli e…»
B: «Non è questo il punto. Evidentemente i cavalli non vendono. Spostiamolo all’inizio del prossimo anno e poi si vedrà.»
A: [sottovoce] «Va bene, tanto sono riuscita a farlo tradurre… spezzandolo in sei parti.»

Passa altro tempo.

B: «ZYX ha pubblicato Prima ti sello e poi ti rovino! È stato un trionfo! Hanno venduto alla grande persino l’edizione in lingua originale!»
A: «Noi abbiamo sempre Cavalli imbizzarriti…»
B: «Perfetto! Possiamo uscire tra quindici giorni! E’ già tradotto, no?»
A: «Ma si era detto di pubblicarlo il prossimo anno e nessuno ha rivisto il testo. E alla traduzione hanno lavorato sei persone diverse.»
B: «Non importa. Dobbiamo uscire! Dobbiamo uscire! Dobbiamo uscire! Sarà il libro di Natale!»
A: «Veramente siamo a ottobre…»
A: «Certo, però, prima lo lanciamo, prima si mette in evidenza. Te lo dico sempre, no?»

Capito, liseuse? ;-)

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09

10 2007

Checklist

Allora:
· n. 3 tailleur d’ordinanza (punto focale d’interesse soprattutto per le americane e le inglesi)
· n. X camicette (altra zona d’interesse per le suddette)
· n. 1 tailleur di riserva (non si sa mai… un sauerkraut sulla giacca è più pericoloso di Mastella)
· n. 1 camicetta di riserva (vedasi sopra)
· n. 2 vestiti serali (Ah, i party! Ah, i flussi umani nei corridoi degli alberghi “in”! Ah, gli strilletti: “Ma ci vediamo soltanto qui… Eppure abitiamo e lavoriamo nella stessa città!”… Magari quest’anno li sfango)
· n. 1 (paio) scarpe comode che più comode non si può (trotta, trotta…)
· n. 1 (paio) scarpe e-le-gan-tis-si-me (e letali come il sauerkraut)
· n. 1 borsa di tela mimetizzante (con scritta in portoghese… così quelli delle altre CE italiane, se mi passano vicino, riveleranno i loro segreti, convinti di essere accanto a una sfigata portoghese) in cui infilare cataloghi, elenchi, manoscritti
· n. 1 borsa porta-tutto-il-resto (dagli analgesici ai cerotti al borsellino al cellulare alle penne ai biglietti da visita…)

Sì, sono pronta. Sono pronta. Sono pronta. Sono pronta…

Un momento…

Oh, no.

Sta arrivando la F e non ho niente da leggere

09

10 2007

E li chiamano traduttori… (II)

A grande richiesta, continua la saga. La prima puntata la trovate qui.

La vista di John si annerì ai lati.

Un senso familiare di crescente disperazione prese a farsi strada all’interno del suo essere.

Ma quando il nuovo collaboratore del presidente iniziò a ritardare di una settimana, e gli articoli si erano attenuati, l’allarme crebbe.

John trovò che il respiro gli era stato semplicemente rubato dalla vista del suo amore.

John arretrò dalla stanza.

Le lacrime cominciarono a scorrerle nuovamente negli occhi

Allora John sparò, colpendo il pavimento di legno proprio in mezzo ai suoi piedi e schegge di legno si staccarono dal pavimento, proprio in mezzo ai suoi tacchi.

Lei si mise a singhiozzare dietro le labbra.

«Credo che voglia passare a te il manto della sua responsabilità», disse John.

08

10 2007

Tendenze letterarie (USA)

Fresca di lettura del Little Black Book  posso rivelarvi in anteprima le tendenze letterarie americane per il 2008.

•    Il numero di libri su come essere felici supera nettamente quello dei libri su come combattere la depressione (distinguo sottile ma necessario).
•    Il numero di gialli incentrati su bambini rapiti/maltrattati/uccisi è in netto aumento.
•    Delle prossime elezioni presidenziali alle CE americane frega poco o niente. Clinton, invece, continua ad andare alla grande.
•    Per scrivere un memoir, basta aver pianto anche soltanto una volta nella vita.
•    Le biografie di figli/amici/domestici /dogwalker di personaggi famosi (in USA) si sprecano.
•    La cucina e le ricette stanno diventando il nuovo modo di leggere la realtà.
•    Ormai non basta più soltanto dimagrire: un libro deve insegnarti a dimagrire, a essere serena, a risolvere i problemi di coppia / dei figli / degli amici e a rafforzarti spiritualmente. Come? Basta affidarsi a Dio.
•    Idealistic è l’aggettivo più usato per descrivere i protagonisti dei romanzi (o dei libri-verità).
•    I nazisti (fiction/non fiction) sono sempre una sicurezza di vendita.
•    I giapponesi, i coreani e gli olandesi comprano qualsiasi cosa.

Se state scrivendo un libro e volete proporlo in America, adesso avete tutte le dritte necessarie.

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08

10 2007

This is (almost) the end

Il pre-F è ormai finito. Ormai arrivano libri stanchi già prima di partire e anche le presentazioni altisonanti suonano un po’ forzate. Rimane da spulciare quello che gli americani – con il loro tipico understatement – chiamano il Little Black Book: almeno 250 pagine (fronte/retro) delle proposte delle CE e degli AA americani. Per fortuna, anche qui c’è il riassunto: poche paginette con i libri più hot, quelli da non perdere. Peccato che, in questo riassunto, ci siano parecchi titoli senza la minima descrizione e con indicazioni del tipo: “uscita prevista: autunno 2009”. Chissà in che fase sono e come sono stati venduti. D’altronde, soprattutto in America, non è affatto raro che i libri siano venduti in base a un’idea illustrata in poche paginette. Una pratica forse adatta per i saggi, ma piuttosto azzardata per i romanzi.
Per me, il pre-F ha segnato l’inizio di due amori che però non potrò consumare, perché i libri in questione non sono adatti alla mia CE. Del primo avevo accennato qui. Del secondo, posso soltanto dire che è la cosa più folle, tragica e divertente che mi sia capitato di leggere ultimamente e che non viene dall’America. Vabbè, un’altra CE italiana li comprerà di certo. Se, tra qualche mese, vedete in libreria un romanzo davvero molto bizzarro e non lo comprate, non dite che non vi avevo avvertito.

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07

10 2007

Un caffè al buio

Potete vederla qui (c’è anche un video). Si chiama Espresso Book Machine. Realizza una copia finita di Canto di Natale di Charles Dickens in cinque minuti. Gerald Beasley, della Columbia University, l’ha paragonata ai copisti medievali: «E’ un copista-robot… C’è qualcosa di magico nell’affidargli la realizzazione di una copia del proprio libro.»
Per carità, per me può stampare qualsiasi cosa, fuori diritti e in diritti. E forse, in futuro, libererà gli esordienti dalla smania di avere il proprio testo «pubblicato» (una smania che spesso li fa cadere nelle braccia di quegli strozzini degli editori a pagamento). Però non va dimenticato che uno sguardo esterno deve esserci, su qualsiasi libro che viene offerto al pubblico. Lo sguardo di chi sceglie di pubblicare quel libro, di un editor che lo vuole migliorare, di un correttore di bozze che trova il refuso bastardo. Qualche giorno fa, parlando con un autore straniero, ci siamo trovati d’accordo sul fatto che, se i nostri mondi non s’incontrano, entrambi camminiamo nel buio: lui isolato a scrivere, noi isolati a pubblicare. Soltanto parlando e confrontandoci (su qualsiasi scala, dalla singola parola di un testo al lancio planetario di un libro) si riesce a dare il meglio al lettore, che poi è l’unica cosa che conta. No, non è retorica: sarebbe ora di smetterla con l’idea che l’editore sia un losco figuro che succhia soldi da due parti (autore e lettore) o che vuole fregare entrambi. O con l’idea che l’editore sia unicamente interessato alla cultura e non capisca nulla (non voglia capire nulla) di mercato. Idee che, va detto, di solito escono da chi non è riuscito a pubblicare nulla o ha pubblicato vendendo una miseria.

Uh, che discorso serio e lungo. Lo riprenderò. Adesso vado a rituffarmi nella pre-F.

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05

10 2007

Dentro di noi

Una bellissima collezione di antichi atlanti anatomici. Segnalo in particolare questa tavola e questo atlante. Prima o poi vi ritroverete qualcosa su una copertina, poco ma sicuro.

05

10 2007

Lo voglio!

Oggi è arrivata la notizia. Il libro più conteso della F. Le CE si faranno a brandelli per averlo. Le cifre arriveranno ai sei zeri.

E voi saprete tutto in anteprima.

Pronti?

Cita: la mia storia.

Cos’é?

E’ l’autobiografia di Cita.

Sì, avete capito bene. L’autobiografia della scimmietta amica di Tarzan. Ormai in pensione, rievoca con nostalgia e con brio (testuale dalla presentazione)  l’età felice in cui scorrazzava per la giungla con l’uomo che molto prima di Roberto Cavalli aveva già capito tutto di come bisogna vestirsi.

A seguire: Furia (ovvero: come sono diventato il cavallo del west)?

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04

10 2007

Il mio destino

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Oggi ne ho proprio abbastanza di libri brutti. No, non brutti, inutili. Lo capisci in fretta, praticamente dalle prime pagine: osservi la lei o il lui di turno che arranchiano (cit.) lungo percorsi prevedibilissimi o improbabilissimi. Sai già quello che diranno nella pagina successiva (e questo è il caso migliore); se non lo sai, puoi essere sicuro che diranno comunque una cosa banale. La cosa ancora più brutta è che ho letto un libro davvero interessante, con una trama semplice ma non sciocca, con qualche giusto brivido, con qualche piccolo, gentil pensiero e con qualche meditata azione. Epperò è sbaliato (ibid.) Nella mia CE non c’è posto per lui, starebbe veramente storto. E’ come aver conosciuto qualcuno per qualche ora, aver capito che poteva essere l’inizio di una bella amicizia (sì, sì, lo so: cit.) e poi doversi dire addio. Spiace, insomma.

Ah, un’immagine come quella sopra potete realizzarla qui. Ci si consola con poco…

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03

10 2007

Dialogo pre-F

Quello che segue è un tipico dialogo tra colleghi del Secondo Piano che si stanno preparando per la F.

«Hai letto quello sull’ussaro infelice?»
«No, non mi è arrivato.»
«Be’, io ci ho passato tutta la serata e non mi è piaciuto neanche un po’. Poi stamattina ho scoperto che qualcuno l’ha comprato per 50.000 euro.»
«Perché, il romanzo tutto archeo-azione che rivela chi è il vero fondatore del cristianesimo?»
«A me non è arrivato. Chi sarebbe?»
«E che ne so? Ne ho letto trenta pagine e poi l’ho mollato: dopo dialoghi incredibilmente ridicoli, descrizioni poetiche del Chiantishire, stupori sulle stellate notti italiane e ironie sulla difficoltà dei carabinieri di parlare inglese, ho lasciato perdere. Diventerà il nuovo Codice, me lo sento.»
«Pensa, io ho letto la stessa cosa. Ma era ambientata nel Dordogna-shire.»
«Con i carabinieri?»
«No, però il concetto era lo stesso. E lì erano i poliziotti francesi che non parlavano inglese. Bisognava trovare l’assassino di un formaggiaio.»
«Be’, anche una trama di Camilleri potrebbe essere ridotta a…»
«Pagine e pagine su come si fanno i formaggi. Altre pagine sull’erba che le mucche devono mangiare per fare un certo latte e quindi un certo formaggio.»
«Detto così…»
«Poi ne ho letto un altro ambientato a Bruxelles negli anni ‘20…» [Segue descrizione complicatissima e priva di qualsiasi interesse]
«Non è che mi entusiasmi…»
«Inoltre non succede nulla se non nelle ultime 50 pagine.»
«Su?»
«Su 200.»
«Insomma…»
«Già…»
«Mi hanno parlato molto bene di un romanzo polacco che racconta la storia di un contadino ribelle nel XVI secolo.»
«In polacco?»
«Eh, sì.»
«Ma dove lo trovi uno che ti legge il polacco?»
«Ci sono 50 pagine tradotte in francese.»
«Su?»
«Su 970.»
«Mi sa che passo.»
«Anch’io.»

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02

10 2007

Bella! No, brutta! No…

Sono rare, ma capitano. Parlo delle cortesie inattese, spontanee, non richieste. Così, quando una CES [vedi qui] ti scrive che ha molto apprezzato la (tua) edizione italiana di un suo libro, senti di aver fatto un buon servizio a te stesso, all’autore e anche ai lettori. Anche perché gli ultimi due spesso non sanno che hai fortissimamente voluto quella copertina e quel titolo e li hai difesi contro le onnipresenti perplessità. Nulla, infatti, è più discutibile (o discusso) di una copertina. Ci sono quelli che «il grigio non mi piace», quelli che «non mi dice niente» e persino quelli che «scusa, ma è proprio brutta…» Per non parlare dei titoli. Rido moltissimo quando leggo certi post in cui i lettori si lamentano perché il titolo originale è stato reso in maniera diversa, cioè non tradotto letteralmente. Credono forse che non ci piacerebbe «portare di peso» un titolo da una lingua all’altra? Non sarebbe più semplice e diretto? E invece talvolta (spesso) non funziona proprio. Perché ogni lingua ha il suo suono e i suoi significati. Un esempio al volo: se andate su Amazon.com, scoprirete che uno dei libri più venduti in America s’intitola The quickie. È un thriller, beninteso. Allora, come lo intitolereste? La sveltina? E dove lo metterebbe il libraio un volume con un titolo così?

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01

10 2007

I read banned books!

29

09 2007

Letture sabbatiche

Per lunedì dovrei leggere:

1) un romanzo tutto-azione su un bastardissimo imperatore romano

2) un giallo su una donna (affascinante ma sola) che si ficca in un casino indicibile e ne esce grazie a un uomo (affascinante ma solo)

3) un noir europeo scritto da un americano che passa tutte le sue estati in Bretagna

4) un noir americano scritto da un europeo che passa tutte le sue estati a New Orleans.

C’è da sorprendersi se invece ho dormito tutto il pomeriggio?

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29

09 2007

Impazzimenti vari

La pre-F impazza e tutti siamo travolti da manoscritti sempre «sensazionali» e «di alto valore commerciale» ma «raffinati» (testuali parole delle CES [Case Editrici Straniere] o degli Agenti [d’ora in poi AA, sì, come Alcolisti Anonimi]… c’ho i miei motivi). È un momento triste e allegro: triste perché ti consumi gli occhi (e consumi le notti)  su libri spesso poco interessanti; allegro perché hai la sensazione che tutto il mondo stia riscoprendo la bellezza della scrittura, che abbia tante cose da raccontare e la voglia irrefrenabile di farlo. E così mastichi storie diversissime, conosci personaggi probabili e (molto) improbabili e assisti a «numerosi colpi di scena» (nelle presentazioni delle CES e degli AA c’è sempre, prima o poi, un «colpo di scena», anche se stai leggendo una storia strappalacrime il cui finale è chiarissimo o se sai fin dalla prima riga chi è l’assassino). La cosa più divertente rimane l’assoluta impervietà degli scrittori stranieri ai nomi italiani o alle frasi della nostra lingua, anche le più semplici. Evidentemente ignari dell’esistenza di Google (o dell’intera popolazione italiana), tali autori continuano a pensare che John Mazuchi sia un cognome italiano, che ci si rivolga a qualcuno dicendo: «Scusa, signore Giovani…» o che per andare da Venezia a Milano ci voglia un giorno intero (incluso un improbabile tratto su una nave da crociera). Per non parlare dei delinquenti (rigorosamente in gessato) che s’infiltrano sempre e comunque in Vaticano…

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28

09 2007

Sotto la scrivania

Se ti senti offeso, cosa fai? Ribatti con pacatezza? Articoli il tuo pensiero? Dimostri che l’altro ha torto?

No.

Scrivi un libro.

Anzi due.

Se mi cercate, sono sotto la scrivania. A nascondermi.

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27

09 2007

Fai da te? No, per favore

Avete scritto il romanzo/saggio che cambierà il mondo? Bene. Benissimo. Ma allora per favore, per favore, mandate un semplice manoscritto (o qualsiasi cosa vi chieda di mandare la CE cui vi siete rivolti: un riassunto, qualche capitolo, eccetera). Nulla è più triste che vedersi arrivare un libro già fatto (dalla copisteria sotto casa), con una tristissima copertina autoprodotta, di solito sui toni pastello e anche più spesso realizzata con i pastelli da un amico, che si è offerto di aiutarvi e al quale non avete potuto dire di no, benché non vi piaccia affatto il suo stile. Non dimenticate mai che state mandando la vostra opera a chi i libri (bene o male) li fa ogni giorno… a dei professionisti, insomma, se non è osare troppo. Quindi via la rilegatura rigidissima che impedisce di leggere la fine della riga nelle pagine pari e l’inizio della riga nelle pagine dispari; via la copertina «sfumo tutto perché così è più suggestivo» (ci provò già David Hamilton, oggi giustamente dimenticato); via la deprimente scritta «casa editrice» al posto del nome vero della CE; via la finta quarta di copertina, malamente reboante e goffamente clonata dalle quarte di copertina delle CE. Insomma: se pensate che il vostro manoscritto (o quel che sia) non parli da solo, allora forse è il caso di concentrarsi sul manoscritto…

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26

09 2007

Freschi di (non) stampa

(sottotitolo: Arrivati stamattina)

La Busta Numero Uno contiene: Una lettera che inizia in modo pomposo, con una frase del tipo: «Stimatissimo dir.re (sic!) mi pregio inviarLe con questa mia il manoscritto…», prosegue con fare professional-disinvolto: «È un romanzo che ho in gestazione da molti anni e ho amorevolmente curato, verificando ogni dettaglio…» e si conclude con due perentorie asserzioni: «Non mi dite che per questo romanzo non avete posto nella Vs. produzione perché lo troverei molto irritante! E non vorrei aspettare troppo una Vs. risposta!»
La Busta Numero Due contiene: Una decina di fogli pinzati più uno sciolto. Su quello sciolto, senza titolo, c’è una trama complicatissima (anzi quasi illeggibile), la descrizione dell’intento «filosofico» dell’opera, il potenziale pubblico di riferimento (il mondo intero, esclusa forse l’isola di Buru) e la spiegazione del contenuto dei fogli pinzati: «È un estratto composto da due pagine del capitolo 7, tre pagine del capitolo 42 e cinque pagine del capitolo 77». In basso, scritto in penna verde pallido pallido nome e indirizzo dell’autore.
Ho fatto bene a non assegnare ancora il titolo di Lettera dell’Anno 2007.

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26

09 2007

I sintomi

Se il protagonista del manoscritto che stai leggendo:

a) ha un passato/presente di donnaiolo;

b) ha un viso segnato, ma ancora affascinante;

c) ha una donna/moglie/fidanzata inquietantemente brava a letto (e bellissima), ma lui qualche volta l’ha tradita perché… capita;

d) fa un lavoro barbosissimo;

e) racconta la vicenda in prima persona (pensieri compresi);

f) è incredibilmente tollerante con se stesso;

g) confonde Scarlett O’Hara con Ornella Vanoni (la prima non ha detto: «Domani è un altro giorno, si vedrà…», bensì «Dopotutto, domani è un altro giorno!»);

h) filosofeggia sul significato della vita anche mentre si allaccia le scarpe;

i) ti ripete che si trova in mezzo a una vicenda appassionante, ma tu proprio non capisci a cosa ti dovresti appassionare;

… non sconcertarti!
Sei alle prese con un normalissimo caso di ombelichitudine, una malattia diffusissima che colpisce gli individui convinti che basti applicare un po’ di fantasia alla propria esistenza per ottenere un romanzo.
A quanto ne so, tuttavia, non è ancora stata trovata una cura.

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25

09 2007

Dove siete?

Leggo blog di ogni tipo. E molti, moltissimi, sono interessanti, vivaci, ben scritti. E allora perché i manoscritti che mi arrivano sono tutti noiosi, piatti e scritti davvero male? Perché chi scrive un blog è contento di essere «pubblico» così e non ha bisogno di una piletta in libreria e di un malloppo di carta da regalare ad amici e a parenti? Perché l’immaginazione sprinta sulle (poche) righe di un blog, ma ha il fiato corto quando si tratta di correre la maratona del romanzo? Perché il blog è diretto, mentre la narrativa è indiretta? Perché ci vuole disciplina a «tenere» cento o più pagine, mentre si può (si deve?) essere allegramente indisciplinati quando si scrive un blog? Perché l’idea dell’«autore pubblicato» porta con sé una spocchia irrefrenabile? Dove siete, autori in pectore? Una cosa so: non siete mai passati neppure vicino alla mia cassetta delle lettere…

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25

09 2007

Tempo

Nessuno, oggi, ha tempo. Per nulla. Lo so, il tono sembrerebbe quello nostalgico di quando i libri si componevano in piombo e le correzioni si facevano sulla carta, in matita e in penna («Non tener conto delle correzioni a matita» si scriveva sulle bozze). Invece no. Certo, non posso aver memoria di un periodo così lontano come quello del piombo, ma dell’epoca pre-Internet sì. Ed era l’epoca delle ricerche faticose («Ho a casa un libro in cui forse si parla di quella regola monastica…» «Prendi la Garzantina storica, lì ci dovrebbe essere.» «Ci vorrebbe la Treccani aggiornata…»), degli amici chiamati con domande improbabili, dell’approssimazione forzata, della «formazione scolastica che conta». Non si può rimpiangere un’epoca simile. Però con l’accelerazione tutto è dato per scontato, quindi niente è scontato. Proprio perché si può trovare tutto, nessuno cerca più nulla. L’approssimazione forzata («No, il nome della merlettaia di Carlo V non l’ho trovato da nessuna parte…») diventa approssimazione e basta. Diventa approssimazione accettata. Qualche giorno fa, un recensore strabiliava davanti al fatto che, in un romanzo americano, si parlasse di automobili in giro per Venezia. Anch’io strabilio, però meno di quanto mi sarei strabiliata in passato. Il libro è una macchina e i meccanici (a cominciare dal capo, l’autore) presumono che vada per la sua strada. Pazienza se si rompe, ce n’è un’altra pronta. D’altronde, il libro di maggior successo dei giorni nostri è stato oggetto di approfondite indagini (una la trovate qui) e trovato colpevole su molti fronti. Ha forse rallentato le vendite? Niente affatto. Anzi. E allora? Forse aveva ragione Oscar Wilde: «I can believe anything provided it is incredible».

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24

09 2007

Post pignoletto (ma anche buono)

Come sempre alla ricerca di collaboratori (bravi, neh?) mi sono smazzata un bel po’ di CV. Ebbene, per il dio di tutte le bozze da correggere, possibile che non ce ne sia uno che non abbia un refuso o uno svirgolone? E tutto ciò in CV di persone che vogliono fare delle parole la loro fonte di reddito e soddisfazione…
Ma oggi sono magnanima, dunque ecco i miei consigli agli estensori di CV.
1 ) Tenete ben nascoste le vostre ambizioni letterarie (se ne avete). Mettere in un CV: «Ho pubblicato la raccolta di poesie Incenso agli asini presso la CE Cisonoriuscito» oppure «Tra l’altro, cerco un editore per il mio libro Ho sbagliato a tagliarmi le unghie» vi qualifica subito come rompiscatole, cioè come persona che non vuole lavorare, ma che pensa a un futuro di ricchezza e fama stephenkinghiana. Vero? Falso? Non importa: fidatevi.
2 ) Rileggete il CV alla ricerca di refusi e assicuratevi che sia uniforme. Non scrivete tre volte Inglese e una volta inglese (scrivetelo soltanto minuscolo, tra parentesi, noi italiani non usiamo le maiuscole come i Figli di Albione). E tra il soggetto e il verbo non ci va la virgola (errore diffusissimo che balza agli occhi di qualsiasi persona che abbia masticato un po’ di vita in CE).
3 ) Spiegate con semplicità e realismo cosa volete fare. Scrivere che vorreste «dirigere una collana» o occuparvi «della selezione dei libri» fa finire il vostro CV dritto nel cestino. Si comincia sempre dal basso. Vi confido un segreto: per farvi conoscere in CE il modo migliore è cominciare come lettori. Il lettore legge il libro (di solito in lingua) che gli viene affidato, ne fa un riassunto (il più chiaro possibile; chi lo legge deve capire di cosa tratta il libro in questione) e offre il suo commento, cioè cerca di valutare le potenzialità del libro. Tre requisiti fondamentali: conoscere le lingue, conoscere l’italiano e aver letto molto (anche di un solo genere). Lavoro infame e mal pagato, eppure, se fatto bene, è un biglietto da visita impagabile. (E, qualora ve lo stiate chiedendo, sì, bisogna leggere in fretta e fare una scheda anche per il libro più orrendo che vi sia mai capitato di leggere).
4 ) [Corollario al precedente] Spiegate cosa volete fare. Sapeste quanti CV arrivano così, senza uno straccio di presentazione. E tu ti chiedi: vorrà fare il redattore, entrare nell’ufficio stampa o diventare magazziniere? Mah!
5 ) Non scrivete mai «Rossi Mario», ma «Mario Rossi». Il vostro CV non è un modulo per la richiesta di un finanziamento.
6 ) Siate semplici. «Mi pregio inviarVi…» «Mi rivolgo alla pregiata CE che lei dirige…» sono formule arcaiche e non se le fila più nessuno.
7 ) Date la precedenza alle vostre esperienze. «Mi chiamo Mario Rossi e sono simpatico e frizzante…» E che è, stai cercando una fidanzata?
8 ) Se vi piace la narrativa, non mandate il CV a una CE che pubblica solo saggistica. È tempo sprecato.

Altri consigli in un prossimo post.

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21

09 2007

Desideri proibiti

sliderule.jpg Darei un anno di stipendio per poter essere l’editor di quest’uomo. Anche due anni se ciò significasse trasferirmi in Canada. Tre per la sua collezione d’arte. E così via…

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21

09 2007

La Fiera – II

Ve lo avevo promesso ed ecco qua: fenomenologia dell’appuntamento alla F

1) L’appuntamento normale. Frequenza: rarissima. Saluti, ti siedi, porgi il biglietto da visita, cominci a parlare dei libri e l’altro/l’altra ti dà il suo biglietto, risponde, tira fuori cataloghi, propone. Ringrazi, ti alzi, saluti e te ne vai.

2) L’appuntamento jogging. Frequenza: normale. Arrivi dopo aver smarrito gli stivali delle sette leghe e quindi aver corso che neanche Dustin Hoffman nel Maratoneta. Sudata marcia, con un principio d’infreddatura (bella forza: fuori -10 °C; dentro + 27 °C) con la tua camicetta bianca elegante ridotta a un’unica riga nera, piombi nello stand, preparandoti scuse in ventiquattro lingue. Ma la persona con cui hai appuntamento non c’è. Visto che tardavi (ti dice un’altra con aria seccata) è andata a prendersi un caffè. A questo punto aspetti e:

a) la persona in questione non arriva. E tu ti fai un’idea (in ventiquattro lingue) di cosa voglia dire davvero «prendersi un caffè»

b) la persona in questione arriva e ti racconta tutto il suo catalogo con la velocità del sopracitato Dustin

c) la persona in questione arriva e, con calma olimpica, ti racconta tutto il suo catalogo… segnando con l’infamia del ritardo il tuo arrivo all’appuntamento successivo.

3) L’appuntamento muto. Frequenza: sporadica. Saluti, ti siedi e l’altro/l’altra è così stanco/a (o così maleducato/a) da metterti semplicemente davanti il catalogo dei suoi libri e tacere. Così, nel silenzio assordante della F, mentre il resto del mondo discute o si sbaciucchia o ride, tu e il catalogo (dimensioni pari a quelle di It di Stephen King) rimanete soli. Puntualmente, poi, se ti cade l’occhio su qualcosa e provi a chiedere informazioni, l’altro/l’altra ti gela con un: «In Italia l’ho già venduto». Unico vantaggio: riesci a chiudere l’appuntamento in tempi brevi.

4) L’appuntamento affettuoso. Frequenza: non abbastanza. Vi siete mandati e-mail per tutto l’anno. Sapete addirittura qualcosa delle rispettive famiglie (immediate). Hai anche comprato da lei/lui un libro che è andato bene. Arrivi, ti siedi con un sospiro e lei/lui ti fa eco, come a dire: «Oh, un appuntamento normale». Poi ci si guarda negli occhi e, nello stesso istante, ci si rende conto che non si ha nulla da dire. Proprio perché ci si è parlati per tutto l’anno. Sai benissimo quello che ha, magari hai pure già letto qualcosa. E allora si spettegola per qualche minuto e, in modo meccanico, si parla di qualche libro. Bacio/bacio e via.

5) L’appuntamento di gruppo. Frequenza: in crescita. Il tempo è poco, i libri troppi. E allora due, tre quattro persone di varie CE vanno allo stesso appuntamento contemporaneamente. Oddio, l’intenzione è di arrivare contemporaneamente, la realtà è un’altra. Se arrivi per prima, ti tocca chiacchierare per ingannare l’attesa; se arrivi per ultima, oltre alle occhiatacce, vieni sistematicamente ignorata nella conversazione. Quando poi, anche dall’altra parte, ci sono più persone si arriva a:

6) L’appuntamento-orgia. Frequenza: in rapida crescita. Tutti parlano insieme, i libri si sovrappongono, le descrizioni si atrofizzano. E tu, che ti occupi di saggi, ti ritrovi col manoscritto di Jolanda, la regina del talamo, romanzo rosa-rosso-piratesco.

7) L’appuntamento al buio. Frequenza: te la sei voluta. Ti ha mandato un’e-mail calorosa ma un po’ criptica e tu ci sei cascata, sebbene tu non conosca né lui né la CE. E ti ritrovi in una zona della F molto silenziosa e deserta. Troppo silenziosa e deserta. Lo stand è di quelli minimal, un metro per uno e mezzo. In esposizione, molte copie di un unico libro. Ad attenderti c’è di solito un personaggio untuoso e dallo sguardo un po’ strabico che cerca di convincerti che quel libro è il libro che la tua CE aspetta da sempre. E non importa se tu pubblichi saggi e quello è un fantasy su un castoro destinato a diventare imperatore di Castoria. E tu ti chiedi:

a) Se mi strangola, se accorgerà qualcuno?

b) Quanto sarà lunga la mezz’ora di questo appuntamento?

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20

09 2007

Ci penseremo…

«Cara casa editrice XYZ,

Nello scorso mese di giugno ho acquistato un Vs. Libro dal titolo Pippo va in campagna di Ciccio Cappuccio al prezzo di Euro 17,50. Quando ho iniziato a leggerlo, mi sono accorto che molte pagine erano state stampate male, incollate fra loro o vuote.

Mi chiedo se, viste le condizioni di stampa, tale libro non doveva essere messo in vendita ad un prezzo minore.

Cordiali saluti.»

L’errore si ammette in (quasi) tutte le professioni. Nei libri no. Se un libro è stampato male, se gli mancano delle pagine o chessò è l’editore ad averlo voluto così. E questa è una lettera molto beneducata (e infatti abbiamo subito sostituito il Libro), ma ci sono quelle violente («Non comprerò mai più una Vs. pubblicazione! C’è un refuso a pagina 52 del libro Pippo va in campagna! Come osate vendere una mostruosità del genere?»), quelle dubbiose («Nel libro Pippo va in campagna le pagine saltano da 116 a 132. E’ giusto o le avete numerate male? Comunque state più attenti!») e quelle recise («Il libro Pippo va in campagna è pieno di refusi!» E, alla richiesta di segnalarli per correggerli in un’eventuale nuova edizione: «A pagina 52 c’è scritto ‘capo stazione’. Non sapete che si scrive ‘capostazione’?»).

Newsflash: il libro perfetto non esiste. I refusi sfuggono anche alla quarta rilettura (e c’è sempre la Legge di Murphy: «L’autore (o l’editore) aprirà il libro nell’unica pagina in cui c’è un refuso»). Non ne ho mai fatto un dramma, perché si tratta di cosa fisiologica (in copertina, però, nossignore, mi fa imbufalire). Poi ci sono gli errori fattuali (il giorno pieno che diventa notte fonda nel giro di qualche minuto o viceversa), anche se si fa di tutto per evitarli. Innumerevoli sono i libri salvati sull’orlo dell’orrore, con un Dante che nasceva nel XVI secolo, con personaggi che avevano gli occhi «nerissimi» fino a pagina 302 e poi «di un verde cristallino» fino a pagina 604 (per tornare neri in seguito), con tram che apparivano (seppur sotto forma di metafora) in pieno Medioevo eccetera. Eh, signora mia, non ci sono più gli editor di una volta.

Però l’idea di diminuire il prezzo a un libro stampato male sconfina nel genio.

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20

09 2007

Book’s anatomy

Per tutti quelli che chiedono: «Ma cosa c’è in questo libro?»

Da oggi in poi, so come rispondere.

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19

09 2007

La Fiera – I

Sì, un’altra maiuscola. Tra poco ci sarà la Fiera (d’ora in poi F), l’appuntamento cui non si può mancare. Anzi gli appuntamenti cui non si può mancare. Infatti, benché la F sia in ottobre, a giugno devi avere già tutti gli appuntamenti, perché poi è tardi, perché tutti devono vedere tutti, perché «quell’agente lo vedo solo lì e poi non gli parlo più per tutto l’anno». Così succede che la massa di e-mail di conferma, smentita, riconferma e rismentita e ri-riconferma lievita poderosamente: se quelle missive fossero cartacee, le foreste della Svezia (quelle che sono aumentate del 60 per cento) sarebbero ridotte ormai a una cosa tipo ZEN. Il tenore, poi, è in calando: si comincia con testi lunghissimi, ornati di frasi affettuose e/o scherzose («Dimmi che ti posso incontrare all’ora X… senza di te andare alla F non avrebbe senso…») e si finisce con un secco «OK 10th 1:30pm» senza firma.

Gli appuntamenti durano mezz’ora. E in questo tempo deve starci: 1) Il raggiungimento del luogo dell’appuntamento; 2) L’appuntamento; 3) L’arrivo al luogo dell’appuntamento successivo. Ora, la F è organizzatissima, con tanto di mini-bus, ma vi assicuro che ci vorrebbero le ragnatele dell’Uomo Ragno per passare da un capannone all’altro ed essere in orario. Così buona parte della F è popolata da individui sfreccianti e carichi di fogli (nonché di agende) che s’incrociano e, se incontrano una faccia conosciuta, non trovano di meglio che dichiarare: «Sto andando a un appuntamento [con XYZ, ma quest’ultima parte viene vocalizzata soltanto se XYZ è una CE importante o un personaggio di rilievo]…», quasi che l’altro si fosse creato la fallace impressione che quella corsa fosse dovuta a un bisogno impellente.

Per gli appuntamenti veri e propri, vi rimando a un prossimo post.

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19

09 2007

E li chiamano traduttori

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Le rughe della sua fronte si contrassero di rabbia.

Aveva un giubbotto gremito di oggetti.

Finalmente entrò nella stanza e rimase a bocca aperta per la visione davanti a sé.

Nella faccia gli balenavano un’accozzaglia di emozioni.

John allargò il cono di luce per approfondire la sua opinione.

John raggiunse Paul, seguendo le sue dita, naso a naso.

Mentre dormiva, aveva visto passare una tigre indocinese in via di estinzione.

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06

09 2007

Ma davvero?

«Avrei da proporre un saggio sulle lingue primitive: notratico e boreano. siete interessati? l’introduzione e di Pizzighettone dell’Università di Lilliput. Sarebbe il primo libro sull’argomento in italia.»

P.S. Per pietà verso il mittente, i nomi sono stati cambiati. Il resto è testuale.

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06

09 2007